DISPERATO IL PAPÀ DI ALFIE: "STANNO PER UCCIDERE MIO FIGLIO"
Intervista esclusiva da Liverpool. L'ultimo appello del papà del piccolo Evans, che la Corte suprema britannica ha condannato a morire. I genitori hanno visto rigettare nei giorni scorsi, e fino a ieri, tutti i loro ricorsi per non fare staccare i macchinari di supporto. Ora la data è stata decisa e i genitori Kate e Thomas sperano ancora di poter trasferire il loro bambino all'Ospedale Bambin Gesù di Roma, anche grazie all'intervento di papa Francesco. Per ospitare Alfie si è offerto nel frattempo anche il Gaslini di Genova. Ascoltiamo le parole di questo padre. E preghiamo, mentre secondo le drammatiche dichiarazioni che ci arrivano, stanno staccando la spina.
Tom Evans sa il giorno e l’ora in cui il suo adoratissimo Alfie morirà e sta per metterle su “Facebook”. Mancano appena poche ore. E sa anche che non può fare nulla.
È stato l’ospedale di Liverpool a comunicargli questa, che chiama “una sentenza di morte” senza dargli nessuna speranza. Staccheranno il tubo che mantiene in vita il suo piccolo, due anni il prossimo maggio, affetto da una malattia degenerativa non diagnosticata, sedandolo pesantemente così che non possa sentire nulla né respirare.
«Consentono soltanto a me e Kate e ad altri due membri della famiglia di rimanere nella stanza. Anche questo è molto crudele», dice. «Alfie ha dodici cugini, quindici zii e zie e due nonne e un nonno, ma lasciano rimanere soltanto quattro persone».
«Spero soltanto nella mobilitazione rispettosa delle centinaia di persone che ci hanno sostenuto. Credo ancora che possano mettere pressione sull’ospedale e sul governo britannico perché si fermino», continua Tom. «Ho anche consegnato alla direzione dell’ospedale una lettera della responsabile del “Bambino Gesù”, Mariella Enoc, che si dice disposta a venire e portare Alfie in Italia ma la stanno ignorando».
«Kate ed io ci sentiamo discriminati», aggiunge, «insultati, arrabbiati e distrutti».
- Perché l’ospedale è cosi ostinato?
«Quando è stato ricoverato, il 14 dicembre 2016, Alfie aveva sette mesi ed era un bambino sanissimo», spiega. «Aveva soltanto un’infezione e soffriva di crisi epilettiche, ma i medici non l’hanno curato. Il giorno successivo il nostro arrivo i medici l’hanno sedato in modo troppo pesante e Alfie non si è più ripreso. I suoi polmoni sono crollati ed è entrato in coma. Il 31 dicembre, due settimane dopo il primo ricovero, i medici ci chiedevano già il permesso di staccare la spina del respiratore e di non rianimarlo più, ma io e sua mamma ci siamo opposti. Questo non è un modo giusto o dignitoso di trattare un bambino. Alfie è stato ignorato e non si sa ancora di che malattia soffra».
E continua, disperato: «Lo stesso giudice Hayden che ha definito la vita di mio figlio “inutile” ha sentenziato altri bambini a morte e non riesco a capire come questo sia possibile. È illegale rimuovere il respiratore da un paziente che non è stato diagnosticato. E’ la forma peggiore di negligenza medica».
- Riesce a capire perché succede questo?
«Nel Regno Unito è molto costoso mantenere in vita dei bambini disabili. Costerebbe oltre un milione di sterline per Alder Hey mantenere Alfie in vita per un anno e l’ospedale non ne vuole sapere, perché i medici sono convinti che mio figlio non avrà una buona qualità di vita. In questo paese i portatori di handicap sono discriminati. Dovrebbe esserci un diritto a morire in modo naturale. Ci sono altri genitori nella mia condizione. Nel Regno Unito si fanno calcoli sulla pelle della gente e salvare il servizio sanitario nazionale è la cosa più importante, anche se ad andarci di mezzo sono degli innocenti».
- Come sta ora il piccolo Alfie?
«E’ molto tranquillo e molto calmo e aspetta di andare in Italia. Appartiene all’Italia».
- Che cosa le ha detto il Papa quando l’ha incontrata?
«Papa Francesco mi ha detto che ho il coraggio e la forza di Dio e faccio bene a condurre la mia battaglia, perché soltanto Dio decide della vita e della morte. Ha anche detto che avrebbe fatto qualunque cosa gli fosse possibile per far arrivare Alfie in Italia e ha chiesto all’ospedale “Bambino Gesù” di far arrivare mio figlio in Italia. Per questo motivo la direttrice dell’ospedale Mariella Enoc vuole venire all’”Alder Hey”».
- Come giustificano i medici di Liverpool tanta ostinazione nel non lasciare partire per l'Italia il bambino?
«Dicono che morirà durante il viaggio, ma noi sappiamo che non è così perché degli specialisti ci hanno confermato questo. L’ospedale di Liverpool ha paura che, se nostro figlio arriva in Italia, viene curato e si riprende, la loro reputazione ne risentirà e io mi farò risarcire i danni da un tribunale. Credo che abbiano paura di questo. Ci sono tanti altri genitori nella mia situazione a Liverpool che hanno accettato di far staccare la spina, perché non avevano altra scelta».
- Lei dorme pochissimo da mesi e quasi non mangia perché trascorre tutto il suo tempo con Alfie o a battersi perché rimanga vivo. Che cosa la sostiene?
L’amore che ho per il mio bambino e la mia fede. Credo in Alfie. Sente il solletico, i pizzicotti, il freddo e il caldo. Ascolta le nostre parole. Apre gli occhi. Sbadiglia. Tossisce. Inghiotte. Succhia il pollice e si stira. Sputa. E’ consapevole. Anche dei danni al suo cervello.
Si moltiplicano appelli, preghiere e solidarietà per Alfie:
un gruppo di mamme del Bambino Gesù scrive all'ospedale di Liverpool
«I nostri figli non stanno soffrendo, stanno solo vivendo» scrivono 49 mamme di bambini ricoverati a Palidoro nei reparti di pediatria, rianimazione e neuroriabilitazione dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, con gravi diagnosi, in vari casi simili a quelle del piccolo Alfie Evans.
La lettera è stata inviata il 20 aprile dalla presidente del nosocomio vaticano, Mariella Enoc, al direttore dell’ospedale pediatrico Alder Hey Children Hospital di Liverpool dove è ricoverato il bimbo di quasi due anni per il quale i medici hanno stabilito la sospensione delle cure, e che invece il Bambino Gesù si è dichiarato disposto a ospitare.
«So bene che questa lettera probabilmente non potrà cambiare nulla, ma mi sono sentita, per motivi solo umanitari, di accogliere e inviarle questa testimonianza», ha detto la presidente del Bambino Gesù. «Sarà importante in futuro, alla luce di queste esperienze, trovare il modo di riflettere e discutere insieme su ciò che rappresenta il migliore interesse dei nostri pazienti e delle loro famiglie».
La lettera, concisa e fortissima, semplicemente testimonia — da parte di chi lo vive quotidianamente — come la persona esista oltre la malattia e la disabilità perché i figli delle mamme di Palidoro sono bambini e basta.
Ecco il testo della lettera
Siamo un gruppo di mamme che hanno i loro figli ricoverati nei reparti di Pediatria, Rianimazione e Neuroriabilitazionc dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, a Palidoro, con diagnosi gravi e purtroppo infauste, in alcuni casi molto simili a quelle del piccolo Alfie Evans.
Vogliamo esprimere la nostra vicinanza ai suoi genitori, ai quali ci sentiamo profondamente legati nella comune sofferenza per la malattia dei nostri bambini.
Siamo grati ai medici per il grande lavoro di cura nei confronti di tutti i vostri pazienti e dello stesso piccolo Alfie.
E siamo grati allo stesso modo al nostro Ospedale Bambino Gesù, che ci consente di tenere in vita i nostri bambini, seppure in condizioni gravissime, mantenendo accesa una fiammella di speranza.
Curare, infatti, non significa solo guarire. E curando i bambini voi medici curate allo stesso tempo anche le nostre famiglie, permettendoci di stargli accanto e di sentirci utili.
Ogni istante di vita passato insieme ha un valore inestimabile per noi genitori.
I nostri figli non stanno soffrendo, stanno solo vivendo. E anche oggi hanno potuto sentire sul viso la bellezza e il calore del sole e delle nostre carezze.
Vi preghiamo di non privare della gioia di queste carezze il piccolo Alfie e i suoi genitori.
Le Mamme di Palidoro
Vedi anche il nostro post precedente:
Thomas Evans, il padre del piccolo Alfie, incontra Papa Francesco
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