Verso l'unità tra le chiese sorelle
di Enzo Bianchi
Oggi viene scritto un altro capitolo del Tomos agapis, di quel “libro dell’amore” che Paolo VI e Athenagoras iniziarono a redigere cinquant’anni fa. Avevano raccolto i primi germogli del lavoro e della preghiera di pochi coraggiosi pionieri che avevano intuito come solo l’unità dei cristiani avrebbe potuto rendere credibile l’annuncio del vangelo nel mondo contemporaneo.
Il vescovo di Roma e il patriarca di Costantinopoli avevano anche fatto tesoro dell’eredità lasciata da papa Giovanni e dato voce all’anelito che nel concilio stava prendendo forma ed espressione. Oggi a Gerusalemme un altro successore di Pietro e un altro successore di suo fratello Andrea si incontrano non per una semplice celebrazione commemorativa di un anniversario, ma perché – come dice il patriarca Bartholomeos – “la storia non deve essere dimenticata: può diventare maestra nel presente”.
E non dimenticare la storia significa sì non ignorare il millennio di divisione, di contrapposizioni, di accuse o di diffidenze reciproche, ma significa anche riconoscere che oggi l’atteggiamento di fondo nei rapporti tra cattolici e ortodossi è profondamente mutato. Basterebbe riascoltare le parole scambiate tra Paolo VI e Athenagoras nel colloquio privato (registrato solo per un disguido tecnico) - «Nessuna questione di prestigio, di primato, che non sia quello... stabilito da Cristo.
Ma assolutamente nulla che tratti di onori, di privilegi. Vediamo quello che Cristo ci chiede e ciascuno prende la sua posizione; ma senza alcuna umana ambizione di prevalere, d’aver gloria, vantaggi. Ma di servire» - per capire come Bartholomeos possa affermare che “gli ortodossi non percepiscono ora nell’istituzione papale nessun tratto di prepotenza, quella che in passato aveva molto ostacolato i rapporti tra cattolici e ortodossi”.
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Sì, molto cammino è stato fatto in questi cinquant’anni – talora con esitazioni o timori, talaltra con maggiore o minore calore e convinzione, altre volte ancora incespicando in contraddizioni più o meno consapevoli – e molto ne resta ancora da fare, non certo più agevole. Papa Francesco e il patriarca Bartholomeos, così come quanti accanto a loro da anni tessono giorno dopo giorno rapporti di fraterna fiducia, ne sono pienamente consapevoli: “moltissima strada resta da compiere e il percorso pare essere lungo”, ma di fronte alle esigenze del vangelo “riconosciamo di non avere altra alternativa”. L’invito del patriarca Bartholomeos è in piena sintonia con il cuore e l’agire di papa Francesco: entrambi chiedono che tutti i cristiani vogliano “camminare insieme con loro in questo viaggio verso la riconciliazione” e pregano affinché questo si realizzi. Oggi affrontiamo insieme a loro una tappa decisiva di questo pellegrinaggio.
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Enzo Bianchi racconta la Terra santa