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venerdì 2 agosto 2019

Cari insegnanti, godetevi le vacanze. Perché la scuola è una gabbia di matti (letteralmente)


Cari insegnanti, godetevi le vacanze.
Perché la scuola è una gabbia di matti (letteralmente)

Se l’80% delle malattie professionali nel mondo della scuola è di natura psichiatrica, un motivo ci sarà. Perché l’insegnamento è un mestiere altamente stressante. Ma nemmeno gli stessi docenti sono consapevoli dei problemi cui vanno incontro


Cari docenti d’Italia,

Questo articolo è per voi, ed è per dirvi una cosa importante: godetevi le vacanze. Sì, ve le siete meritate. Siete finalmente arrivati alla fine di un altro anno scolastico. Finiti gli scrutini, i consigli di classe, i ben peggiori consigli docenti, le riunioni. Basta compiti in classe da preparare, basta colloqui con i genitori, basta bambini incapaci di tenere il sedere sulla sedia e liceali che fingono di aver studiato ma durante l’interrogazione si arrampicano sugli specchi, prendendovi per scemi. Basta liti con i colleghi presuntuosi, basta arrovellamenti con le Lim (le lavagne interattive) che non funzionano, basta con l’ansia perenne che possa cadere l’intonaco in testa a voi o ai vostri studenti in un’aula sì e nell’altra pure. Basta con chi vi considera “solo un supplente” e quindi non riconosce la vostra autorità in classe, né tantomeno apprezza il valore del vostro mestiere. Siete dei professionisti, per la miseria, anche se la busta paga a fine mese non sembra dire altrettanto.

A settembre, poi, ricomincerà il solito calvario, e pur avendo concluso un anno impegnativo, pur essendovi affezionati agli studenti (perlomeno ad alcuni) e pur avendo dimostrato competenza e serietà, chissà se sarà abbastanza per essere richiamati in servizio. Secondo le ultime del Miur, i concorsi e le assunzioni sono ancora in alto mare. Sai che novità, la scuola è così da anni, direte. L’immissione in ruolo ormai è un sogno che manco Cenerentola fantasticava così in grande. Eh già, lo sappiamo, anche se in pochi sanno davvero cosa significhi vivere la quotidianità della scuola e quanto impegnativa e al tempo stesso poco gratificante possa essere.

Almeno fino a settembre, però, potete dire basta. Tutto quello che vi ci vuole ora è il rumore delle onde del mare, la vista di una montagna o la pace della casa in campagna. Quale che sia la vostra meta, godetevela a pieno. I vostri, in fondo, sono «tre mesi di convalescenza, più che di vacanza». E a dirlo è uno che se ne intende - Vittorio Lodolo D’Oria, medico specializzato in burnout nella scuola. Perché sì, la scuola è sfiancante, e lo è anche più di quanto ve ne possiate rendere conto. Secondo gli esperti, infatti, se arrivate a fine anno spremuti come arance, è anche perché continuate a lavorare pur essendo inconsapevoli dei rischi che la scuola comporta per la vostra salute, soprattutto mentale.

Gli insegnanti sono tra i più soggetti allo sviluppo di tumori, 
proprio in virtù dello stress cronico a cui sono sottoposti quotidianamente.

Perché forse non sapete, cari docenti, che l’80% delle patologie professionali nel mondo della scuola è di natura psichiatrica: ansia, depressione, un male di vivere che manco Eugenio Montale o il pessimismo cosmico di Leopardi. E probabilmente non sapete nemmeno che gli insegnanti sono tra i più soggetti allo sviluppo di tumori, proprio in virtù dello stress cronico a cui sono sottoposti quotidianamente. E che ne dite del fatto che l’insegnamento è la professione a maggior rischio suicidiario? Non vogliamo spaventarvi, cari docenti, solo mettervi davanti ad una grande verità, che forse vi potrebbe anche aiutare nel vostro lavoro. Se fossero prevenute e curate a dovere, infatti, molte di queste malattie sarebbero gestibili. Ma la verità è che, almeno finché la scuola rimarrà la giungla che è oggi, difficilmente potrete liberarvi dei mali che vi affliggono.

Mettete, ad esempio, tutti quelli che pensano che il vostro sia un mestiere facile, perché fate le stesse vacanze dei vostri studenti e “lavorate mezza giornata”. Ah, se sapessero quanto lavoro ci si porta a casa, quanto “sommerso” per la preparazione dei programmi delle lezioni, la correzione dei compiti, le relazioni. Quante ore sacrificate “in nome dei ragazzi” e mai ricompensate, nemmeno con una pacca sulla spalla. No, voi siete comunque quelli del “chi non sa fare, insegna”, e il peso di questi stereotipi vi pesa in maniera insopportabile, anche se non ne siete pienamente coscienti. Anche qui, non siamo noi a dirlo, ma gli esperti.

Mettete la questione della relazione con gli studenti, un rapporto strano e a tratti malsano: un tale livello di vicinanza e conflittualità si vive solo in famiglia. Con la differenza che in quel caso i figli crescono e ad un certo punto i ruoli saranno invertiti, saranno loro ad occuparsi dei genitori. Voi, invece, siete condannati ad una sorta di “sindrome di Dorian Gray al contrario” (termine coniato dal medesimo Lodolo D’Oria), perché pur andando avanti con gli anni (vedi alla voce “invecchiamento della classe docente”) voi continuate a stare in cattedra, e ogni volta davanti agli occhi vi ritrovate nuove generazioni di bambini e ragazzi sempre più giovani, sempre più diversi, sempre più distanti da voi. Come si possa in un contesto simile svolgere un ruolo educativo consono ai tempi, ve lo vengano a spiegare dal ministero.

Mettete poi lo squilibrio squisitamente numerico dello stare in classe con venti o trenta ragazzini (vedi alla voce “classi pollaio”) che ogni minuto di ogni giorno, senza interruzione di continuità, vi fanno una «risonanza magnetico-nucleare» nel momento esatto in cui mettete piede in classe. «Secondo Freud, i bambini sono perversi polimorfi - sapranno sempre se hai un capello fuori posto». Parola di esperto. Metteteci poi uno che magari è quel tantino più sensibile della media e non si sente di entrare a scuola come se andasse in trincea, et voilà, la frittata di docente è fatta.

Posto che gli insegnanti italiani sono i meno pagati e i più vecchi di tutti in Europa, è facile intuire di quale livello di considerazione possano godere

Infine, perché no, metteteci pure l’assurdità di un concetto ormai molto diffuso nel sistema in cui viviamo, ovvero quello del “vali quanto guadagni” (vedi alla voce “capitalismo”). Ecco, posto che gli insegnanti italiani sono i meno pagati e i più vecchi di tutti in Europa, è facile intuire di quale livello di considerazione possano godere. «È come dire: avete in mano il destino dei ragazzi e il futuro della nazione, ma non valete niente», dice Lodolo D’Oria. Tra docente e cancellino per la lavagna (ormai persino lui è riuscito ad andare in pensione) difficile stabilire chi possa avere livelli di autostima più alti.

Si tratta solo di esempi, naturalmente; la lista potrebbe infatti proseguire a lungo. «Uno psicologo americano una volta si mise a stilare l’elenco degli elementi che condizionano il lavoro degli insegnanti. Giunto al quarantesimo, si rese conto che sarebbe potuto arrivare all’ottantesimo: lì realizzò che non avrebbe avuto senso continuare», racconta l’esperto.

Il punto è che l’insegnamento è una professione altamente stressante, e posto che questo stress intacca inevitabilmente non solo il benessere degli stessi docenti, ma si riflette anche nella qualità dell'insegnamento, qualche riflessione a riguardo bisognerebbe pure farla. E non si dica che i docenti, più degli altri, hanno un dovere morale: «questa è poesia. Si tratta di una professione gravosa e importantissima, purtroppo svilita», dice Lodolo D’Oria. «Chi pensa che l'insegnamento sia una missione, vada a fare il missionario».

La dura realtà è che, persino nel 2019, le malattie professionali degli insegnanti rimangono non codificate, e quindi non riconosciute. In più, nessuna delle riforme delle pensioni dagli anni ’90 ad oggi ha mai preso in considerazione l’incidenza delle malattie professionali con l’avanzare del tempo. Ma la storia non finisce qui: malgrado il ministero sia ben al corrente delle statistiche che riguardano i propri insegnanti, nega comunque i dati: Lodolo D’Oria si batte da anni per ottenerli, senza successo. Immaginatevi cosa succederebbe, cari docenti, se la notizia prendesse piede. Ma tant’è: la scuola continuerà a farvi ammattire. O forse sarà che bisogna esser matti ad insegnare in Italia (sulla questione Lodolo D'Oria ha scritto un paio di libri). Quale che sia il caso, cari docenti, ci teniamo a rimarcare il punto iniziale: godetevi le vacanze. Perché la scuola è una gabbia di matti, e dovete ringraziare solo Iddio (o voi stessi) se siete riusciti ad arrivare vivi alla fine di un altro anno.