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lunedì 12 agosto 2019

L'educazione civica di Matteo Salvini? Un poker di bugie

L'educazione civica di Matteo Salvini?
Un poker di bugie

La materia si insegnava già. Le 33 ore ruberanno spazio ad altre lezioni. Il programma comprende tutto e niente. E il voto dovrebbe punire chi rilancia i post del vicepremier. Il bluff della nuova legge analizzato insieme a Claudio Giunta. Che al civismo nella scuola ha dedicato libri, articoli e anche un festival



«Finalmente l'Educazione Civica torna in classe!». Esulta su Facebook Matteo Salvini il primo agosto: la novità è che è stata approvata una legge che la rende materia obbligatoria, con 33 ore di lezione l'anno e voto in pagella. Quattro giorni dopo passa il decreto sicurezza, annunciato dal vicepremier con entusiasmo anche maggiore. Eppure in quel decreto molti principi compresi nel programma della neonata Educazione Civica Salviniana vengono calpestati. Tanto che alcuni giuristi già prevedono che sarà smontato dalla Corte Costituzionale.

Del resto non passa giorno che nella sua scintillante vita social il vicepresidente non calpesti o sbeffeggi uno dei principi di vita civica che, secondo la nuova legge, gli studenti delle scuole italiane saranno obbligati a studiare dai 6 ai 18 anni. «Capisco che ci si indigni, capisco che chi vede uno che fino a pochi mesi fa diceva che con la bandiera italiana ci si puliva il culo - vedi l'articolo 12 della Carta - si chieda: ma con che faccia questo viene a parlarci di Costituzione? Però non è questo il problema», taglia corto Claudio Giunta. Che a scuola, educazione in generale ed educazione civica in particolare ha dedicato diversi libri ("L'assedio del presente", "E se non fosse la buona battaglia?"), un articolo sul prossimo numero della rivista "Il Mulino" (già leggibile online ), e anche un festival ("La buona battaglia", a Parma per la seconda edizione dal 27 al 29 settembre prossimi).

Il problema è, per prima cosa, che l'educazione civica a scuola si faceva già. «È solo cambiata l'etichetta: da una decina d'anni in qua si chiamava "Cittadinanza e Costituzione"». Ora però non ha solo un altro nome ma anche un monte-ore preciso: 33 all'anno. La legge spiega chiaramente che queste ore non saranno aggiunte alla durata delle lezioni, che non saranno affidate a nuovi docenti e che non saranno pagate in più a chi le gestirà. «I professori con cui ho parlato in questi giorni sono preoccupati: come riusciranno a far entrare anche questo compito nelle ore già risicate che hanno a disposizione? Salvini ripete spesso nei comizi di aver reintrodotto l'educazione civica ma è un vanto del tutto fuori luogo sia perché la disciplina esisteva già sia perché i contenuti di questo insegnamento sono vaghissimi».

Il governo comunque la legge l'ha fatta: se poi l'educazione civica non verrà insegnata bene, la colpa sarà della scuola. Che ha solo un mese di tempo per prepararsi: la legge entra a vigore già nel prossimo anno scolastico. E comunque è difficile che si possa insegnare bene una materia ampia come quella descritta dalla norma: «Se va vedere il testo della legge vedrà che è delirante per la quantità di contenuti che in queste 33 ore dovrebbero essere raccolti», continua Giunta. «Si va dalla lotta allo "hate-speech" al buon uso dei social network, dall'educazione al volontariato alla valorizzazione dei beni culturali. Tutta una serie di cose che rispecchiano la confusione mentale di persone che non hanno idea di cosa si fa a scuola e di cosa si dovrebbe fare».

E a chi sarà affidato «l'insegnamento trasversale» di questo programma impossibile? «Questo non è stabilito. Immagino che dove c'è un docente di diritto lo si chiederà a lui, altrimenti a quello di storia. Oppure si divideranno le ore tra tutti i professori e si chiederà loro di dare una spolverata di civismo alle proprie lezioni: che è la cosa peggiore che si può fare. Chi farà educazione civica, in più, resterà indietro con il suo programma. Perché le ore della scuola, benché evidentemente deputati e senatori non lo sappiano, sono limitate. E già bisogna farci entrare l'alternanza scuola lavoro, le gite scolastiche, la settimana contro la mafia... Inzeppare questo monte ore con un'altra disciplina fantasma è una cosa che preoccupa molto i docenti che hanno un po' di coscienza. Perché se fai educazione stradale togli per forza di cose spazio e tempo alle discipline curricolari».

Altro problema: il voto. La legge prevede che ci sia un voto in pagella, ma chi lo deciderà? In base a quale programma? E con quali criteri? «Sarà un giudizio collegiale, qualcosa di simile al voto di condotta: il ragazzo è stato bravo, ha detto che la Costituzione è bella e che maschi e femmine sono uguali, quindi gli diamo nove. Ma non so bene come potranno essere organizzate delle verifiche, anche perché non sono stati fissati dei programmi e non ci sono libri di testi. È difficile indovinare i modi della verifica anche perché la legge contempla contenuti insieme sterminati e vaghi: si va dall'educazione stradale a Piero Calamandrei ».

Se a essere giudicati saranno i comportamenti fuori dall'aula, poi, ci sarà da ridere: quanti voti perderà chi condivide sui social i più popolari post di Salvini? Quelli che non rispettano le minoranze («Quella zingaraccia!»), o che istigano allo "hate speech" (ricordate quando il vicepremier aizzò i suoi sostenitori pubblicando la foto di due contestatrici minorenni?), o che non rispettano il diritto alla difesa (garantito dall'articolo 34 della Costituzione e disprezzato da chi urla "In galera!" contro un assassino, che anche se reo confesso può vedersi riconoscere durante il processo qualche attenuante)...

Ma il problema, ripete Giunta, è più profondo: è uno scontro tra "educazione" e "libertà" come se fossero concetti opposti, uno di destra e l'altro di sinistra (e quindi vecchio, buonista, sbagliato). «La seduzione che in molti elettori di Salvini esercita l'espressione "educazione civica" si capisce, perché va incontro a una serie di istinti che attengono generalmebte a concetti come ordine e disciplina. La gente reagisce positivamente all'appello all'educazione civica senza andare a vedere cosa c'è dietro, senza vedere tutta la paccottiglia che nasconde. Vuole che i giovani siano più educati, che le strade siano pulite per quel tipico residuo di conservatorismo, di spirito reazionario che preferisce l'ordine - questa caricatura di ordine - alla libertà. Questo è un paese fondamentalmente illiberale. L'Italia è forse l'unica democrazia occidentale che non condivide i valori liberali: quelli di Locke, quelli di Hume».

Nell'articolo per il Mulino, che si intitola "La fascista intelligente e l'educazione civica", Giunta scrive che un insegnamento di questo genere «crea un piccolo numero di eretici per partito preso e un gran numero di credenti anch'essi per partito preso». E lo ribadisce a voce: «Insegnare a essere civili non si può. Chi cerca di insegnare a essere buoni di solito ottiene il risultato opposto. Non credo che abbia senso fare un educazione specifica a questo scopo. A scuola si devono fare poche cose e farle bene: facciamo bene letteratura, storia, matematica e qualche effetto civico ci sarà».

"Insegnare il metodo scientifico" è il tema del festival di Parma. «Credo che una buona educazione culturale sia un buon viatico a vivere in maniera civile. Si potrebbero rivedere un po' i programmi: studiare un po' meno i sumeri e un po' più il Novecento. Fare meno storia delle battaglie e un po' di più - ma poco - sulle costituzioni dei vari paesi. La scuola non deve rendere più buoni ma più intelligenti». Con una speranza: «Se uno fa un po' di matematica, un po' di italiano, un po' di geografia, forse alla fine avrà anche un comportamento più civile sui social network».