Il mare calmo e la stagione estiva segnano l’inizio di nuovi sbarchi di migranti sull’isola di Lampedusa e sulle coste di Sicilia e Calabria. Si rinnova così l’esodo di uomini, donne e bambini piccoli e addirittura di neonati che vengono al mondo come profughi. Giudicati dalle nostre leggi democratiche come clandestini. Si rinnovano le tragedie dell’immigrazione. Rimbalzano sui telegiornali – ma per poco, troppo poco tempo – immagini di disperati che attendono soccorsi stando aggrappati alle reti dei tonni. Si contano i morti. Queste vittime non avranno però funerali di Stato. Saranno pianti da qualcuno, attesi non si sa da chi. Tutto sembra sospeso in una perenne ripetizione. E assuefazione.
Qualcosa tuttavia si è modificato. Forse non l’approccio generale al fenomeno (giudicato come un’emergenza da fermare con le buone o con le cattive) ma la consapevolezza di non poter andare avanti così. Occorre una sterzata in nome certo della dignità umana e dei diritti inalienabili di ogni persona, ma pure in nome di una dignità civile, politica, istituzionale.
A Lampedusa non c’è più la vicesindaco Angela Maraventano (che si definiva come la leghista più a sud d’Italia, senatrice nella precedente legislatura) a gridare ai quattro venti la presunta invasione dell’isola, invocando soluzioni definitive e drastiche che si sono poi rivelate puri proclami, a volte a sfondo razzista. Oggi invece abbraccia le vittime la sindaco Giusi Nicolini, manifestando sommessamente la realtà di un flusso tragico e continuo che trova le sue radici negli squilibri internazionali, nelle dittature, nelle guerre, nella povertà di mezzi e di futuro. Quella di Nicolini non è la sterile denuncia di un’anima bella, perché invece in questi primi anni di mandato la sindaco ambientalista ha costruito una rete di contatti volta ad affrontare in modo nuovo la situazione: recupero turistico ed ecologico dell’isola; scommessa sull’associazionismo e sul volontariato a Lampedusa; solidarietà a livello nazionale; nuova relazione con chi sbarca. Ben sapendo che il problema è europeo e globale.
Il clima generale verso l’immigrazione sta cambiando...
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