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domenica 11 settembre 2016

"Un cuore che ascolta - lev shomea" - n. 41/2015-2016 (C) di Santino Coppolino


'Un cuore che ascolta - lev shomea'
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere
giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)


Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino


Vangelo: 
Lc 15,1-32


Tutto il capitolo 15 del Vangelo di Luca, comprendente le 'tre parabole della Misericordia', altro non è che un'unica grande parabola divisa in tre parti. In essa è rivelato il cuore stesso del Vangelo: Dio è un Padre di misericordia e di tenerezza. Attraverso la parabola Gesù ci rivela l'urgenza di un cammino di conversione da intraprendere, una 'metanòia', un mutamento di mentalità da operare. Non soltanto del peccatore alla giustizia, quanto piuttosto del 'giusto', perché prenda coscienza e accolga con gioia che Dio non è un padrone che asserve ma un Padre che ama e libera. La parabola del 'Padre Misericordioso', cuore di tutto il Vangelo, è indirizzata soprattutto a coloro che si ritengono 'giusti' , perché possano "convincersi di peccato"(Gv 16,8) e così prendere parte con i loro fratelli 'peccatori', al banchetto del Regno (14,15-24). Ma la conversione dei 'giusti' è molto più difficile di quella dei peccatori. Questi ultimi, a causa della loro miseria, avvertono il bisogno della misericordia di Dio, i 'giusti' invece, certi della propria giustizia, ritengono di poter bastare a se stessi giudicando i fratelli. Gesù invece ci presenta il volto di un Padre che ci ama sempre e comunque non perché siamo buoni; il suo amore non è un premio alla fedeltà dell'uomo alla Sua Legge, la sua tenerezza non è proporzionale ai nostri meriti - se mai ne avessimo - ma alla nostra miseria.
"La Chiesa deve rammentare sempre che non è una accolta di giusti, ma una comunità di peccatori sempre aperti al perdono"(cit.). Se conoscessimo realmente il cuore del Padre, ci renderemmo conto che la salvezza dalle nostre miserie passa dall'essere cercati, trovati e incontrati da Colui che da sempre ci sforziamo di trovare senza mai incontrarlo (cfr. Ct 3,1; 5,6). La conversione, tanto dei peccatori quanto dei giusti, non è tanto un processo di ritorno a Dio (Egli ci ha già perdonati prima ancora che glielo chiediamo), quanto piuttosto un radicale cambiamento che dobbiamo compiere dell'immagine diabolica di Dio che, a partire da Adamo, ci siamo costruiti. 
Gesù, con la parabola, e con la sua vita, ci dice che Dio non è un tiranno da fuggire perché ci vuole suoi schiavi, ma un Padre tenero che, come Madre amorevole, accoglie sempre i suoi figli amandoli con "viscere di misericordia".