Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



lunedì 19 maggio 2014

Meriam Yehya Ibrahim: "Ciò che sappiamo" di Marco Tarquinio - "Meriam, martire cristiana" di Enzo Bianchi

Conosciamo appena il volto di Meriam, giovane madre cristiana ortodossa in attesa di un figlio e dell’impiccagione. L’ha condannata un giudice sudanese, e il capo di imputazione è «apostasia dell’islam».
Conosciamo appena anche il volto di Daniel, il suo sposo e anche lui cristiano: sono insieme in una foto sbiadita. Un marito che non può più essere tale, che anzi non lo è mai stato, perché un giudice che applica la sharia ha deciso che sua moglie è "islamica" per nascita e dunque manifestamente "adultera" (in quanto madre e futura madre, e dunque meritevole prima di essere messa a morte di cento colpi di frusta). Adultera perché un’islamica non può essere sposa di un cristiano. Islamica, anche se battezzata, perché l’uomo che l’ha generata era musulmano...
Leggi tutto: Ciò che sappiamo di Marco Tarquinio

“Il martire non sceglie la morte ma un modo di vivere, come Gesù”. Ritorno a questa frase lapidaria di un caro amico presbitero ogni volta che, ormai sempre più spesso, sono raggiunto dalla notizia di un cristiano ucciso per la propria fede. Così il rifiuto di Meriam Yehya Ibrahim – cristiana ortodossa sudanese, incinta di otto mesi, in carcere con l’altro figlio di 20 mesi – a rinnegare la propria fede per evitare la condanna a morte mi appare in tutta la sua valenza di luminosa emblematicità.
Da un lato vi è la tentazione di dimenticare che in questo nostro secolo, con la fine della cristianità, sono ritornati i martiri: abbiamo assistito e continuiamo ad assistere a una nuova ondata di martiri, quale non si è mai registrata a partire dal iv secolo, che avviene in una grande trasparenza, senza ambiguità del segno. D’altro lato rischiamo di accomunare la perdita di alcuni privilegi o l’ostilità conosciute dai cristiani in alcuni paesi occidentali alle persecuzioni violente che subiscono fratelli e sorelle nella fede in altre parti del mondo.
Così facendo non solo manchiamo di rispetto verso la fermezza con cui costoro affrontano le prove, ma perdiamo l’opportunità di cogliere in profondità il senso del martire cristiano. Il cristiano ama la vita e non la disprezza, non cerca il martirio come autoimmolazione e nemmeno come perseguimento di una santità eroica, ma di fronte all’esplicita richiesta di rinnegare la propria fede con le parole o con azioni contrarie alle esigenze del vangelo, può giungere ad offrire la vita fino a morire, sull’esempio del suo Signore.
A volte, come in questo caso, le circostanze della persecuzione sono particolarmente aberranti, altre volte il silenzio, l’oblio, la “normalità” avvolgono sofferenze e morte inflitte a motivo della propria fede, ma l’atteggiamento del martire cristiano non muta: chiamato ad amare i nemici, a perdonare i persecutori, sull’esempio di Gesù, fa di questa morte violenta un gesto di vita e di amore. Un gesto di cui magari pochi o nessuno verrà a conoscenza, parole di perdono che non sempre qualcuno saprà ascoltare o tramandare, momenti di angoscia e di dolore lacerante che nessuno saprà lenire, ma anche attimi di grandezza umana e spirituale, raggi di luce nel buio della disumanità...
Leggi tutto: Meriam, martire cristiana di Enzo Bianchi

Leggi anche il nostro post precedente: