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mercoledì 25 marzo 2015

«Chiediamo la grazia di accettare i momenti difficili». - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano

24 marzo 2015
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.



Papa Francesco:
“Apriamo il cuore alla salvezza di Dio, senza condizioni”

Quanti si dicono cristiani ma non accettano «lo stile» con cui Dio vuole salvarci? Sono quelli che Papa Francesco ha definito «cristiani sì, ma...», incapaci di comprendere che la salvezza passa per la croce. E Gesù sulla croce — ha spiegato il Pontefice nell’omelia della messa celebrata a Santa Marta martedì 24 marzo — è proprio «il nocciolo del messaggio della liturgia di oggi».

Nel brano evangelico di Giovanni (8, 21-30), Gesù dice: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo...» e, preannunciando la sua morte in croce, ricorda il serpente di bronzo che Mosè fece innalzare «per guarire gli israeliti nel deserto» e di cui si legge nella prima lettura tratta dal libro dei Numeri (21, 4-9).
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Nella Scrittura si incontra «un popolo scontento» e, ha fatto notare Francesco, «lo sparlare è una via d’uscita di questa scontentezza». Nella loro scontentezza «si sfogavano, ma non si accorgevano che con questo atteggiamento si avvelenavano l’anima». Ecco quindi l’arrivo dei serpenti, perché «così, come il veleno dei serpenti, in questo momento, questo popolo aveva l’anima avvelenata».

Anche Gesù parla del medesimo atteggiamento, di «questo modo di essere non contento, non soddisfatto».
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Ha sottolineato Francesco: «Non accettare il dono di Dio col suo stile, quello è il peccato; quello è il veleno; quello ci avvelena l’anima, ti toglie la gioia, non ti lascia andare».

E «come risolve il Signore questo? Con lo stesso veleno, con lo stesso peccato»: cioè «lui stesso prende su di sé il veleno, il peccato e viene innalzato». Così guarisce «questo tepore dell’anima, questo essere cristiani a metà», questo essere «cristiani sì, ma...». La guarigione, ha spiegato il Papa, viene solo «guardando la croce», guardando Dio che assume i nostri peccati: «il mio peccato è lì». Invece «quanti cristiani muoiono nel deserto della loro tristezza, della loro mormorazione, del loro non volere lo stile di Dio». Questa la riflessione per ogni cristiano: mentre Dio «ci salva e ci mostra come ci salva», io «non sono capace di tollerare un po’ una strada che non mi piace tanto». È «quell’egoismo che Gesù rimproverava alla sua generazione», la quale diceva di Giovanni Battista: «Ma no, era un indemoniato». E quando è ventuo il Figlio dell’uomo lo ha definito un “mangione” e un “beone”. «Ma chi vi capisce?», ha detto il Papa aggiungendo: «Anche io, con i miei capricci spirituali davanti alla salvezza che mi dà Dio, chi mi capisce»?

Ecco allora l’invito ai fedeli: «Guardiamo il serpente, il veleno lì nel corpo di Cristo, il veleno di tutti i peccati del mondo e chiediamo la grazia di accettare i momenti difficili; di accettare lo stile divino di salvezza; di accettare anche questo cibo così leggero del quale si lamentavano gli ebrei»: la grazia, cioè, «di accettare le vie per le quali il Signore mi porta avanti». Francesco ha concluso augurandosi che la Settimana santa «ci aiuti ad uscire da questa tentazione di diventare “cristiani sì, ma...”».

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