LA VERA EMIGRAZIONE È QUELLA DAL SUD
Negli ultimi 15 anni sono andati via, al Centro-Nord o all’estero, 2 milioni di persone, il 72% dei quali ha meno di 34 anni. Lo dice lo Svimez che avverte: «Si è riaperta la frattura territoriale che arriverà a segnare un andamento opposto tra le aree, facendo ripiombare il Mezzogiorno nella recessione da cui troppo lentamente era uscito»
Termini come emigrazione e immigrazione sono, oggi, sempre più sostituite da termini come migrare e mobilità per superare la “loro intrinseca rigidità che comunica una specifica traiettoria, un tempo ben determinato e un progetto migratorio scritto a priori che prevede l’inserimento nella meta di destinazione prescelta”, scrive la Fondazione Migrantes introducendo il Rapporto Italiani nel Mondo dello scorso anno e sottolineando che in questa descrizione si “intravedono le traversate oltreoceano dei piroscafi stracarichi di italiani che, dopo giorni e giorni se non mesi di navigazione, arrivavano in America o in Australia; sono altresì riconoscibili i treni con i vagoni strapieni di connazionali e valigie che attraversavano le Alpi alla volta della Svizzera, della Germania o del Belgio. Vengono alla mente cartoline o fotografie in bianco e nero della fine dell’Ottocento e dell’inizio Novecento, ma anche degli anni Cinquanta e Sessanta”.
Una emigrazione che continua anche oggi come testimonia il Rapporto annuale dell’organismo pastorale della Cei. Emigrazione che continua come sottolinea lo Svimez che ieri ha presentato alcune anticipazioni del loro Rapporto sull’economia e la società del Mezzogiorno dal titolo “Lo spettro della recessione al Sud in un’Italia che non cresce”. Secondo i dati Svimez oggi sono più le persone che lasciano il nostro Mezzogiorno per raggiungere altre località italiane o l’estero.
Tra il 2002 e il 2017 – quindici anni – hanno lasciato il Sud Italia oltre 2 milioni (una città come Napoli) di persone di cui 132.187 nel solo 2017. Di queste ultime 66.557 sono giovani (50,4%, di cui il 33,0% laureati, pari a 21.970). La ripresa dei flussi migratori rappresenta la “vera emergenza meridionale”, che negli ultimi anni si è via via allargata anche al resto del Paese, scrive lo Svimez evidenziando anche che sono “più i meridionali che emigrano dal Sud per andare a lavorare o a studiare al Centro-Nord e all’estero che gli stranieri immigrati regolari che scelgono di vivere nelle regioni meridionali”.
In base alle elaborazioni dello Svimez, infatti, i cittadini stranieri iscritti nel Mezzogiorno provenienti dall’estero sono stati 64.952 nel 2015, 64.091 nel 2016 e 75.305 nel 2017. Invece i cittadini italiani cancellati dal Sud per il Centro-Nord e l’estero sono stati 124.254 nel 2015, 131.430 nel 2016, 132.187 nel 2017: questi numeri dimostrano che “l’emergenza emigrazione del Sud determina una perdita di popolazione, soprattutto giovanile, e qualificata, solo parzialmente compensata da flussi di immigrati, modesti nel numero e caratterizzati da basse competenze. Tale dinamica determina soprattutto per il Mezzogiorno una prospettiva demografica assai preoccupante di spopolamento, che riguarda in particolare i piccoli centri sotto i 5 mila abitanti”. Un allarme vero e proprio che rende, secondo lo Svimez, preoccupante lo spettro della recessione in un territorio, come quello del Sud, che continua a non crescere, anzi rischia di tornare indietro.
Nel progressivo rallentamento dell’economia italiana, “si è riaperta la frattura territoriale che arriverà a segnare un andamento opposto tra le aree, facendo ripiombare il Sud nella recessione da cui troppo lentamente era uscito”, avverte lo Svimez secondo il quale nel 2019 l’Italia si ferma ma il Sud entra in recessione con un andamento del Pil previsto in diminuzione dello 0,3% (mentre il Centro-Nord segna un +0,3%), ha detto il presidente Adriano Giannola, per il quale prima di parlare di autonomia regionale “bisognerebbe fare il tagliando a come si usano le risorse oggi”. Per quanto riguarda il lavoro, il gap occupazionale del Sud rispetto al Centro-Nord nel 2018 è stato pari a quasi 3 milioni di persone e negli ultimi due trimestri dello scorso anno e nel primo del 2019 gli occupati al Sud sono calati dell’1,7%, mentre al Centro-Nord sono cresciuti dello 0,3%.
“Siamo all’ultima spiaggia – ha detto il direttore Svimez - per il Sud ma anche per l’intero Paese, perché non stanno aumentando solo i divari tra Centro-Nord e Mezzogiorno, ma anche tra Nord ed Europa”. Nel 2018 Abruzzo, Puglia e Sardegna hanno registrato il più alto tasso di sviluppo (+1,7%, +1,3% e +1,2%) mentre la Calabria è l’unica regione, non solo meridionale ma italiana, ad accusare una flessione del Pil dello 0,3%.
La perdita di abitanti è un “fattore strutturale di lungo periodo altamente preoccupante e lo Svimez “ci conferma che il trend sta proseguendo. Nel frattempo però è evidente il forte indebolimento della struttura industriale del Mezzogiorno, in particolare delle imprese manifatturiere. Non solo: un aspetto messo in evidenza nel rapporto è il calo di investimenti pubblici al Sud. E nel prossimo futuro l’impegno dello Stato rischia di diminuire ulteriormente alla luce dei progetti governativi di autonomia differenziata”, dice in una intervista al quotidiano Avvenire Emanuele Felice, docente di politica economica all’Università “Gabriele d’Annunzio”. La Coldiretti sottolinea uno storico ritorno alla terra che ha portato 22mila giovani under 40 a presentare domanda per l’insediamento in agricoltura nel sud Italia, ma più di 3 richieste su 4 (78%) non sono state al momento accolte per colpa degli errori di programmazione delle Amministrazioni Regionali con il rischio concreto di restituzione dei fondi disponibili a Bruxelles. Una “sconfitta per le speranze di tanti giovani, ma anche per il Paese” che – sostiene la Coldiretti – “perde opportunità strategiche per lo sviluppo in un settore chiave per la ripresa economica, l’occupazione e la sostenibilità ambientale soprattutto nel Mezzogiorno dove maggiore è il bisogno occupazionale e più elevati sono i tassi di fuga dei giovani come dimostra l’analisi di Svimez sull’emigrazione che supera l'immigrazione al sud”.
Insomma l’ “Italia non crescerà se non insieme”, come hanno ribadito, circa 10 anni fa, a 20 anni dalla pubblicazione del documento ”Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno” i vescovi italiani, nel documento dal titolo: “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno”.
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Raffaele Iaria 02/08/2019)