Centinaia di bambini e bambine di Aleppo, cristiani e musulmani, si incontreranno il 6 ottobre, per chiedere con le loro preghiere che nella città martoriata in cui vivono, e in tutta la Siria, si fermi la spirale di morte scatenatasi in questi ultimi giorni con particolare crudeltà proprio sui più piccoli e inermi. Lo riferisce all'Agenzia Fides l'Arcivescovo Boutros Marayati, alla guida dell'arcieparchia armena cattolica di Aleppo. L'iniziativa, partita su impulso dei Padri Francescani, coinvolgerà in primo luogo gli alunni delle scuole. Metteranno anche le loro firme e le loro impronte su un appello per chiedere ai potenti del mondo di por fine alle stragi che si accaniscono con particolare crudeltà sui bambini, che in tutte le guerre sono i più vulnerabili. “Ma soprattutto pregheranno. Pregheranno per tutti i loro coetanei. E confidiamo nel fatto che la preghiera dei bambini è più potente della nostra”, aggiunge l'Arcivescovo Marayati.
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L’Arcivescovo maronita della città martire: «C’è chi dice ai cristiani in Medio Oriente: siete così pochi, che state a fare ancora lì, non vale la pena, venite via. Invece è importante che rimanga una presenza reale cristiana, lì dove c’è stata per millenni. Anche se è un piccolo resto, il resto d’Israele»
Coi suoi 45 anni, il maronita Joseph Tobji è ancora nella lista dei trenta vescovi più giovani del mondo. Chiamato a guidare l’arcidiocesi maronita di Aleppo, la città martire da dove quasi ogni giorno, da quasi cinque anni, arrivano le immagini di corpi straziati e di palazzi sventrati. Di bambini che giocano tra le macerie, bambini che muoiono sotto bombe e granate, e altri bambini che pregano affinché finisca la “guerra sporca”. «Confidiamo nel fatto che le loro preghiere sono più potenti delle nostre», ha detto un altro arcivescovo di Aleppo, l'armeno cattolico Boutros Marayati, accennando dei bambini aleppini, cristiani e musulmani, che il prossimo 6 ottobre si incontreranno per chiedere con la preghiera la liberazione della loro città dalla spirale di morte che l'avvolge.
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Avendo avuto occasione di visitare la città un paio d’anni prima dello scoppio della guerra, Aleppo non è per me qualcosa di remoto. Sono luoghi ed edifici conosciuti, monumenti ammirati, gente incontrata. Perciò la notizia, diffusasi ieri, della ripresa dei bombardamenti aerei sui suoi quartieri orientali mi tocca anche personalmente.
Tuttavia, più che mai in questa guerra, l’informazione è così strumentalizzata e distorta che in fin dei conti ancora una volta l’unica cosa certa è che le sofferenze degli abitanti della città non accennano a finire; che il mistero del male di cui la strage degli innocenti è paradigma non cessa di riproporsi. Sappiamo, insomma, che Aleppo è di nuovo un campo di battaglia. Al di là di questo dato complessivo tutto il resto è confuso ed incerto, fermo restando un fatto sin qui sempre confermato: il grosso delle notizie sulle sofferenze dei civili a causa dei bombardamenti e dei cannoneggiamenti proviene dai quartieri orientali sotto il controllo degli “insorti”.
Delle bombe e dei tiri di mortaio che invece prendono di mira i quartieri occidentali sotto il controllo dei governativi, dove tra l’altro vive la maggior parte dei cristiani, si sa poco, tardi e male.
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