Lo scandalo della bellezza
di Laura Silvia Battaglia
Irresponsabilità. Mancanza di preparazione. Faciloneria. Ragazzata. Così, molti italiani, dai giornalisti che si definiscono più esperti e preparati in geopolitica fino all’utente medio dei social, commentano, sintetizzano, giudicano, liquidano la vicenda delle due ragazze italiane Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, attualmente rapite in Siria e, secondo le fonti ufficiali, in mano da più di sette giorni a briganti comuni.
Metto da parte in questa sede la personale conoscenza delle due ragazze, di cui ho un ricordo splendido di un pomeriggio passato a parlare di fatti gravissimi mangiando panzerotti da Luini, a Milano, condividendo i loro entusiasmi e ammirandole fortemente per tutto quanto facevano e hanno fatto finora per i siriani in fuga dal loro Paese o colpiti irrimediabilmente da questo abominevole conflitto. Metto da parte e rovisto nella memoria.
E qui, mi sovviene tutte le volte in cui, vittime di qualche rapimento oppure di morte violenta, siano state donne (cooperanti oppure giornaliste). Donne giovani e soprattutto belle. E quando leggo i commenti dialcuni colleghi maschi, soprattutto paludati, soprattutto bene inseriti nei buoni giri diplomatici che contano, soprattutto amici di ambasciatori, generali Nato e servizi segreti, mi sembra di avere un deja entendu.
Su queste ragazze, in modalità di poco differenti, mi sembra di risentire quanto già ascoltato per la morte di Maria Grazia Cutuli e, in forme diverse e più sfumate, da parte di qualche noto avvocato, per l’assassinio di Ilaria Alpi. Irresponsabilità. Mancanza di preparazione. Rischio. Faciloneria. A cui vanno ad aggiungersi le ipotesi di violenza, stupro; lo scavo nella vita privata, negli amori possibili o immaginati e immaginari.
Non mi sembra di avere sentito gli stessi commenti, letto le stesse volgari, pesantissime considerazioni per Giovanni Lo Porto, cooperante rapito in Pakistan dal 19 gennaio del 2012 e ancora non liberato. Un giovane uomo piuttosto bello e affascinante. Non mi sembra di averle sentite per i cinque medici di Msf liberati recentemente e nemmeno per la vicenda dei quattro colleghi rapiti in Siria.
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Si può sempre misurare tutto con il metro di chi è seduto davanti alla televisione, riceve una notizia e pontifica? Perché vi accanite sempre sulle donne giovani, belle, amanti della vita, piene di entusiasmo per gli esseri umani e la loro attività, che lavorano alacremente per dare voce a chi non ne ha, senza attendersi alcun ritorno abbondantemente materiale?
Per coloro che, a cose fatte, fanno queste considerazioni, ne facciamo una noi. Ed è questa, scritta anche a costo di sembrare ridicolmente evangelica. Per voi i buoni sono sempre stupidi e perdenti. In realtà li invidiate. Invidiate il loro coraggio, la loro determinazione, la capacità di farsi carico di problemi che non li toccano direttamente con la stessa forza ed entusiasmo che fossero stati problemi loro. E se sono donne, invidiate la loro bellezza, fisica e interiore. E se sono giovani, invidiate la loro gioventù.
Ne aveste un grammo, voi, di tutte queste cose, voi che vi tenete stretto sempre il vostro portafogli, che siete bravi ad aderire alle cause di change.org o a scrivere grandi dispacci di geopolitica e non vi siete mai girati a guardare i siriani alla stazione centrale di Milano, a comprendere questi drammi pesantissimi, a rinunciare a un vestito nuovo per salvare una famiglia di otto persone.
Se ne aveste un grammo, almeno uno, voi vi chiudereste nel silenzio e preghereste, sperereste. Perché Greta e Vanessa sono le vostre figlie e le vostre sorelle. Potrebbero esserlo, potrebbero benissimo esserlo. Sono quelle che vi sarebbe forse piaciuto avere come figlie o come sorelle ma che non potrebbero mai nascere da un seme egoista e meschino come il vostro. Noi non vogliamo fare parte di questo circo e da oggi in poi scegliamo il silenzio, speriamo, preghiamo.
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Laura Silvia Battaglia (1974) giornalista professionista freelance e documentarista, è nata a Catania e vive tra Milano e Sanaa (Yemen). Corrisponde da Sanaa per l'agenzia video-giornalistica americano-libanese Transterra media, e per gli americani The Fair Observer eGuernica magazine. Per i media italiani, collabora stabilmente con quotidiani di carta stampata (Avvenire, La Stampa), network radiofonici (Radio Tre Mondo, Radio Popolare, Radio In Blu), televisione (Rai Tre Agenda del mondo, Rainews24), magazine (D Repubblica delle Donne, Popoli, Lookout, Terre di Mezzo), agenzie (Redattore Sociale), siti web (Tgcom, Lettera43), televisione (Rai Tre Agenda del mondo, Rainews24). E' caporedattore del sito www.assaman.info rivolto ai migranti senegalesi. Ha iniziato a lavorare nel 1998 per il quotidiano "La Sicilia" di Catania. Da alcuni anni, dopo una specializzazione per giornalisti in aree di crisi, si dedica al reportage in zone di confine e di conflitto etnico e/o religioso (Libano, Israele e Palestina, Gaza, Afghanistan, Kosovo, Serbia,Egitto, Tunisia, Libia, Iraq, Iran, Yemen, confini siriani) e cerca di raccontare l’altro attraverso la scrittura, i suoni, le immagini. Ha girato, autoprodotto e venduto cinque video documentari. Ha vinto il Premio Giancarlo Siani (2010) per il video Maria Grazia Cutuli. Il prezzo della verità, il Premio Anello Debole (2008) per il corto Latin kings. I re della strada, due volte il premio "Giornalisti del Mediterraneo" (2012-2013)con "Al-hurria, l'altra faccia della libertà" sulla guerra civile in Libia e con "Le donne di Abramo" sulle questioni di genere in Iraq. Ha vinto il premio Maria Grazia Cutuli 2013 come giornalista sicilia emergente. Dal 2007 insegna al Master in Giornalismo dell'Università Cattolica di Milano.