Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



venerdì 21 novembre 2025

Il Papa sulla Tomba di san Francesco: una visita privata nel segno della pace e della fraternità


***********

Il Papa sulla Tomba di san Francesco:
una visita privata nel segno della pace e della fraternità

Leone XIV si è raccolto in preghiera sulla tomba del Poverello. Davanti ai frati del Sacro Convento ha richiamato l’attualità del messaggio francescano in vista del centenario del 2026. «Siate segni di speranza e riconciliazione», l’invito del Pontefice


Giovedì mattina Papa Leone XIV ha compiuto una visita privata alla Tomba di san Francesco, fermandosi in un momento di intensa preghiera silenziosa davanti al sepolcro. La visita, semplice e raccolta, si è svolta alla presenza della comunità dei frati del Sacro Convento, radunati accanto al Pontefice nello stesso clima di meditazione.

In vista del grande anniversario della morte di san Francesco, che la Chiesa celebrerà nel 2026, il Santo Padre ha richiamato la forza attuale della testimonianza del Poverello: un uomo di fraternità, pace e speranza, valori di cui il mondo continua a essere assetato. Leone XIV ha incoraggiato i frati, custodi della sua memoria, a restare segni viventi di questo spirito, portando nel mondo un messaggio di riconciliazione.

Fra Giulio Cesareo, OFMConv, direttore dell’Ufficio comunicazione del Sacro Convento, ha espresso la gratitudine della comunità subito dopo la partenza del Pontefice: «Abbiamo sperimentato una gioia immensa nell'accogliere il Santo Padre qui nella cripta. Dopo aver pregato in silenzio dinanzi alla tomba di Francesco, ci ha rivolto una parola di grande conforto, ricordandoci che ci stiamo preparando al grande anniversario della morte di Francesco. Ci ha esortato a continuare a essere, attraverso la nostra vita, quei segni di speranza, pace e fraternità di cui il mondo ha tanto bisogno. Siamo profondamente grati a papa Leone per questo invito a proseguire con fede e serietà la nostra missione, camminando insieme verso il centenario francescano».

La visita del Pontefice diventa così un incoraggiamento per l’intera famiglia francescana e per tutti i fedeli a riscoprire la figura di san Francesco come guida per costruire ponti di dialogo e seminare pace in un’umanità che cerca ancora luce
(fonte: Famiglia Cristiana 20/11/2025)

***********

Guarda il video

***********


Vito Mancuso Nel nome del padre

Vito Mancuso
Nel nome del padre


La Stampa domenica 9 novembre 2025

La figura storica di Gesù, e quella religiosa di Cristo vanno esaminate separatamente ma costituiscono due dimensioni comunicanti che si ritrovano in ognuno di noi.

Gesù nacque a Nazaret; Cristo a Betlemme. Gesù aveva un padre terreno; Cristo era il Figlio unigenito del Padre celeste. Gesù aveva quattro fratelli e un numero imprecisato di sorelle; Cristo era figlio unico. Gesù ebbe come maestro Giovanni il Battista; Cristo era cugino del Battista e non aveva bisogno di nessun maestro. Gesù non si capisce senza il Battista; Cristo non si capisce senza Pietro e senza Paolo …

Nessuno di noi ha incontrato Gesù; tutti noi abbiamo incontrato Cristo. Gesù è sconosciuto; Cristo è conosciutissimo. Di Gesù ben pochi parlano e coltivano la spiritualità; di Cristo ogni giorno sulla terra si proclama la natura divina affermando che è «della stessa sostanza del Padre» e si celebra il memoriale della morte e risurrezione, dichiarando di attenderne la venuta: «Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta» (anche se di fatto, ormai, pressoché nessuno attende tale sua venuta).

Alla luce di queste affermazioni, che nel corso del libro verranno tutte documentate, deriva quanto segue: che Gesù e Cristo sono due personaggi diversi. Il che si contrappone alla comune interpretazione bimillenaria che fa di loro una cosa sola, tanto che i più intendono Gesù Cristo come nome e cognome. Ma Gesù e Cristo sono due personaggi diversi. E in quanto tali, rimandano a due religioni altrettanto diverse. La prima tramontò ben presto rimanendo pressoché sconosciuta; la seconda ebbe un successo mondiale divenendo la più diffusa del pianeta. La prima è il gesuanesimo, la religione di Gesù. La seconda è il cristianesimo, la religione fondata successivamente dai suoi discepoli, tra i quali emergono Pietro di Betsàida e Paolo di Tarso.

Gesù è un nome ebreo; Cristo è un nome greco. Ma non è solo una questione di nomi. I nomi sono così importanti proprio perché non è quasi mai solo questione di nomi, in quanto essi portano sempre con sé già nella loro esteriorità il sapore e il valore del contenuto. Gesù-Cristo è l’unione teoreticamente impossibile, e tuttavia da duemila anni storicamente esistente, di una spiritualità ebraica e di una spiritualità greca. Questa unione innaturale costituì la religione in cui l’Occidente per molti secoli credette e su cui fondò la propria civiltà. Atene e Gerusalemme ne costituirono l’anima, Roma il corpo.

Oggi non è più così. Oggi la maggior parte degli occidentali si dice del tutto serenamente non-cristiana. Oggi in questo Occidente (di cui non pochi abitanti neppure sono disposti ad ammettere un’identità culturale comune, tale da plasmare, non dico una civiltà, ma almeno una base per l’etica e la convivenza sociale), il progressivo declino del cristianesimo è un dato di fatto sotto gli occhi di tutti e un processo, a mio avviso, inarrestabile. Gli occidentali avranno sempre meno a che fare con il cristianesimo, di cui non conoscono la dottrina e la storia, non frequentano i riti, non ne leggono il libro sacro, non accettano i valori, ignorano le preghiere. Dal punto di vista religioso qui in Occidente siamo di fatto in una situazione descrivibile come «post-cristiana».

La volontà di illustrare questa condizione e di concorrere in parte a risanarla è la causa che mi ha portato a scrivere questo libro, nella speranza che esso possa contribuire a quella che Teilhard de Chardin chiamava «Religione a misura della nuova Terra» di cui il nostro tempo ha urgente bisogno, anche se non lo sa. Rispetto a essa il teologo e scienziato gesuita scriveva: «Continuo a credere che sia il Cristianesimo – purché opportunamente pensato e ripensato – a contenerla in nuce». Io aggiungo che tale ripensamento non può che essere radicale, ed è in questa prospettiva che ho scritto questo libro.

Lo scopo perseguito da questo libro è duplice: storico e teologico. A livello storico esso consiste nel liberare Gesù da tutte le indebite sovrapposizioni subite dalla sua figura, riportandone alla luce, per quanto possibile, la forma genuina.

A livello teologico lo scopo consiste invece nel mostrare che le sovrapposizioni operate lungo la storia creando il personaggio Cristo, per quanto storicamente indebite e talora anche spiritualmente dannose, avevano una loro necessità e costituirono nonostante tutto un passo in avanti. Il punto, infatti, è che Gesù e Cristo, la Storia e l’Idea, non si escludono a vicenda, non sono tra loro per nulla incompatibili; anzi, dato che rappresentano due dimensioni costitutive di ognuno di noi, Gesù e Cristo hanno in realtà bisogno l’uno dell’altro, così come ognuno di noi ha bisogno sia della Storia sia dell’Idea.

Il mio scopo, quindi, non consiste nel separare definitivamente Gesù e Cristo distruggendo la loro bimillenaria simbiosi, come molti hanno fatto e continuano a fare; consiste piuttosto nel separarli per poi ricostruirne la simbiosi su basi nuove, in modo che torni a essere accettabile per la coscienza contemporanea. È come se si trattasse di una delicata operazione chirurgica nella nostra interiorità per la quale prima si deve usare il bisturi per aprire e dividere, poi l’ago e il filo per ricucire e richiudere. Sono convinto infatti di due cose: che il modo tradizionale della configurazione di quella simbiosi oggi per noi non è più sostenibile; ma che di essa, in quanto unione di Storia e Idea, noi abbiamo strutturalmente bisogno.

Abbiamo bisogno sia dell’esattezza della Storia sia della speranza dell’Idea; abbiamo bisogno sia di sapere come andarono realmente le cose, sia di sapere come farle andare avanti noi qui e ora, trovando le energie necessarie alla mente e al cuore. La Storia senza l’Idea veicolata dal mito (non solo in ambito religioso ma anche filosofico e politico) è un insieme di pietre scomposte simili ai ruderi di un sito archeologico abbandonato; l’Idea senza la Storia è calce viva che brucia gli occhi causando cecità e superstizione. È solo dall’unione di pietre e di calce che si può costruire la casa della mente che ha bisogno di capire e al contempo la casa del cuore che ha bisogno di sperare. Il compito della storiografia è di generare comprensione, il compito della teologia è di generare speranza; ma occorre che quest’ultima lo faccia in modo compatibile con la comprensione acquisita. Gesù è storia, Cristo è idea: i due personaggi e i rispettivi ambiti vanno rigorosamente distinti, ma al contempo armoniosamente integrati.
(fonte: sito dell'autore)

Le famiglie italiane e l’“economia della rinuncia”

Le famiglie italiane e
 l'“economia della rinuncia”

(Foto di Dipartimento Politiche per la Famiglia)

Nel 2024 il 60% della popolazione ha sofferto di ansia e stress. E tra le cause troviamo la salute in famiglia (45,2%), le difficoltà economiche (34,7%) e i problemi lavorativi (32,2%). Il benessere personale, la gestione della casa e la salute sono le prime tre voci di spesa a cui le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare. Intanto, le case sono sempre più digitali: il 58% dei nuclei con figli fa uso di ChatGPT quotidianamente. Sono alcuni dei dati del report annuale presentato nei giorni scorsi dal Centro Internazionale Studi Famiglia (https://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/), dal titolo “Il fragile domani. La famiglia alla prova della contemporaneità”, realizzato in collaborazione con la società Eumetra su un campione di 1.600 famiglie italiane. Dal Report 2025 emerge come la maggior parte delle famiglie italiane si trovi nella categoria economica intermedia. Da qui l’indagine sulle “economie della rinuncia”, ossia le spese che le famiglie italiane non sono riuscite a sostenere nel corso del 2024: il 32,5% ha dovuto rinunciare alle spese dedicate al benessere personale e tempo libero; il 32,4% alle spese per la casa; mentre il 18,5% alle spese sanitarie. Dal punto di vista della salute, emerge una diffusa “vulnerabilità psicologica”: mentre oltre un terzo della popolazione (35,2%) segnala almeno un problema di salute, il 60% dichiara di soffrire di ansia e stress (24,9% “spesso”; 37,3% “a volte”). A causarli, per il 45% del campione sono i problemi di salute personali e familiari, per il 34,7% i problemi economici, per il 32,2% i problemi lavorativi. Infine, secondo l’indagine, il bisogno di migliorare il proprio benessere psichico è decisamente sentito: sempre nel corso del 2024, 4 persone su 10 hanno ricercato supporto o avrebbero voluto farlo, per ansia, depressione e stress. E il futuro non appare certamente roseo: in merito all’Italia e al mondo, il 57% degli italiani esprime un orientamento decisamente pessimista (“peggiorerà”), mentre sulla propria famiglia troviamo previsioni meno sbilanciate, con il 56,7% del campione che lo prevede stabile.

Il rapporto evidenzia come i nostri giovani si muovano tra solitudine e difficoltà economiche. Dal punto di vista economico un dato da rilevare è come il 74,1% dei giovani-adulti ancora residenti nella famiglia d’origine si trovi in una condizione di basso o medio-basso status socioeconomico. Per coloro che invece sono riusciti a crearsi una propria indipendenza, uno dei principali fatti di sofferenza identificato è la solitudine (mangiare da soli, vivere da soli e sentirsi soli) intesa come assenza di reti sociali e un “dispositivo strutturale di vulnerabilità emotiva che condiziona profondamente il benessere personale”. C’è poi la difficoltà a costruire una famiglia, nucleo che si viene a formare in età più adulta quando, in contemporanea, la famiglia di origine avanza con l’età e i genitori (futuri nonni) richiedono a loro volta attenzioni e cura. Ecco la nascita della “generazione sandwich”, fortemente esposta a criticità e rischi: nel campione dell’indagine CISF 2025, quasi una famiglia con figli su due (il 42,6%) è interessata anche da compiti di caregiving nei confronti dei familiari non autosufficienti, di cui il 53% dichiara di sentirsi sopraffatta con più frequenza dalle responsabilità di caregiving rispetto ai compiti genitoriali. Se per il 58,7% del campione, il figlio unico sta lentamente diventando prevalente nella struttura familiare – anche monogenitoriale – l’animale domestico sta diventando parte integrante della famiglia: il 59,8% dichiara di avere almeno un animale domestico, dato che sale al 71% per coppie con figli e 74,9% per nuclei monogenitoriali. Una scelta vista come “domanda di legame”, frutto di un vero e proprio bisogno relazionale, ma anche la nascita di fenomeni come il “dog parenting”, in cui l’animale rischia di essere assimilato a un figlio.

L’ultimo aspetto indagato dalla ricerca parte da una semplice domanda: quali sono gli ambiti della vita dei figli che generano timori nei genitori? Al secondo posto, dopo la gestione dei soldi (29,3%), troviamo l’uso delle tecnologie (21,7%). Da qui lo sviluppo dell’indagine: tra le famiglie con almeno un figlio minorenne, il conflitto causato dell’uso del cellulare diventa condizione presente per il 55,4% dei casi (d’altra parte non si tratta solo di un problema dei ragazzi: il conflitto si estende al coniuge per il 30,5% dei casi). E come si comportano i genitori? Il report ha fotografato degli stili educativi che vedono, sulla base della maggiore o minori permissività, un 36,7% di genitori “domatori”; 24,4% “disarmati”; 15,7% “accompagnatori”; 23,2% “liberi battitori”. Un dato molto rilevante, infine, è l’uso dell’intelligenza artificiale: in ambito domestico l’utilizzo di ChatGPT riguarda il 58,4% delle famiglie con almeno un minore, per attività informativa dei ragazzi ma anche scopi scolastici.

Qui la sintesi della ricerca: 
(fonte: Pressenza, articolo di Giovanni Caprio 19.11.25)


giovedì 20 novembre 2025

20 novembre: la giornata mondiale dei diritti dei bambini e degli adolescenti - II parte (Adolescenti)

20 novembre Giornata mondiale 
dei diritti dei bambini e degli adolescenti
II parte (Adolescenti)

****************

XVI Atlante dell’Infanzia:
l’adolescenza tra solitudine, disuguaglianze e AI


La XVI edizione dell’Atlante dell’Infanzia (a rischio) in Italia dal titolo "Senza Filtri"accende i riflettori sull’adolescenza, tra iperconnessione, isolamento e disuguaglianze sociali. La fotografia che emerge è complessa: adolescenti che vivono in una dimensione onlife, alla ricerca di ascolto e spazi di condivisione, ma spesso a rischio di isolamento.

Oltre il 92% dei ragazzi e delle ragazze tra i 15 e i 19 anni utilizza strumenti di IA, e il 41,8% li ha usati per cercare aiuto quando si sentiva triste, solo o ansioso. Una percentuale simile, oltre il 42%, li ha consultati per ricevere consigli su scelte importanti da fare. Al contempo, meno della metà degli adolescenti intervistati (49,6%) dichiara di avere un buon livello di benessere psicologico, con un divario di genere particolarmente marcato: solo il 34% delle ragazze mostra un buon equilibrio psicologico, contro il 66% dei ragazzi. Quasi uno su dieci si è isolato volontariamente per problemi psicologici, e il 12% ha fatto uso di psicofarmaci senza prescrizione.

Atlante dell’Infanzia: povertà, isolamento e nuove sfide

La XVI edizione dell’Atlante dell’Infanzia (a rischio) ci racconta la condizione degli adolescenti in Italia, un gruppo sempre più ridotto e vulnerabile, che cresce tra disuguaglianze sociali, e difficoltà economiche. Questi ragazzi e ragazze vivono in un Paese in cui il rischio povertà e l’isolamento possono incidere pesantemente sul loro benessere, mentre l’accesso a spazi, attività e relazioni resta limitato.

I dati principali sugli adolescenti italiani: 
  • Popolazione: poco più di 4 milioni di 13-19enni, pari al 6,86% della popolazione (uno su 15); nel 1983 erano 6,5 milioni (11,6%).
  • Famiglie: il 22% degli adolescenti è figlio unico; quasi uno su quattro vive con un solo genitore (4,4% padre solo, 18,5% madre sola).
  • Povertà ed esclusione sociale: oltre un adolescente su quattro (26,1%) tra 11 e 15 anni è a rischio povertà o esclusione sociale con forti disuguaglianze territoriali, al Nord 15,2%, Centro 24,1%, Mezzogiorno 41,9%.;
  • Povertà alimentare ed energetica: 5,2% dei 12-15enni in povertà alimentare; 8,2% sotto i 16 anni in povertà energetica.
  • Condizioni abitative: il 43% delle famiglie con figli 11-15enni vive in case sovraffollate (una famiglia su 6 per il totale delle famiglie).

Il video con le voci di ragazzi e ragazze

Il video di questa sedicesima edizione dell'Atlante raccoglie le voci di ragazzi e ragazze restituendo un universo di adolescenti onlife, da una parte consapevoli delle difficoltà della fase che attraversano e alla ricerca di nuove strade e spazi di condivisione, dall’altra a rischio di isolamento.

Adolescenti e Intelligenza Artificiale: compagnia e conforto

L’Intelligenza Artificiale è ormai parte integrante della quotidianità degli adolescenti: il 92,5% la utilizza, contro il 46,7% degli adulti, e quasi un ragazzo su tre la consulta quasi ogni giorno. I chatbot come Chat GPT, Claude e Dixit sono gli strumenti più diffusi, seguiti da traduttori automatici e assistenti vocali.
L’IA viene utilizzata soprattutto per studio, ricerca di informazioni e scrittura, ma anche come supporto emotivo. Molti apprezzano che sia sempre disponibile, non giudichi e capisca, tanto che una parte significativa preferisce confrontarsi con uno strumento digitale piuttosto che con una persona reale.
Questi dati mostrano come l’IA stia assumendo un ruolo crescente anche nel supporto emotivo, sottolineando l’urgenza di garantire benessere psicologico, spazi di socialità e un dialogo intergenerazionale per guidare percorsi educativi e politiche dedicate agli adolescenti.

Benessere psicologico: un’urgenza che non possiamo ignorare

Nonostante molti adolescenti trovino nell’IA un sostegno emotivo, i dati sul benessere psicologico raccontano una realtà preoccupante: meno della metà dei 15-16enni italiani (49,6%) afferma di sentirsi bene psicologicamente nelle ultime due settimane, con un divario di genere significativo. C’è un forte divario tra ragazze e ragazzi che dichiarano di avere un buon equilibrio psicologico (il 66% dei ragazzi contro 34% delle ragazze), e quasi due quindicenni su cinque percepiscono il proprio corpo come “troppo grasso”, molto più della reale condizione fisica. Questi numeri si riflettono anche in comportamenti a rischio: il 9% si è isolato volontariamente, il 31% ha praticato binge drinking nell’ultimo mese, e il 12% nell’ultimo anno ha assunto psicofarmaci senza prescrizione, con percentuali più elevate tra le ragazze.

Relazioni onlife: l’adolescenza digitale

Le relazioni degli adolescenti oggi si sviluppano in un contesto sempre più digitale, tra amicizie solide e rischi legati alla rete. Nonostante l’uso massiccio di strumenti online, la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze resta soddisfatta dei propri legami: più di 8 su 10 esprimono apprezzamento per il rapporto con gli amici, e oltre il 77% per quello con i genitori.

Tuttavia, la vita onlife comporta nuove vulnerabilità e comportamenti emergenti:
  • Il 13% degli adolescenti mostra un uso problematico di internet (iperconnessione).
  • Il 38% pratica il “phubbing”, controllando spesso il cellulare anche in presenza di amici o familiari.
  • Il 27% si sente nervoso quando non ha il telefono a portata di mano.
  • Il 47,1% dei 15-19enni è stato/a vittima di cyberbullismo, con un aumento di 16 punti percentuali rispetto al 2018; quasi il 20% dei 14-19enni ha subito episodi offensivi più volte in un mese.
  • Tra gli studenti stranieri, la quota di vittime ripetute di atti intimidatori è più alta (26,8%) rispetto ai coetanei italiani (20,4%).
  • Relazioni intime e sessualità passano online: il 30% ha praticato ghosting; il 37% dei 15-19enni visita siti porno per adulti (54,5% ragazzi, 19,1% ragazze); l’8,2% usa app di incontri.

I nostri interventi per bambini e famiglie

«L’Atlante fotografa le tante, diverse, adolescenze vissute in Italia da una generazione che è stata duramente segnata dall’emergenza Covid, in termini di uso problematico di internet e di rischi di isolamento, ma che oggi cerca con forza nuovi spazi di protagonismo» – ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice del Polo Ricerche di Save the Children.

Siamo attivi da anni in Italia con bambine, bambini e adolescenti, portando avanti programmi per contrastare la povertà educativa e offrire opportunità formative gratuite. Nei 27 Punti Luce presenti in 15 regioni lavoriamo insieme a partner locali e istituzioni per garantire percorsi di crescita e inclusione.

Con il programma “Qui, un quartiere per crescere”, interveniamo in cinque territori (Ostia Ponente a Roma, Zen 2 a Palermo, Pianura a Napoli, Macrolotto Zero a Prato e Porta Palazzo – Aurora a Torino) con l’obiettivo di trasformare i quartieri in luoghi dove tutti i bambini e gli adolescenti possano sviluppare le proprie potenzialità nei prossimi nove anni.

Attraverso il Movimento Giovani per Save the Children, coinvolgiamo ragazze e ragazzi tra i 14 e i 25 anni su tutto il territorio nazionale, rendendoli protagonisti della promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Molti di loro si impegnano sul tema del benessere mentale, portando avanti iniziative peer-to-peer come “I Support My Friend” per sostenere i coetanei nei momenti di difficoltà.

In tutte le nostre progettualità lavoriamo anche trasversalmente per promuovere la salute mentale e il benessere psicosociale dei più giovani. L’Atlante, infine, ospita le opere nate da un workshop con le studentesse e gli studenti del Liceo Artistico di via Ripetta a Roma, curato dall’artista e docente Elena Bellantoni, a testimonianza del nostro lavoro diretto con i ragazzi e della loro creatività.

Per approfondire, leggi il comunicato stampa.
(fonte: Save the chirldren 20/11/2025)

****************

Adolescenti in “riserva” di speranza:
il 65% non vede un futuro in Italia.
La richiesta d’aiuto che la scuola non può ignorare

L’indagine di Demopolis e Con i Bambini svela che il 43% degli adolescenti teme per la propria sicurezza fuori casa. Emerge un forte divario generazionale, con i genitori più pessimisti sul futuro rispetto ai figli.


C’è un’Italia che cammina a due velocità, e a farne le spese sono i più giovani. A rivelarlo è l’indagine “Vivere da adolescenti in Italia”, condotta dall’Istituto Demopolis per l’impresa sociale Con i Bambini e presentata in occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia. Da un lato c’è il desiderio prepotente di normalità, di affetti stabili e di realizzazione personale; dall’altro c’è la paura fisica di uscire di casa e l’angoscia per un futuro che appare sbarrato. È questa la fotografia nitida, e a tratti impietosa, scattata dai ricercatori su un campione di oltre 3.400 intervistati.

La geografia della paura: quando la città diventa nemica

Il dato che emerge con maggiore prepotenza dal report riguarda la sicurezza percepita. Per un adolescente su due, lo spazio pubblico non è un luogo di libertà, ma di minaccia. Il 43% dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni dichiara di temere molestie, violenze o atti di bullismo quando si trova fuori dalle mura domestiche. Una percentuale che svela profonde disuguaglianze di genere e territoriali: la paura sale vertiginosamente al 63% tra le ragazze e tocca il 59% per chi risiede in quartieri periferici o difficili. Non è una percezione infondata: il 46% del campione segnala che gli episodi di violenza giovanile o legati alle baby gang sono “sempre più frequenti” nella propria città. Su questo punto, il commento di Marco Rossi Doria, presidente di Con i Bambini, è netto e richiama le istituzioni alle proprie responsabilità:

“È un’emergenza nazionale. Tra i nostri ragazzi c’è molta sofferenza. Nonostante desiderino una vita normale sono preoccupati, hanno paura a vivere in questo Paese anche per la mancata possibilità di sviluppo. Basti un dato: il 43 per cento, quando si trova fuori casa, teme di poter essere vittima di molestie, violenza o bullismo; un numero che sale al 59% nei quartieri difficili e al 63% fra le ragazze italiane nel complesso”.

Periferie educative: il vuoto dei servizi

L’indagine Demopolis mette sotto accusa la pianificazione urbana e sociale del nostro Paese. Se la scuola tiene (solo il 37% la ritiene inadeguata nel proprio contesto), tutto ciò che le ruota attorno crolla nelle aree svantaggiate.

Nei quartieri “difficili”, il 71% dei ragazzi lamenta la mancanza di strutture sportive e il 63% denuncia l’assenza di occasioni culturali. È un vuoto che pesa sulla crescita: chi vive in periferia ha il 31% di possibilità in meno di praticare sport rispetto ai coetanei di aree più servite.

Il direttore dell’Istituto Demopolis, Pietro Vento, analizza così questa frattura territoriale:

Secondo gli adolescenti intervistati le città italiane non sono a misura di minori: meno della metà del campione analizzato ritiene che siano adeguati spazi verdi, scuole, strutture per lo sport, trasporti pubblici. Meno del 30% valuta sufficienti la sicurezza urbana, la qualità dell’aria, i servizi sociali. E, fra i ragazzi che dichiarano di vivere in periferie e quartieri difficili, le valutazioni scendono di oltre 10 punti per tutte le variabili analizzate: oltre i 2/3 ritengono inadeguati servizi sociali e sanitari, occasioni per il tempo libero, sicurezza urbana”.

La richiesta di aiuto silenziosa: il primato della salute mentale

Rispetto al passato, cambiano radicalmente le priorità valoriali. Nella classifica delle “cose importanti”, subito dopo i pilastri della Famiglia (78%) e dell’Amicizia (72%), irrompe il benessere psicologico (62%), considerato ormai fondamentale quanto l’Amore. I dati raccontano di una generazione introspettiva e fragile: il 30% degli adolescenti è già andato dallo psicologo, e un altro 26% vorrebbe andarci ma non lo ha fatto. Una richiesta d’aiuto che si scontra con la preoccupazione per la salute mentale, citata dal 37% dei ragazzi come seconda fonte di ansia subito dopo l’incertezza per il futuro (55%).

Il cortocircuito educativo: genitori più pessimisti dei figli

Uno degli aspetti più allarmanti per il mondo della scuola è la trasmissione della sfiducia. Sebbene un terzo dei ragazzi (33%) si dichiari pessimista sul proprio futuro in Italia, sono gli adulti a non vedere luce. Il 73% dei genitori guarda al domani dei propri figli con pessimismo, contro appena il 16% di ottimisti.

“Il futuro è la prima ragione di preoccupazione per il 55% degli adolescenti” spiega ancora Pietro Vento, sottolineando però un dato critico sugli adulti: “I genitori italiani dimostrano di non saper offrire alle nuove generazioni puntelli ed esempi di fiducia cui ispirarsi”.

Cosa chiedono i ragazzi alla politica e alla scuola?

Nonostante il quadro a tinte fosche, gli adolescenti non si arrendono. Hanno idee chiare su cosa servirebbe per migliorare la loro vita: luoghi di aggregazione (44%), pulizia (43%) e sicurezza (40%). Chiedono spazi per socializzare, non cattedrali nel deserto.

In chiusura, il monito di Rossi Doria suona come un programma di lavoro per tutta la comunità educante:

In generale è una generazione che chiede più spazio di socialità e di autodeterminazione e che nonostante le difficoltà che la scena che gli abbiamo lasciati gli prospetta, non rinuncia ai propri sogni. Ascoltiamoli di più! Sono ragazzi e ragazze del nostro Paese che pongono ai primi posti, tra le ‘cose importanti’ della vita, la famiglia e l’amicizia, ma anche lo star bene con se stessi e che danno importanza all’amore in un tempo di conflitti e di odi. Non è davvero poca cosa. Stanno dicendo cose che servono anche ai loro genitori e nonni, a noi tutti”.
(fonte: Orizzonte Scuola, articolo di Giuseppina Bonadies 19/11/2025)

****************

Vedi anche il post precedente:


20 novembre Giornata mondiale dei diritti dei bambini e degli adolescenti - I parte (Bambini)

20 novembre Giornata mondiale 
dei diritti dei bambini e degli adolescenti
I parte (Bambini)


“Vogliamo dedicare la Giornata mondiale dell’infanzia (20 novembre) al Diritto al Gioco, sancito dall'articolo 31 della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia, approvata 36 anni fa dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Questo diritto non è garantito nel mondo: circa 1 bambino su 5 fra i 2 e i 4 anni non gioca con le persone che se ne prendono cura a casa, mentre circa 1 su 8 sotto i 5 anni non ha giochi o giocattoli a casa; circa 4 bambini su 10 fra i 2 e i 4 anni non ricevono sufficienti interazioni o stimoli a casa; 1 bambino su 10 non pratica attività con le persone che se ne prendono cura.
Per tanti bambini che vivono in contesti di emergenza e vulnerabilità il gioco rappresenta un modo per ritrovare un senso di normalità” - ha dichiarato il Presidente dell’UNICEF Italia, Nicola Graziano.

Nel corso della settimana, in tutta Italia, rappresentanti dell’UNICEF e volontari dei comitati locali saranno coinvolti in numerose iniziative dedicate all’anniversario della Convenzione sui diritti dell’infanzia, con incontri nelle scuole, marce, laboratori, convegni, mostre, letture, attività ludiche e sportive in diverse città.


****************

20 novembre: la giornata mondiale dei diritti dei bambini


Sono passati oltre 30 anni dall’adozione di quella convenzione che per la prima volta ha riconosciuto i bambini come aventi diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici: la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Adottata nel 1989, l’Italia l’ha ratificata il 27 maggio 1991.

Perché si celebra la Giornata Mondiale dei diritti dei bambini

Insieme all’adozione della convenzione si celebra la Giornata Mondiale dei diritti dei bambini e delle bambine poiché è grazie all’adozione e ratifica di questo documento che in quasi tutti i Paesi del mondo i bambini non solo godono dei diritti fondamentali, ma sono protetti e tutelati.

Anche noi abbiamo contribuito alla nascita della CRC (Convention on the Rights of the Child), poiché già nel 1923, Eglantyne Jebb, la nostra fondatrice, scrisse la prima Carta dei diritti del Bambino (o Dichiarazione di Ginevra) adottata dalla Società delle Nazioni nel 1924, il documento che ha costituito la base per la successiva Convenzione. Scopri di più sulla Convenzione sui Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza e leggi gli articoli.

Giornata dei diritti dei bambini 2025: quando si celebra

La Giornata Mondiale dei diritti dei bambini si celebra il 20 novembre di ogni anno. La data scelta coincide con il giorno cui l’Assemblea generale ONU adottò la Dichiarazione dei diritti del fanciullo, nel 1959, e la Convenzione sui diritti del fanciullo.

Questi documenti sono la base del nostro lavoro di protezione di tutti i bambini, in Italia e nel mondo. Le nostre attività vengono svolte infatti con un approccio basato sulla promozione e sulla tutela dei diritti dei bambini e delle bambine. Èfondamentale la protezione dei diritti di tutti i bambini per mirare ad un futuro dove non vi siano più discriminazioni e disuguaglianze.

10 attività sui diritti dei bambini e delle bambine

Abbiamo raccolto 10 attività utili a far conoscere i propri diritti ai bambini e alle bambine. Si tratta di giochi, filastrocche, quiz e indovinelli per comprendere insieme ai più piccoli i loro diritti in maniera ludico-educativa. Da fare a casa o a scuola: scoprile subito sulla piattaforma "Arcipelago educativo".


Conflitti, povertà e crisi climatica

Conflitti, povertà, fame e crisi climatica stanno spingendo milioni di bambine e bambini sull’orlo del baratro. Nel 2024 oltre 520 milioni di bambini e adolescenti si trovavano in aree di conflitto attivo, il numero più alto mai registrato e il 70% delle vittime infantili nelle zone di guerra nello stesso anno è stato causato da armi esplosive. Nel 2025, 118 milioni di bambini hanno sofferto la fame, quasi 63 milioni – oltre la metà – sono stati costretti a questa situazione dai conflitti, e non dalla siccità, da eventi climatici estremi né da crisi economiche, mentre si stima che oltre 12 milioni di ragazze si sposino prima dei 18 anni ogni anno (dato aggiornato al 2024).

La crisi climatica è una crisi dei diritti dell'infanzia che grava sulle generazioni di oggi e su quelle future. Quest’anno 300 milioni di bambini e adolescenti – 1 su 8 a livello globale – hanno subito i 10 maggiori eventi meteorologici estremi, che ogni anno interrompono l’apprendimento di circa 40 milioni di minori (dato aggiornato al 2024).

Ancora una volta, i dati sottolineano l’importanza di perseguire gli impegni presi e aumentare gli sforzi fatti finora per assicurare la protezione e il rispetto dei diritti dei bambini nel mondo, in un momento in cui questi sono messi particolarmente a rischio.

Il video sulla giornata dell'infanzia

I diritti dei bambini in italia E IN EUROPA: disuguaglianze e povertà in aumento

In Europa, 446mila bambini in più sono stati colpiti dalla povertà negli ultimi cinque anni, da quando nel 2019 l’UE si è impegnata a ridurre di almeno 5 milioni i minori a rischio di povertà entro il 2030.

Non è un “paese per bambini”: da anni si dice che l’Italia non sia un Paese per i più piccoli e, dopo qualche decennio di lento declino, sembra quasi diventato un luogo in cui l’infanzia è “a rischio estinzione”. L’Italia infatti si colloca al quintultimo posto nell’UE per percentuale di bambini a rischio di povertà ed esclusione sociale, pari al 27,1%, un dato rimasto invariato negli ultimi cinque anni.

Vuoi fare qualcosa per aiutare i bambini? Con una donazione, anche piccola, puoi davvero fare la differenza: scegli come donare.

Con il tuo aiuto, sempre più bambini e bambine avranno tutto ciò che serve per crescere e diventare grandi. Sosterrai i nostri progetti in loro aiuto, in Italia e nel mondo.

La tutela dei bambini e gli SDGs

Tutelare i diritti di tutti, anche dei più piccoli, è l’unico modo per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), tra i quale peraltro, troviamo due obiettivi (il 3 e il 4) focalizzati proprio sul diritto alla salute e all’educazione per bambini, bambine, ragazze e ragazzi. Scopri anche "I diritti dei bambini nella Convenzione Onu e negli Sdgs".

È fondamentale diffondere una cultura della protezione e rendere partecipi i bambini fin da piccoli. Per questo abbiamo elaborato una guida per accompagnare i bambini nell’apprendimento dei loro diritti.

Vai all’articolo dedicato: "I diritti dei bambini spiegati ai bambini" e scarica la guida gratuita.
(fonte: Save the chirldren 20/11/2025)

****************

12/11/2025 Udienza Generale Leone XIV: "Se non è custode del giardino, l’essere umano ne diventa devastatore." - Una nuova armonia con il creato (commento/sintesi, testo e video)

LEONE XIV

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 19 novembre 2025

___________________________________

All’udienza generale Leone XIV annuncia che la Giornata mondiale dei bambini
si terrà dal 25 al 27 settembre 2026

Una nuova armonia con il creato


L’ecologia integrale come «spiritualità» fondata sulla morte e Risurrezione di Cristo e la conversione ecologica come «inversione di rotta» nella sequela di Gesù: sono principi della vita cristiana indicati da Leone XIV all’udienza generale di mercoledì19 novembre in piazza San Pietro.

Proseguendo le riflessioni giubilari sul tema «Cristo nostra speranza», il Pontefice ha affermato che un’ecologia integrale priva di spiritualità pasquale resta «senza presa sulla realtà», perché — come indicato da Papa Francesco con l’enciclica Laudato si’ — se non è custode del creato, «l’essere umano ne diventa devastatore». Al contempo, ha notato il Pontefice agostiniano, esistono anche molte persone «che desiderano, attraverso un più diretto rapporto col creato, una nuova armonia che le porti oltre tante lacerazioni». Di qui, l’invito a una vera conversione ecologica che attivi la solidarietà, proteggendo le «creature dalle brame dei lupi».

Dopo la catechesi, il Papa ha annunciato le date della prossima Giornata mondiale dei bambini che si terrà dal 25 al 27 settembre 2026 a Roma.

Leggi anche:
(fonte: L'Osservatore Romano 19/11/2025)

***********

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza IV. La Risurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale 5. Spiritualità pasquale ed ecologia integrale

Leggi il testo integrale


Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Stiamo riflettendo, in questo Anno giubilare dedicato alla speranza, sul rapporto fra la Risurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale, ossia le nostre sfide. Talvolta anche a noi Gesù, il Vivente, vuole chiedere: «Perché piangi? Chi cerchi?». Le sfide, infatti, non si possono affrontare da soli e le lacrime sono un dono di vita quando purificano i nostri occhi e liberano il nostro sguardo.

L’evangelista Giovanni suggerisce alla nostra attenzione un dettaglio che non troviamo negli altri Vangeli: piangendo vicino alla tomba vuota, la Maddalena non riconobbe subito Gesù risorto, ma pensò che fosse il custode del giardino. In effetti, già narrando la sepoltura di Gesù, al tramonto del venerdì santo, il testo era molto preciso: «Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù» (Gv 19,40-41).

Termina così, nella pace del sabato e nella bellezza di un giardino, la drammatica lotta fra tenebre e luce scatenatasi col tradimento, l’arresto, l’abbandono, la condanna, l’umiliazione e l’uccisione del Figlio, che «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1). Coltivare e custodire il giardino è il compito originario (cfr Gen 2,15) che Gesù ha portato a compimento. La sua ultima parola sulla croce – «È compiuto» (Gv 19,30) – invita ciascuno a ritrovare lo stesso compito, il suo compito. Per questo, «chinato il capo, consegnò lo spirito» (v. 30).

Cari fratelli e sorelle, Maria Maddalena, allora, non sbagliò del tutto, credendo di incontrare il custode del giardino! Doveva, in effetti, riascoltare il proprio nome e comprendere il proprio compito dall’Uomo nuovo, quello che in un altro testo giovanneo dice: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Papa Francesco, con l’Enciclica Laudato si’, ci ha indicato l’estrema necessità di uno sguardo contemplativo: se non è custode del giardino, l’essere umano ne diventa devastatore. La speranza cristiana, dunque, risponde alle sfide cui oggi l’intera umanità è esposta sostando nel giardino in cui il Crocifisso è stato deposto come un seme, per risorgere e portare molto frutto.

Il Paradiso non è perduto, ma ritrovato. La morte e la risurrezione di Gesù, così, sono fondamento di una spiritualità dell’ecologia integrale, fuori dalla quale le parole della fede restano senza presa sulla realtà e le parole delle scienze rimangono fuori dal cuore. «La cultura ecologica non si può ridurre a una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano riguardo al degrado ambientale, all’esaurimento delle riserve naturali e all’inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza» (Laudato si’, 111).

Per questo, parliamo di una conversione ecologica, che i cristiani non possono separare da quell’inversione di rotta che seguire Gesù richiede loro. Ne è segno il voltarsi di Maria, in quel mattino di Pasqua: solo di conversione in conversione passiamo da questa valle di lacrime alla Gerusalemme nuova. Tale passaggio, che inizia nel cuore ed è spirituale, modifica la storia, ci impegna pubblicamente, attiva solidarietà che fin d’ora proteggono persone e creature dalle brame dei lupi, nel nome e in forza dell’Agnello Pastore.

Così, i figli e le figlie della Chiesa possono oggi incontrare milioni di giovani e di altri uomini e donne di buona volontà che hanno ascoltato il grido dei poveri e della terra lasciandosene toccare il cuore. Sono molte anche le persone che desiderano, attraverso un più diretto rapporto col creato, una nuova armonia che le porti oltre tante lacerazioni. D’altra parte, ancora «i cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia. Senza linguaggio, senza parole, senza che si oda la loro voce, per tutta la terra si diffonde il loro annuncio e ai confini del mondo il loro messaggio» (Sal 18,1-4).

Lo Spirito ci dia la capacità di ascoltare la voce di chi non ha voce. Vedremo, allora, ciò che ancora gli occhi non vedono: quel giardino, o Paradiso, cui andiamo incontro soltanto accogliendo e portando a compimento ciascuno il proprio compito.

_________________

Saluti

...

* * *

Dopodomani, 21 novembre, memoria liturgica della Presentazione della Beata Vergine Maria, si celebrerà in tutta l’Italia la Giornata “Pro Orantibus”. Non manchi a tutti i fratelli e le sorelle di vita contemplativa la concreta solidarietà e l’aiuto efficace della comunità ecclesiale per assicurare ad essi la sopravvivenza e la continuità del loro silenzioso, fecondo e insostituibile apostolato.

Rivolgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua italiana, in particolare saluto ...

Desidero ricordare i pescatori, in occasione della Giornata Mondiale della Pesca, che ricorrerà venerdì prossimo: Maria, Stella del mare, protegga i pescatori e le loro famiglie. Il mio pensiero va anche ai Bambini, che avrò la gioia di incontrare nella Giornata loro dedicata in programma dal 25 al 27 settembre 2026.

Accolgo, infine, con affetto i giovani, i malati e gli sposi novelli. Domenica prossima, ultima del tempo ordinario, celebreremo la solennità di Cristo, re dell'Universo. Cari giovani, ponete Gesù al centro della vostra vita. Cristo, che ha fatto della Croce un trono regale, insegni a voi, cari malati, a comprendere il valore redentivo della sofferenza vissuta in unione a Lui. Invito voi, cari sposi novelli, a porre Gesù al centro del vostro cammino matrimoniale.


A tutti la mia benedizione!

Guarda il video integrale


“Con voce accorata”. I vescovi italiani supplicano il governo di mettere al bando le armi e impiegare ogni sforzo a servizio della pace

“Con voce accorata”.
I vescovi italiani supplicano il governo di mettere al bando le armi e impiegare ogni sforzo a servizio della pace 


“Noi, pastori della Chiesa italiana, riuniti nella città di san Francesco, uomo di pace, auspichiamo che all’umanità siano risparmiati ulteriori lutti e tragedie e sia evitata la spaventosa ipotesi di una catastrofe dalle conseguenze incalcolabili. Con voce accorata, in nome del principe della pace, supplichiamo quanti governano i popoli, perché – messe al bando le armi, a cominciare dalle testate atomiche – impieghino ogni loro sforzo a servizio della pace e i mezzi a loro disposizione per combattere la fame che è nel mondo. Allora, sì, il Dio della pace sarà con noi”. Questo l’appello per la pace letto dai vescovi italiani durante la celebrazione dei Vespri e la preghiera per la pace presieduti dal card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella chiesa inferiore della basilica di san Francesco ad Assisi, a conclusione della terza giornata dell’81ma assemblea generale. I vescovi si rivolgono, in modo particolare, “a quanti hanno in mano le sorti dei popoli, sull’esempio del santo di Assisi, che ‘a tutti i podestà e ai consoli, ai giudici e ai reggitori di ogni parte del mondo’ scrisse una lettera ferma e franca, chiedendo di non ‘dimenticare il Signore né deviare dai suoi comandamenti’”. “Quanti lo fanno, saranno infatti rigettati dal Signore, ‘e quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credevano di possedere saranno loro tolte. E quanto più sapienti e potenti saranno stati in questo mondo, tanto maggiori tormenti patiranno nell’inferno’”, si legge infatti nella Lettera ai reggitori dei popoli. “Tutti, infatti, dovremo comparire davanti al tribunale di Cristo per render conto delle nostre azioni e quanto maggiori saranno state le responsabilità sulle spalle – lo diciamo con tremore, pensando alle nostre – tanto maggiore sarà il rischio nel giorno del giudizio”, il monito dei vescovi.

Perché si concretizzi il sogno della pace, “ieri come oggi, c’è bisogno di una conversione vera, di un cambiamento profondo di mentalità, che parta dalla convinzione che Dio ha dato a tutti, non solo ad alcuni, le ricchezze della terra”, spiegano i vescovi che con le parole della Gaudium et spes invitano tutti gli uomini a mettere a disposizione e impiegare “utilmente i propri beni, ciascuno secondo le proprie risorse, specialmente fornendo ai singoli e ai popoli i mezzi con cui essi possano provvedere a se stessi e svilupparsi”. C’è bisogno, quindi, di “conversione”, e per questo, secondo i presuli, “tornano ancora attuali le parole di san Francesco, tante volte espresse nei suoi scritti, di fare penitenza, cioè di convertirsi realmente, di vedere uomini e cose con gli occhi di Dio, di fare nostri i suoi criteri di valore e di giudizio”. “È quanto oggi, sulla tomba del santo, chiediamo umilmente a tutti e in primo luogo a noi stessi, vescovi delle Chiese in Italia”, conclude l’appello della Cei.
(fonte: Faro di Roma articolo di S C 19/11/2025)


mercoledì 19 novembre 2025

Il coraggio eroico di Quirin Kuhnert nel borgo che aveva scelto come casa


Il coraggio eroico di Quirin Kuhnert
nel borgo che aveva scelto come casa

A Brazzano di Cormons (Gorizia) durante l'alluvione che ha fatto cedere la collina, Quirin, 32 anni, bavarese ma friulano per scelta, ha messo in salvo la compagna e poi è tornato indietro per avvisare l’anziana vicina di casa. Entrambi sono stati travolti dalla frana. La sua vita, dedicata a costruire comunità e relazioni, racconta un coraggio semplice e radicale: quello di chi mette l’altro prima di sé


Non servono aggettivi per raccontare quello che è successo a Brazzano di Cormons, minuscolo borgo di neanche mille abitanti in provincia di Gorizia.

Una notte di pioggia estrema, una collina che cede, una serie di case travolte dal fiume impazzito. E un uomo di 32 anni che, invece di mettersi in salvo e basta, è tornato indietro.

Quirin Kuhnert non era del posto, ma quel posto se l’era scelto. Veniva dalla Baviera, e aveva deciso che quel borgo friulano a rischio spopolamento, come tanti in Italia, sarebbe diventato casa, lavoro, comunità. Per lui e per gli altri.

Non per caso, dopo 25 anni che veniva in vacanza da queste parti insieme alla propria famiglia, lo scorso 1° febbraio, come ha raccontato il quotidiano locale Il Piccolo, aveva rilevato la storica bottega del paese e l’aveva trasformata in un luogo vivo, “Buon Sapore”, un negozio che era diventato un punto di incontro più che un esercizio commerciale e che rischiava di non essere più riaperto dopo che lo storico proprietario, Antonio Bon, aveva deciso di andare in pensione e abbassare la saracinesca.

La notte della frana, Quirin aveva registrato il video della scalinata sommersa dal fango e aveva inviato il video ad alcuni amici. Un’allerta lucida, quasi un istinto di responsabilità. Poi aveva portato la sua compagna Jessica in salvo. Ma non gli bastava: sapeva che, sull’altro lato della parete, viveva un’anziana di 83 anni, Guerrina Skocaj. E ha scelto di tornare dentro per avvisarla. Per dirle di scappare e salvarsi.

Non ce l’hanno fatta. La colata di fango li ha travolti entrambi, mentre lui stava ancora cercando di raggiungerla. C’è una verità semplice, dentro questa storia: per la vita che aveva scelto, Quirin non ha fatto nulla di eccezionale.

In un tempo in cui la paura divide e l’istinto porta a chiudere le porte, lui ha fatto il contrario. Ha messo l’altro prima di sé. A cominciare dalla scelta di riaprire il negozio in paese come un luogo di ritrovo a partire dalla condivisione del cibo: vino del territorio, formaggi, affettati, dolci fatti in casa.

«Vorrei che il mio negozio», aveva detto il giorno dell’inaugurazione, «oltre a offrire un servizio importante ai residenti, diventasse con il tempo un punto di ritrovo, un luogo di socialità e aggregazione, dove scambiare due parole in amicizia».

Speriamo lo resti a lungo anche nel nome di Quirin, del suo sacrificio, dell'esempio di coraggio e dedizione che ha dato.
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Antonio Sanfrancesco 18/11/2025)

Buio su Gaza. E sull’umanità

Buio su Gaza. E sull’umanità


Trump e Netanyahu non hanno vinto, hanno stravinto. Il mondo ha perso, l’umanità ha perso, è sprofondata in un buco nero di cui solo la storia chiederà il conto.

La finta tregua a Gaza ha dato il risultato che il presidente americano e il governo israeliano volevano: il silenzio su Gaza. E soprattutto il buio.

Invano tutte le organizzazioni dei giornalisti di gran parte dei paesi europei chiedono da settimane di potere entrare a Gaza anche scortati dall’ONU, anche “embedded”, ma nessuno risponde. Le luci su Gaza si sono spente volutamente, con una scientifica ferocia che impedisce ancora al mondo di vedere, finché tutto non sarà spianato, livellato, prese le ossa dei morti come materiale di ricostruzione, allontanati anche i bambini senza gambe e senza braccia, distrutti i resti dei pochi macchinari sanitari rimasti.

Emergency e Medici senza Frontiere sono le uniche fonti autentiche che ancora riescono a mandare qualche notizia dalla Striscia, che si possono riassumere così.

Strade allagate, tende distrutte, rifugi di fortuna invasi dall’acqua. Le intense piogge e le forti raffiche di vento che si sono abbattute su Gaza nelle ultime ore si abbattono su una popolazione già allo stremo. Migliaia di famiglie non hanno più un riparo, proprio mentre l’inverno si avvicina.

Secondo UNHCR, almeno 259.000 famiglie palestinesi – quasi 1 milione e mezzo di persone – necessitano di assistenza immediata per un rifugio d’emergenza.

Ma i materiali restano bloccati ai valichi di ingresso: tende, kit per la sigillatura e l’intelaiatura, biancheria da letto, set da cucina e coperte – per un totale di 4.000 pallet”. Tutto fermo ai confini.

Ma i nostri telegiornali non ne parlano più se non come elemento di discussione sul piano diplomatico, fingendo che la vergognosa sceneggiata degli accordi sia vera. Da settimane trovano posto sui giornali soprattutto i negazionisti dello sterminio da parte delle forze israeliane, che addirittura si può chiamare “genoxxdio” solo scrivendolo così… abbiamo dovuto assistere a scene aberranti, come venire definite “gite ad Auschwitz” i viaggi degli studenti nei lager nazisti e abbiamo ascoltato la direttrice dell’ufficio stampa della Rai accusare i colleghi della sua stessa azienda di aver riportato notizie false e senza prove, non solo nel silenzio dei vertici (è un palese caso da licenziamento) ma anche di troppi colleghi.

Mentre oltre 200 palestinesi sono già morti da quando è stata approvata la cosiddetta “tregua”, noi, da questa parte del mondo, fingiamo di credere a una pace che non esiste, spegniamo gli ultimi faretti di luce, accettiamo il buio su Gaza inconsapevoli che è l’umanità che sta precipitando nel buio, in uno dei peggiori coni d’ombra della storia.

Di fronte a tutto questo blaterare di equidistanza è insopportabile, i “non ancora” del nostro governo verso lo stato palestinese insostenibili, la difesa del governo di Israele, dove comandano quelli che assassinarono Rabin, disgustosa.

E il buio su Gaza noi non lo accettiamo, anche se continua il boicottaggio dei nostri social, perché se lo accettiamo il buio scenderà giorno dopo giorno su tutti noi, ci renderà insensibili, ci porterà nella condizione di chi dovette dire “mai più” e poi non accadde. Noi no, restiamo umani.
(fonte: Articolo 21, articolo di Barbara Scaramucci 18/11/2025)

martedì 18 novembre 2025

IX GIORNATA MONDIALE DEI POVERI GIUBILEO DEI POVERI - 16/11/2025 A tavola con il Papa dove la fame trova sollievo, amicizia, speranza (Cronaca, foto, testo e video)

I saluti prima e al termine del pranzo

Una festa di gratitudine
e di fraternità



Dopo aver celebrato la messa in basilica Vaticana e aver guidato la recita dell’Angelus in piazza San Pietro, il Papa si è recato dapprima alla Grotta di Lourdes, per salutare alcuni poveri che hanno pranzato nei Giardini Vaticani, quindi ha raggiunto l’Aula Paolo VI per condividere il pasto con 1.300 bisognosi invitati dal Dicastero per il Servizio della Carità, in occasione del loro Giubileo. 

Pubblichiamo il testo del saluto pronunciato a braccio da Leone XIV prima dell’inizio del pranzo nell’Aula Nervi.

Buongiorno a tutti. Buongiorno!

Con grande gioia ci raduniamo in questo pomeriggio per il pranzo, nella Giornata [dei Poveri] che tanto ha voluto il nostro amato, mio predecessore, Papa Francesco. Un forte applauso per Papa Francesco.

Questo pranzo che adesso riceviamo è offerto, dalla Provvidenza e dalla grande generosità della Comunità di San Vincenzo, i Vincenziani che vogliamo ringraziare. E poi è un anniversario: sono 400 anni dalla nascita del loro fondatore. Loro ci accompagneranno servendo al tavolo. Tanti auguri a tutti voi, i sacerdoti, le religiose, i laici volontari che lavorano in tutto il mondo aiutando tante persone povere e persone che vivono diverse necessità. Siamo davvero, davvero pieni di questo spirito di ringraziamento, di gratitudine in questa giornata.

Adesso, allora, chiediamo che il Signore benedica i doni che riceveremo, che benedica la vita di ognuno di noi qui presente, i nostri cari, i familiari, le persone che tanto hanno fatto per accompagnarci. Diamo anche la benedizione del Signore a tante persone che soffrono a causa della violenza e della guerra, della fame; e che noi oggi possiamo celebrare questa festa in spirito di fraternità.

Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen
Benedici Signore noi e questi doni che riceviamo dalla tua provvidenza. Benedici la nostra vita, la nostra fraternità. Aiuta, tutti noi, a camminare sempre uniti nel tuo amore. Te lo chiediamo nel nome di Gesù Cristo, nostro Signore. Amen

Tanti auguri e buon appetito!

E queste sono le parole con cui Leone XIV si è congedato dall’Aula Paolo VI al termine del pranzo con i poveri.

Adesso vogliamo ringraziare per la musica tutta l’orchestra,
i cantanti, tutti. Grazie!

Prima di andare via potete portare via un po’ di frutta: in tutte le tavole c’è la frutta da Napoli: è buonissima! Portate via anche la frutta.

E poi, alla porta, prima di uscire, c’è un regalo che aspetta ognuno di voi.

Adesso ringraziamo il Signore per i tanti doni che abbiamo ricevuto, anche per la gioia di trovarci qui in famiglia, una bellissima famiglia, in questo giorno di domenica.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Signore ti ringraziamo per tutti i doni ricevuti dalla tua provvidenza, Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

Ringraziamo di nuovo i tanti benefattori, la Comunità di San Vincenzo, i Vincenziani che sono qui, il Padre generale, e anche il Cardinale Konrad Krajewski che ci accompagna sempre. Grazie, grazie Eminenza!

Tanti auguri a tutti!

Finiamo con la benedizione.

Il Signore sia con voi.
Dio Padre Onnipotente benedica tutti voi, vi accompagni sempre. E la sua benedizione,
nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo scenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Tanti auguri. Buona domenica!
(fonte: L'Osservatore Romano 17/11/2025)

**************

A tavola con il Papa dove la fame trova 
sollievo, amicizia, speranza

In Aula Paolo VI, la Giornata mondiale dei Poveri si celebra in un clima di grande familiarità, gioia e unità. Sono 1300 gli ospiti di ogni provenienza che hanno potuto gustare il pranzo offerto dalla famiglia dei Vincenziani, alleggerendo il carico di preoccupazioni che si accompagna a vicende dolorose fatte per lo più di di abbandoni, malattie, disoccupazione. Tra i commensali, storie di fatica e tentativi di risalita


Una giovane suora allatta con un biberon un neonato di origini africane. Lei, Missionaria della Carità, povera tra i più poveri del mondo, indugia sul suo piatto di lasagne con verdure perché prioritario è nutrire il piccolo. In Aula Paolo VI è una festa sulle note della tradizione melodica napoletana eseguita dal vivo dalla piccola orchestra di Forcella ad allietare il convivio nella IX Giornata mondiale dei Poveri. Il Papa, arrivato dopo la recita dell'Angelus in San Pietro, prende posto nella tavolata allestita al centro in prossimità del palco e condivide qualche parola di benvenuto:

Con grande gioia ci raduniamo in questo pomeriggio per questo pranzo, in questa Giornata che tanto ha voluto il nostro tanto amato, il mio predecessore, Papa Francesco. Un forte applauso per il Papa Francesco.

La fraternità è la vita

Arriva dopo una sosta davanti alla Grotta di Lourdes dove ha salutato un gruppo di poveri che pranzano nei Giardini Vaticani. Il suo è un rendere grazie a Dio per i tanti doni ricevuti, la vita, la fede, la fraternità. Insiste sull'importanza della fraternità, che è la vita, esclama. E poi il grazie agli organizzatori e a tutti i benefattori. Che il vero amore, è la preghiera del Successore di Pietro, si riversi nei cuori di ciascuno affinché si sia consapevoli della sorgente dei doni, che è il Signore.

Nutrire i corpi, sfamare l'anima

Il pensiero del Pontefice, nell'atto di benedire la mensa in Aula, è anche per le "tante persone che soffrono a causa della violenza e della guerra, della fame". Anche qui Leone invoca lo spirito di fraternità che sembra proprio vivificarli questi corpi infiacchiti, disorientati, timidi, border line. Ce ne sono altri euforici, molto euforici, altri ancora diffidenti. Girare tra i tavoli rotondi imbanditi dai Vincenziani - che offrono il pranzo ai 1300 ospiti di questa domenica e che nell'atrio hanno preparato per ciascuno di loro un kit per la cura personale contenente anche un piccolo panettone augurale - ha una densità forte. Dal quartiere romano di Primavalle alla Nigeria, dall'Ucraina alla periferia laziale, da Cuba a Barcellona.

La suora di Madre Teresa di Calcutta dice che le foto sì, quelle si possono fare. Accenna alla loro casa alla periferia della capitale dove transitano per brevi periodi mamme con i propri bambini: situazioni di varia difficoltà trovano nella assistenza di queste consorelle, discrete e infaticabili, una possibilità di tregua. Una donna allatta al seno il suo piccolo, con garbo, cura, tenerezza solcata da una malcelata stanchezza. È la maternità biologica che si incrocia con quella spirituale, è la femminilità che si esprime nelle forme più delicate, cariche di sogno, di offerta.

Perdere il lavoro, esporsi alla rassegnazione

L'occasione speciale per la grande famiglia religiosa dei Vincenziani è quella della celbrazione dei 400 anni dalla nascita del fondatore. Sfilano decine e decine di persone che servono ordinatamente le pietanze: al primo segue una cotoletta e il babà come dessert. C'è della frutta "buonissima" che il Papa, alla fine del pranzo, invita tutti i commensali a prendere e portare a casa. Viene da Napoli. Dalla Campania e dalla Basilicata partecipano ospiti che ci tengono a difendere un sano amor proprio: "Io ho perso il lavoro perché mi hanno riscontrato una invalidità. Lavoravo da poco come addetta in una mensa, non ero abbastanza tutelata e hanno pensato senza troppi scrupoli di mandarmi via. Ho sessant'anni, mi arrangio, non è facile ma ci tengo al decoro, bisogna sempre sorridere". Storie di disoccupazione sono riscontrabili un po' ovunque: l'impiego può venir meno nelle fabbriche del Sud andate in crisi o alla morte di un genitore a cui si faceva da badante percependone il reddito. Se si perde la fonte con cui comprare il pane si è più esposti a non trovare un'altra àncora.

Il Papa tra i suoi commensali (@Vatican Media)

Il senso della vita è aiutare gli altri

Molti, tuttavia la trovano un'altra possibilità. Trovano centri di ascolto, luoghi da cui ripartire per rimettersi nei circuiti giusti. Non è facile ma ci si prova. La provvidenza fa il resto. Accade ad Assisi, per esempio, da dove arriva un gruppo della 'Casa di Papa Francesco' gestita dai Frati minori a Santa Maria degli Angeli. Un'accompagnatrice parla di storie di dipendenze, malattie, abbandoni. Talvolta è un mix che travolge una persona e la butta sulla strada. E allora non vengono neppure le parole per raccontarsi, si fermano in gola. "Il senso della vita è aiutare gli altri - dice l'assistente -, i poveri sono Vangelo incarnato". E riecheggia quanto ha detto il Papa alla Messa, che i poveri non sono solo una categoria sociologica. Dalla Somalia, con ironia e un forte accento romanesco, una donna ricorda il suo servizio svolto per anni al Dono di Maria, a due passi dal Vaticano. Arrivata appena dodicenne a Roma, nel '77, il contatto con le suore l'ha avvicinata alla fede cattolica e l'ha portata a ricevere il Battesimo nel 2010 da Benedetto XVI durante la Veglia di Pasqua in san Pietro. Ora è alle prese con un brutto male ma non perde la capacità di scherzare e di rimboccarsi le maniche.

Un popolo di scartati rianimato dallo stare insieme

Da Leopoli c'è una ex badante, i cugini sono al fronte in Ucraina. La nostalgia è immensa, corruga il viso. "Andiamo avanti, che bisogna fare? Non so se la guerra avanzerà ancora, se potrò mai tornare nel mio Paese". Una storia "complicata" e misteriosa è quella dell'artista Francesco Cardillo, in arte Vardel. Di Gaeta, siede accanto a un gruppo della parrocchia romana di San Gregorio VII e mostra un album dove il tratto inconfondibile dei suoi disegni a penna nera si deposita aggrovigliato, come le vicissitudini 'ai margini' che lo hanno attraversato: "Ho casa occupata, mi hanno truffato... Oggi vorrei fare un disegno al Papa, con Francesco sono venuto già, adesso il Papa è nuovo...".

Una famiglia a tavola con Leone XIV (@Vatican Media)

Scout, operatori Caritas, religiose e laici: un popolo di prossimità a chi è vulnerabile solca un'Aula dove si celebra l'unità al di là di ogni appartenenza. Tra i commensali al tavolo del Papa c'è una donna con un libro a fumetti che ripercorre la storia di Pinocchio e che regalerà a Leone; c'è un giovane dalla Costa D'Avorio, di poche parole, non è cattolico: "Che importa, qui è bello perché ci si sente a casa, vengo dalla Calabria...". Poco distanti alcune donne da Chiclayo, in Perù. Sono qui da oltre vent'anni, il Papa lo hanno conosciuto a Roma: "Sono vedova, ho con me mia madre e mia figlia che sta facendo delle terapie mediche. Abbiamo chiesto la casa popolare da tanti anni, adesso siamo saliti nella lista degli assegnatari, speriamo bene. La fede ci aiuta, sono viva per Gesù. Meno male che in giro ci sono delle brave persone, di buona volontà". A fine pasto, il suggello della benedizione papale a cui si accompagna il rinnovato grazie di Leone a tutti, al padre generale dei Vincenziani, in modo particolare, e al cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio.
(fonte: Vatican News, articolo di Antonella Palermo 16/11/2025)

**************