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venerdì 2 settembre 2016

GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LA CURA DEL CREATO - PAPA FRANCESCO: Ascoltare il grido della Terra, ascoltare il grido dei poveri... e diamo spazio alla fantasia della carità... ottava opera di misericordia "cura della casa comune"


1° SETTEMBRE
GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA 
PER LA CURA DEL CREATO


Ascoltare il grido della Terra, ascoltare il grido dei poveri. E’ quanto afferma Papa Francesco nel Messaggio per l’odierna Giornata mondiale di preghiera, di carattere ecumenico, per la cura del Creato, istituita dal Pontefice il 10 agosto del 2015. Il Papa sottolinea che è necessaria una conversione ecologica che parta dal riconoscimento dei nostri peccati contro il Creato, quindi propone una “nuova opera di misericordia”: la “cura della casa comune”.


Questa mattina alle ore 11.30 , si è tenuta nella Sala Stampa della Santa Sede una Conferenza Stampa per illustrare il Messaggio del Santo Padre Francesco “Usiamo misericordia verso la nostra casa comune”, per la Celebrazione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato.
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MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ
PAPA FRANCESCO 
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LA CURA DEL CREATO
1 SETTEMBRE 2016

Usiamo misericordia verso la nostra casa comune 


In unione con i fratelli e le sorelle ortodossi, e con l’adesione di altre Chiese e Comunità cristiane, la Chiesa Cattolica celebra oggi l’annuale “Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato”. La ricorrenza intende offrire «ai singoli credenti ed alle comunità la preziosa opportunità di rinnovare la personale adesione alla propria vocazione di custodi del creato, elevando a Dio il ringraziamento per l’opera meravigliosa che Egli ha affidato alla nostra cura, invocando il suo aiuto per la protezione del creato e la sua misericordia per i peccati commessi contro il mondo in cui viviamo».[1]

È molto incoraggiante che la preoccupazione per il futuro del nostro pianeta sia condivisa dalle Chiese e dalle Comunità cristiane insieme ad altre religioni. Infatti, negli ultimi anni, molte iniziative sono state intraprese da autorità religiose e organizzazioni per sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica circa i pericoli dello sfruttamento irresponsabile del pianeta. Vorrei qui menzionare il Patriarca Bartolomeo e il suo predecessore Dimitrios, che per molti anni si sono pronunciati costantemente contro il peccato di procurare danni al creato, attirando l’attenzione sulla crisi morale e spirituale che sta alla base dei problemi ambientali e del degrado. Rispondendo alla crescente attenzione per l’integrità del creato, la Terza Assemblea Ecumenica Europea (Sibiu, 2007) proponeva di celebrare un “Tempo per il Creato” della durata di cinque settimane tra il 1° settembre (memoria ortodossa della divina creazione) e il 4 ottobre (memoria di Francesco di Assisi nella Chiesa Cattolica e in alcune altre tradizioni occidentali). Da quel momento tale iniziativa, con l’appoggio del Consiglio Mondiale delle Chiese, ha ispirato molte attività ecumeniche in diverse parti del mondo. Dev’essere pure motivo di gioia il fatto che in tutto il mondo iniziative simili, che promuovono la giustizia ambientale, la sollecitudine verso i poveri e l’impegno responsabile nei confronti della società, stanno facendo incontrare persone, soprattutto giovani, di diversi contesti religiosi. Cristiani e non, persone di fede e di buona volontà, dobbiamo essere uniti nel dimostrare misericordia verso la nostra casa comune – la terra – e valorizzare pienamente il mondo in cui viviamo come luogo di condivisione e di comunione.

1. La terra grida...

Con questo Messaggio, rinnovo il dialogo con ogni persona che abita questo pianeta riguardo alle sofferenze che affliggono i poveri e la devastazione dell’ambiente. Dio ci ha fatto dono di un giardino rigoglioso, ma lo stiamo trasformando in una distesa inquinata di «macerie, deserti e sporcizia» (Enc. Laudato si’, 161). Non possiamo arrenderci o essere indifferenti alla perdita della biodiversità e alla distruzione degli ecosistemi, spesso provocate dai nostri comportamenti irresponsabili ed egoistici. «Per causa nostra, migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio. Non ne abbiamo il diritto» (ibid., 33).

Il pianeta continua a riscaldarsi, in parte a causa dell’attività umana: il 2015 è stato l’anno più caldo mai registrato e probabilmente il 2016 lo sarà ancora di più. Questo provoca siccità, inondazioni, incendi ed eventi meteorologici estremi sempre più gravi. I cambiamenti climatici contribuiscono anche alla straziante crisi dei migranti forzati. I poveri del mondo, che pure sono i meno responsabili dei cambiamenti climatici, sono i più vulnerabili e già ne subiscono gli effetti.

Come l’ecologia integrale mette in evidenza, gli esseri umani sono profondamente legati gli uni agli altri e al creato nella sua interezza. Quando maltrattiamo la natura, maltrattiamo anche gli esseri umani. Allo stesso tempo, ogni creatura ha il proprio valore intrinseco che deve essere rispettato. Ascoltiamo «tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (ibid., 49), e cerchiamo di comprendere attentamente come poter assicurare una risposta adeguata e tempestiva.

2. …perché abbiamo peccato

Dio ci ha donato la terra per coltivarla e custodirla (cfr Gen 2,15) con rispetto ed equilibrio. Coltivarla “troppo” – cioè sfruttandola in maniera miope ed egoistica –, e custodirla poco è peccato.

Con coraggio il caro Patriarca Ecumenico Bartolomeo ha ripetutamente e profeticamente messo in luce i nostri peccati contro il creato: «Che gli esseri umani distruggano la diversità biologica nella creazione di Dio; che gli esseri umani compromettano l’integrità della terra e contribuiscano al cambiamento climatico, spogliando la terra delle sue foreste naturali o distruggendo le sue zone umide; che gli esseri umani inquinino le acque, il suolo, l’aria: tutti questi sono peccati». Infatti, «un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio».[2]

Di fronte a quello che sta accadendo alla nostra casa, possa il Giubileo della Misericordia richiamare i fedeli cristiani «a una profonda conversione interiore» (Enc. Laudato si’, 217), sostenuta in modo particolare dal sacramento della Penitenza. In questo Anno Giubilare, impariamo a cercare la misericordia di Dio per i peccati contro il creato che finora non abbiamo saputo riconoscere e confessare; e impegniamoci a compiere passi concreti sulla strada della conversione ecologica, che richiede una chiara presa di coscienza della nostra responsabilità nei confronti di noi stessi, del prossimo, del creato e del Creatore (cfr ibid., 10; 229).

3. Esame di coscienza e pentimento

Il primo passo in tale cammino è sempre un esame di coscienza, che «implica gratitudine e gratuità, vale a dire un riconoscimento del mondo come dono ricevuto dall’amore del Padre, che provoca come conseguenza disposizioni gratuite di rinuncia e gesti generosi […]. Implica pure l’amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale. Per il credente, il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri» (ibid., 220).

A questo Padre pieno di misericordia e di bontà, che attende il ritorno di ognuno dei suoi figli, possiamo rivolgerci riconoscendo i nostri peccati verso il creato, i poveri e le future generazioni. «Nella misura in cui tutti noi causiamo piccoli danni ecologici», siamo chiamati a riconoscere «il nostro apporto, piccolo o grande, allo stravolgimento e alla distruzione dell’ambiente».[3] Questo è il primo passo sulla via della conversione.

Nel 2000, anch’esso un Anno Giubilare, il mio predecessore san Giovanni Paolo II ha invitato i cattolici a fare ammenda per l’intolleranza religiosa passata e presente, così come per le ingiustizie commesse verso gli ebrei, le donne, i popoli indigeni, gli immigrati, i poveri e i nascituri. In questo Giubileo Straordinario della Misericordia invito ciascuno a fare altrettanto. Come singoli, ormai assuefatti a stili di vita indotti sia da una malintesa cultura del benessere sia da un «desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno» (ibid., 123), e come partecipi di un sistema «che ha imposto la logica del profitto ad ogni costo, senza pensare all’esclusione sociale o alla distruzione della natura»,[4] pentiamoci del male che stiamo facendo alla nostra casa comune.

Dopo un serio esame di coscienza e abitati da tale pentimento, possiamo confessare i nostri peccati contro il Creatore, contro il creato, contro i nostri fratelli e le nostre sorelle. «Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci fa vedere il confessionale come un luogo in cui la verità ci rende liberi per un incontro».[5] Sappiamo che «Dio è più grande del nostro peccato»,[6] di tutti i peccati, compresi quelli contro la creazione. Li confessiamo perché siamo pentiti e vogliamo cambiare. E la grazia misericordiosa di Dio che riceviamo nel Sacramento ci aiuterà a farlo.

4. Cambiare rotta

L’esame di coscienza, il pentimento e la confessione al Padre ricco di misericordia conducono a un fermo proposito di cambiare vita. E questo deve tradursi in atteggiamenti e comportamenti concreti più rispettosi del creato, come ad esempio fare un uso oculato della plastica e della carta, non sprecare acqua, cibo ed energia elettrica, differenziare i rifiuti, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico e condividere un medesimo veicolo tra più persone, e così via (cfr Enc. Laudato si’, 211). Non dobbiamo credere che questi sforzi siano troppo piccoli per migliorare il mondo. Tali azioni «provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente» (ibid., 212) e incoraggiano «uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo» (ibid., 222).

Ugualmente il proposito di cambiare vita deve attraversare il modo in cui contribuiamo a costruire la cultura e la società di cui siamo parte: infatti «la cura per la natura è parte di uno stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione» (ibid., 228). L’economia e la politica, la società e la cultura non possono essere dominate da una mentalità del breve termine e dalla ricerca di un immediato ritorno finanziario o elettorale. Esse devono invece essere urgentemente riorientate verso il bene comune, che comprende la sostenibilità e la cura del creato.

Un caso concreto è quello del “debito ecologico” tra il Nord e il Sud del mondo (cfr ibid., 51-52). La sua restituzione richiederebbe di prendersi cura dell’ambiente dei Paesi più poveri, fornendo loro risorse finanziarie e assistenza tecnica che li aiutino a gestire le conseguenze dei cambiamenti climatici e a promuovere lo sviluppo sostenibile.

La protezione della casa comune richiede un crescente consenso politico. In tal senso, è motivo di soddisfazione che a settembre 2015 i Paesi del mondo abbiano adottato gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, e che, a dicembre 2015, abbiano approvato l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, che si pone l’impegnativo ma fondamentale obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale. Ora i Governi hanno il dovere di rispettare gli impegni che si sono assunti, mentre le imprese devono fare responsabilmente la loro parte, e tocca ai cittadini esigere che questo avvenga, anzi che si miri a obiettivi sempre più ambiziosi.

Cambiare rotta quindi consiste nel «rispettare scrupolosamente il comandamento originario di preservare il creato da ogni male, sia per il nostro bene sia per il bene degli altri esseri umani».[7] Una domanda può aiutarci a non perdere di vista l’obiettivo: «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?» (Enc. Laudato si’, 160).

5. Una nuova opera di misericordia

«Niente unisce maggiormente con Dio che un atto di misericordia – sia che si tratti della misericordia con la quale il Signore ci perdona i nostri peccati, sia che si tratti della grazia che ci dà per praticare le opere di misericordia in suo nome».[8]

Parafrasando san Giacomo, «la misericordia senza le opere è morta in se stessa. […] A causa dei mutamenti del nostro mondo globalizzato, alcune povertà materiali e spirituali si sono moltiplicate: diamo quindi spazio alla fantasia della carità per individuare nuove modalità operative. In questo modo la via della misericordia diventerà sempre più concreta».[9]

La vita cristiana include la pratica delle tradizionali opere di misericordia corporali e spirituali.[10] «Di solito pensiamo alle opere di misericordia ad una ad una, e in quanto legate ad un’opera: ospedali per i malati, mense per quelli che hanno fame, ostelli per quelli che sono per la strada, scuole per quelli che hanno bisogno di istruzione, il confessionale e la direzione spirituale per chi necessita di consiglio e di perdono… Ma se le guardiamo insieme, il messaggio è che l’oggetto della misericordia è la vita umana stessa nella sua totalità».[11]

Ovviamente la vita umana stessa nella sua totalità comprende la cura della casa comune. Quindi, mi permetto di proporre un complemento ai due tradizionali elenchi di sette opere di misericordia, aggiungendo a ciascuno la cura della casa comune.

Come opera di misericordia spirituale, la cura della casa comune richiede «la contemplazione riconoscente del mondo» (Enc.Laudato si’, 214) che «ci permette di scoprire attraverso ogni cosa qualche insegnamento che Dio ci vuole comunicare» (ibid., 85). Come opera di misericordia corporale, la cura della casa comune richiede i «semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo […] e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore» (ibid., 230-231).

6. In conclusione, preghiamo

Nonostante i nostri peccati e le spaventose sfide che abbiamo di fronte, non smarriamo mai la speranza: «Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato [...] perché si è unito definitivamente con la nostra terra, e il suo amore ci conduce sempre a trovare nuove strade» (ibid., 13; 245). In particolare il 1° settembre, e poi per tutto il resto dell’anno, preghiamo:

«O Dio dei poveri,
aiutaci a riscattare gli abbandonati 
e i dimenticati di questa terra
che tanto valgono ai tuoi occhi. […]
O Dio d’amore, mostraci il nostro posto in questo mondo
come strumenti del tuo affetto per tutti gli esseri di questa terra» (ibid., 246).
O Dio di misericordia, concedici di ricevere il tuo perdono
e di trasmettere la tua misericordia in tutta la nostra casa comune.
Laudato si’.
Amen.

Dal Vaticano, 1 settembre 2016

[2] Discorso a Santa Barbara, California (8 novembre 1997).
[3] Bartolomeo I, Messaggio per la Giornata di preghiera per la salvaguardia del creato (1 settembre 2012).
[7] Bartolomeo I, Messaggio per la Giornata di preghiera per la salvaguardia del creato (1° settembre 1997).
[10] Quelle corporali sono: dar da mangiare agli affamati; dar da bere agli assetati; vestire gli ignudi; alloggiare i pellegrini; visitare gli infermi; visitare i carcerati; seppellire i morti. Quelle spirituali sono: consigliare i dubbiosi; insegnare agli ignoranti; ammonire i peccatori; consolare gli afflitti; perdonare le offese; sopportare pazientemente le persone moleste; pregare Dio per i vivi e per i morti.




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