Enzo Baldoni fu ucciso presumibilmente il 26 agosto 2004, dieci anni fa. La data non è certa: era stato rapito pochi giorni prima in Iraq da un’organizzazione armata islamista che lo ammazzò dopo aver chiesto il ritiro dall’Iraq dei militari italiani. Aveva 56 anni.
Enzo Baldoni era andato in Iraq per una sua attitudine a cercare di conoscere e capire le cose...
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Lui sì che era un giornalista, uno di quelli veri! Parliamo di Enzo Baldoni, umbro di Città di Castello, assassinato in Iraq esattamente dieci anni fa mentre cercava di scoprire e raccontare la verità su una sporca guerra sulla quale troppi hanno versato fiumi di retorica, fino ad arrivare a definirla pomposamente “missione di pace”. Ma quale pace, ma quale missione: quella in Iraq è stata un’invasione a tutti gli effetti, un conflitto lurido e devastante di cui paghiamo tuttora le conseguenze: noi occidentali, alle prese con le minacce del fondamentalismo islamico che prima non c’era o, comunque, era tenuto a bada mentre oggi è il “dominus” dell’intera regione, e la popolazione civile di quel martoriato paese, passata dal regime sanguinario di Saddam al caos e all’instabilità politica più assoluta, in cui a farla da padroni sono i tagliagole dell’ISIS e altri gruppi di farabutti simili a quelli che dieci anni fa assassinarono un giornalista che rifiutava le verità ufficiali e preferiva andare a vedere di persona cosa stesse accadendo da quelle parti, ben sapendo di rischiare la vita.
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Baldoni sapeva e scriveva, dicendo le cose come stanno realmente con la cruda brutalità di chi detesta le edulcorazioni ipocrite e, alla fine, riesce sempre a strapparti un sorriso, a indurti a riflettere, a farti sentire protagonista di un dramma collettivo che è anche il nostro, benché molti di noi non se ne rendano conto, illusi come siamo che l’Iraq sia lontano, la Siria pure e che i profughi che sbarcano a centinaia sulle nostre coste, quando non annegano nel Mediterraneo, vengano da misteriosi paesi lontani e non da quelle stesse terre in cui si è consumata la strage di Nassiriya, lo scempio di Abu Ghraib, l’uccisione di decine di giornalisti coraggiosi e indipendenti e l’eccidio di centinaia di migliaia di civili innocenti, assassinati prima dalle bombe occidentali e poi dagli attentati del fondamentalismo jihadista, frutto della rabbia, dell’ignoranza e del vuoto di potere e di speranza che si è venuto a creare in tutto il Medio Oriente. Ecco, Enzo Baldoni era un uomo che conosceva molto bene il valore della speranza, solo che si faceva portavoce di una speranza realista e consapevole, informata e ricca di idee, di umanità, di dolore: quella sofferenza e quella disperazione autentiche che Enzo raccontava senza mai indulgere nella fastidiosa retorica del vittimismo o del piagnisteo interessato. La sua speranza, in poche parole, derivava dall’evidenza del male, dalla descrizione della ferocia e dell’abiezione umana nel loro dispiegarsi quotidiano, riprendendo quel concetto di “banalità del male” descritto da Hannah Arendt ma oggi sconosciuto ai più.
Come detto, Baldoni era uno di quei giornalisti veri, uno di quei cronisti che mettevano al centro delle loro cronache la dignità dei popoli e delle persone, il rispetto verso i più deboli, la pietà verso lo strazio di chi ha perso tutto e il desiderio di conoscere e di comprendere le ragioni dell’altro, senza paraocchi, pregiudizi e quell’insopportabile senso di superiorità che spesso caratterizza noi occidentali...
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Dieci anni fa, era il 26 agosto 2004, veniva ucciso da un gruppo di guerriglieri islamici il pubblicitario milanese Enzo Baldoni, in Iraq come giornalista freelance per il settimanale Diario . Nell'anniversario di una morte un po' dimenticata, a tenere alto il ricordo è la moglie Giusi Bonsignore...
Leggi tutto: Giusi Bonsignore: "Enzo fu abbandonato e denigrato"