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lunedì 17 novembre 2025

IX GIORNATA MONDIALE DEI POVERI GIUBILEO DEI POVERI - 16/11/2025 SANTA MESSA L’appello di Leone: «Ascoltare il grido dei più poveri» (Commento/sintesi, foto, testo e video)

IX GIORNATA MONDIALE DEI POVERI
GIUBILEO DEI POVERI
SANTA MESSA

Basilica di San Pietro
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, 16 novembre 2025

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L’appello di Leone: «Ascoltare il grido dei più poveri»

Nella basilica di San Pietro la Messa nella IX Giornata mondiale dei poveri. Dal Papa l’invito a formare la «cultura dell’attenzione» per spezzare l’isolamento.
Al termine il pranzo in Aula Paolo VI a 1.300 persone fragili

(foto: diocesi di Roma/Gennari)

Il grazie a chi quotidianamente si impegna per alleviare le sofferenze degli indigenti preceduto dal monito ai leader mondiali a farsi carico delle situazioni di ingiustizia e di disuguaglianza che affliggono il mondo. Su tutto la rassicurazione che, anche nei momenti più dolorosi della storia, il Signore non lascia solo nessuno, egli «ama di amore eterno». Nella IX Giornata mondiale dei poveri, celebrata domenica 16 novembre, Papa Leone XIV ha rilanciato dalla basilica di San Pietro l’importanza della missione caritativa della Chiesa analizzando le tante povertà, che non si possono ridurre a quelle materiali.

Nell’Eucaristia, presieduta dall’altare della Confessione, Prevost ha richiamato i cristiani a scongiurare «il pericolo di vivere come dei viaggiatori distratti, noncuranti della meta finale e disinteressati verso quanti condividono il cammino». L’invito, in occasione del Giubileo dei poveri, è quello a formare la «cultura dell’attenzione» per spezzare l’isolamento e a lasciarsi «ispirare dalla testimonianza dei santi che hanno servito Cristo nei più bisognosi e lo hanno seguito nella via della piccolezza e della spogliazione». In particolare, ha citato san Benedetto Giuseppe Labre, del quale sono state eccezionalmente portate in basilica le reliquie, conservate normalmente nella chiesa di Santa Maria ai Monti. Detto “il vagabondo di Dio”, perché non aveva fissa dimora, e aveva scelto il Colosseo come casa, «ha le caratteristiche per essere patrono di tutti i poveri senzatetto».

Prima della celebrazione il Papa ha salutato e benedetto 12mila fedeli che per motivi di spazio non sono riusciti ad accedere in basilica, dove erano presenti 6mila fedeli. «Voi – ha detto dal sagrato – fate parte della Chiesa e potete seguire la Santa Messa anche dagli schermi. Partecipate con molto amore, con molta fede e sappiate che siamo tutti uniti in Cristo».

La Giornata mondiale dei poveri, celebrata per la prima volta nel 2017, è stata istituita da Papa Francesco con la Lettera apostolica “Misericordia et misera”, al termine del Giubileo della Misericordia. Ricorre ogni anno nella XXXIII domenica del tempo ordinario, per far riflettere le comunità e i singoli credenti sulla povertà come parte centrale del Vangelo.

Nell’omelia, Leone ha ricordato le «tante situazioni morali e spirituali, che spesso riguardano soprattutto i più giovani» soffermandosi sulla solitudine, «il dramma che in modo trasversale le attraversa tutte. Essa – ha affermato – ci sfida a guardare alla povertà in modo integrale», prestando attenzione al prossimo in ogni luogo, anche in quello digitale, «fino ai margini», divenendo «testimoni della tenerezza di Dio. Oggi – ha proseguito -, soprattutto gli scenari di guerra, presenti purtroppo in diverse regioni nel mondo, sembrano confermarci in uno stato di impotenza. Ma la globalizzazione dell’impotenza nasce da una menzogna, dal credere che questa storia è sempre andata così e non potrà cambiare. Il Vangelo, invece, ci dice che proprio negli sconvolgimenti della storia il Signore viene a salvarci. E noi, comunità cristiana, dobbiamo essere oggi, in mezzo ai poveri, segno vivo di questa salvezza». Da qui l’esortazione ai capi di Stato «ad ascoltare il grido dei più poveri, tante volte soffocato dal mito del benessere e del progresso che non tiene conto di tutti, e anzi dimentica molte creature lasciandole al loro destino».

Presenti alla liturgia molti operatori delle tante realtà che si occupano dei più vulnerabili, ai quali il Papa ha espresso «incoraggiamento a essere sempre più coscienza critica nella società. Voi sapete bene che la questione dei poveri riconduce all’essenziale della nostra fede, che per noi essi sono la stessa carne di Cristo e non solo una categoria sociologica».

Al termine della celebrazione, l’Aula Paolo VI ha ospitato il pranzo dei poveri, quest’anno offerto dalla Congregazione della missione fondata da san Vincenzo de’ Paoli a circa 1300 fragili seguiti da varie realtà: Caritas, Comunità di Sant’Egidio, Acli, Centro Astalli, Missionarie della Carità. Nella grande sala spiccano il bianco delle tovaglie e il rosso delle sedie intorno a 103 tavoli. Ma soprattutto la gioia sui volti degli ospiti che, increduli, si guardano intorno incapaci di trattenere «l’emozione», come dice Helin, 33enne nigeriana sostenuta dalle Acli. Con lei il più piccolo ospite del pranzo, il figlio Leon, 2 mesi. «Mi sento tanto fortunata a essere qui – dice -. È la prima volta che vengo in Vaticano, non posso descrivere i sentimenti che ho ora nel cuore».

Il pranzo è stato animato da 100 giovani del Rione Sanità di Napoli, che hanno eseguito “‘O sole mio” all’ingresso del Papa, il quale ha chiesto «un forte applauso» per Papa Francesco, che ha voluto questa giornata, e per la famiglia vincenziana. Per gli ospiti quella odierna è stata una «bellissima giornata». Lo affermano Nabil, la moglie Runa e il figlio Jeorge, arrivati dalla Libia in Italia a giugno con i corridoi umanitari e accolti dalla Comunità di Sant’Egidio. «Abbiamo sempre visto il Papa in televisione – dice il capofamiglia -. Mai avrei immaginato di pranzare a un tavolo vicino a lui».

Prima della Messa il Papa ha salutato padre Tomaž Mavrič, superiore generale della congregazione, che quest’anno celebra il 400° anniversario di fondazione, e incontrato diverse famiglie beneficiarie del progetto globale “13 Case”. Il pranzo, lasagne, cotolette, babà e frutta, è stato servito da 70 missionari vincenziani. Al termine del pranzo, la Famiglia Vincenziana d’Italia ha consegnato a ciascun invitato lo “Zaino di San Vincenzo”, contenente alimenti e prodotti per l’igiene personale.
(fonte: RomaSette, articolo di Roberta Pumpo 16/11/2025)

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Saluto a braccio ai fedeli radunati in Piazza San Pietro prima della Messa


Buongiorno, buona domenica!

Buongiorno a tutti e benvenuti!

Quando leggiamo il Vangelo, una delle frasi che tutti conosciamo è «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Noi tutti vogliamo essere fra i poveri del Signore, perché la nostra vita è un dono di Dio e lo riceviamo con tanta gratitudine.

Io vi ringrazio per la vostra presenza. La Basilica diventa un po’ piccola… Voi fate parte della Chiesa e potete seguire la Santa Messa anche dagli schermi. Partecipate con molto amore, con molta fede e sappiate che siamo tutti uniti in Cristo.

Allora, celebriamo l’Eucaristia e dopo ci vediamo per l’Angelus, qui in Piazza.

Dio vi benedica tutti. Buona domenica!


OMELIA DEL SANTO PADRE LEONE XIV


Cari fratelli e sorelle,

le ultime domeniche dell’anno liturgico ci sollecitano a guardare la storia nei suoi esiti finali. Nella prima Lettura, il profeta Malachia intravede nell’arrivo del “giorno del Signore” l’ingresso nel tempo nuovo. Esso viene descritto come il tempo di Dio, in cui, come un’alba che fa sorgere un sole di giustizia, le speranze dei poveri e degli umili riceveranno dal Signore una risposta ultima e definitiva e verrà sradicata, bruciata come paglia, l’opera degli empi e della loro ingiustizia, soprattutto a danno degli indifesi e dei poveri.

Questo sole di giustizia che sorge, come sappiamo, è Gesù stesso. Il giorno del Signore, infatti, è non solo il giorno ultimo della storia, ma è il Regno che si fa vicino a ogni uomo nel Figlio di Dio che viene. Nel Vangelo, usando il linguaggio apocalittico tipico del suo tempo, Gesù annuncia e inaugura questo Regno: Lui stesso infatti è la signoria di Dio che si rende presente e si fa spazio negli accadimenti drammatici della storia. Essi, perciò, non devono spaventare il discepolo, ma renderlo ancora più perseverante nella testimonianza e consapevole che sempre viva e fedele è la promessa di Gesù: «Neppure un capello del capo perirà» (Lc 21,18).

Questa, fratelli e sorelle, è la speranza a cui siamo ancorati, pur dentro le vicende non sempre liete della vita. Anche oggi «la Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunciando la morte del Signore finché Egli venga» (Lumen gentium, 8). E, dove sembrano esaurirsi tutte le speranze umane, si fa ancora più salda l’unica certezza, più stabile del cielo e della terra, che il Signore non farà perire neanche uno dei capelli del nostro capo.

Nelle persecuzioni, nelle sofferenze, nelle fatiche e nelle oppressioni della vita e della società, Dio non ci lascia soli. Egli si manifesta come Colui che prende posizione per noi. Tutta la Scrittura è attraversata da questo filo rosso che narra un Dio che è sempre dalla parte del più piccolo, dalla parte dell’orfano, dello straniero e della vedova (cfr Dt 10,17-19). E in Gesù, suo Figlio, la vicinanza di Dio raggiunge il vertice dell’amore: per questo la presenza e la parola di Cristo diventa giubilo e giubileo per i più poveri, essendo Egli venuto per annunciare ai poveri il lieto annuncio e predicare l’anno di grazia del Signore (cfr Lc 4,18-19).

Di tale anno di grazia partecipiamo in modo speciale ancora noi, proprio oggi, mentre celebriamo, con questa Giornata mondiale, il Giubileo dei poveri. Tutta la Chiesa esulta e gioisce, e in primo luogo a voi, cari fratelli e sorelle, desidero trasmettere con forza le parole irrevocabili dello stesso Signore Gesù: «Dilexi te - Io ti ho amato» (Ap 3,9). Sì, a fronte della nostra piccolezza e povertà, Dio ci guarda come nessun altro e ci ama di amore eterno. E la sua Chiesa, ancora oggi, forse soprattutto in questo nostro tempo ancora ferito da vecchie e nuove povertà, vuole essere «madre dei poveri, luogo di accoglienza e di giustizia» (Esort. ap. Dilexi te, 39).

Quante povertà opprimono il nostro mondo! Sono anzitutto povertà materiali, ma vi sono anche tante situazioni morali e spirituali, che spesso riguardano soprattutto i più giovani. E il dramma che in modo trasversale le attraversa tutte è la solitudine. Essa ci sfida a guardare alla povertà in modo integrale, perché certamente occorre a volte rispondere ai bisogni urgenti, ma più in generale è una cultura dell’attenzione quella che dobbiamo sviluppare, proprio per rompere il muro della solitudine. Perciò vogliamo essere attenti all’altro, a ciascuno, lì dove siamo, lì dove viviamo, trasmettendo questo atteggiamento già in famiglia, per viverlo concretamente nei luoghi di lavoro e di studio, nelle diverse comunità, nel mondo digitale, dovunque, spingendoci fino ai margini e diventando testimoni della tenerezza di Dio.

Oggi, soprattutto gli scenari di guerra, presenti purtroppo in diverse regioni nel mondo, sembrano confermarci in uno stato di impotenza. Ma la globalizzazione dell’impotenza nasce da una menzogna, dal credere che questa storia è sempre andata così e non potrà cambiare. Il Vangelo, invece, ci dice che proprio negli sconvolgimenti della storia il Signore viene a salvarci. E noi, comunità cristiana, dobbiamo essere oggi, in mezzo ai poveri, segno vivo di questa salvezza.

La povertà interpella i cristiani, ma interpella anche tutti coloro che nella società hanno ruoli di responsabilità. Esorto perciò i Capi degli Stati e i Responsabili delle Nazioni ad ascoltare il grido dei più poveri. Non ci potrà essere pace senza giustizia e i poveri ce lo ricordano in tanti modi, con il loro migrare come pure con il loro grido tante volte soffocato dal mito del benessere e del progresso che non tiene conto di tutti, e anzi dimentica molte creature lasciandole al loro destino.

Agli operatori della carità, ai tanti volontari, a quanti si occupano di alleviare le condizioni dei più poveri esprimo la mia gratitudine, e nel contempo il mio incoraggiamento ad essere sempre più coscienza critica nella società. Voi sapete bene che la questione dei poveri riconduce all’essenziale della nostra fede, che per noi essi sono la stessa carne di Cristo e non solo una categoria sociologica (cfr Dilexi te, 110). È per questo che «la Chiesa come una madre cammina con coloro che camminano. Dove il mondo vede minacce, lei vede figli: dove si costruiscono muri, lei costruisce ponti» (ivi, 75).

Impegniamoci tutti. Come scrive l’Apostolo Paolo ai cristiani di Tessalonica (cfr 2Ts 3,6-13), nell’attesa del ritorno glorioso del Signore non dobbiamo vivere una vita ripiegata su noi stessi e in un intimismo religioso che si traduce nel disimpegno nei confronti degli altri e della storia. Al contrario, cercare il Regno Dio implica il desiderio di trasformare la convivenza umana in uno spazio di fraternità e di dignità per tutti, nessuno escluso. È sempre dietro l’angolo il pericolo di vivere come dei viaggiatori distratti, noncuranti della meta finale e disinteressati verso quanti condividono con noi il cammino.

In questo Giubileo dei poveri lasciamoci ispirare dalla testimonianza dei Santi e delle Sante che hanno servito Cristo nei più bisognosi e lo hanno seguito nella via della piccolezza e della spogliazione. In particolare, vorrei riproporre la figura di San Benedetto Giuseppe Labre, che con la sua vita di “vagabondo di Dio” ha le caratteristiche per essere patrono di tutti i poveri senzatetto. La Vergine Maria, che nel Magnificat continua a ricordarci le scelte di Dio e si fa voce di chi non ha voce, ci aiuti ad entrare nella nuova logica del Regno, perché nella nostra vita di cristiani sia sempre presente l’amore di Dio che accoglie, perdona, fascia le ferite, consola e risana.

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