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lunedì 24 novembre 2025

23/11/2025 GIUBILEO DEI CORI E DELLE CORALI - Leone XIV: «Cantare ci ricorda che siamo Chiesa in cammino in un pellegrinaggio d’amore e di speranza. ... Siate segno eloquente della preghiera della Chiesa, che attraverso la bellezza della musica esprime il suo amore a Dio» (Omelia e Angelus Testi e video)


GIUBILEO DEI CORI E DELLE CORALI

SANTA MESSA

Piazza San Pietro
Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo
Domenica, 23 novembre 2025




..."Far parte di un coro significa, quindi, avanzare insieme prendendo per mano i fratelli, aiutandoli a camminare con noi e cantando con loro la lode di Dio, consolandoli nelle sofferenze, esortandoli quando sembrano cedere alla stanchezza, dando loro entusiasmo quando la fatica sembra prevalere. Cantare ci ricorda che siamo Chiesa in cammino, autentica realtà sinodale, capace di condividere con tutti la vocazione alla lode e alla gioia, in un pellegrinaggio d’amore e di speranza. ... Siate, in questo, segno eloquente della preghiera della Chiesa, che attraverso la bellezza della musica esprime il suo amore a Dio. ..."
È questo in estrema sintesi il messaggio che, dal sagrato della Basilica di San Pietro, dove nella fredda mattinata splende il sole, Papa Leone XIV propone domenica 23 novembre, presiedendo la Messa nella Solennità di Gesù Cristo Re dell'Universo e in occasione del Giubileo dedicato ai cori e alle corali. Con lui, all'altare il cardinale decano del collegio cardinalizio Giovanni Battista Re e il cardinale Mauro Gambetti arciprete della Basilica vaticana, salito all'altare per la preghiera eucaristica.

Guarda il video

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OMELIA DI PAPA LEONE XIV


Sorelle e fratelli carissimi,

nel salmo responsoriale abbiamo cantato: “Andremo con gioia alla casa del Signore” (cfr Sal 121). La Liturgia odierna ci invita, dunque, a camminare insieme nella lode e nella gioia incontro al Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, Sovrano mite ed umile, Colui che è principio e fine di tutte le cose. Il suo potere è l’amore, il suo trono è la Croce e, per mezzo della Croce, il suo Regno si irradia sul mondo. “Dalla Croce egli regna” (cfr Inno Vexilla Regis) come Principe della pace e Re di giustizia che, nella sua Passione, rivela al mondo l’immensa misericordia del cuore di Dio. Quest’amore è anche l’ispirazione e il motivo del vostro canto.

Carissimi coristi e musicisti, oggi celebrate il vostro giubileo e ringraziate il Signore per avervi concesso il dono e la grazia di servirlo offrendo le vostre voci e i vostri talenti per la sua gloria e per l’edificazione spirituale dei fratelli (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 120). Il vostro compito è quello di coinvolgerli nella lode a Dio e di renderli maggiormente partecipi dell’azione liturgica attraverso il canto. Oggi esprimete appieno il vostro “iubilum”, la vostra esultanza, che nasce dal cuore inondato dalla gioia della grazia.

Le grandi civiltà ci hanno fatto dono della musica affinché possiamo dire ciò che portiamo nel profondo del nostro cuore e che non sempre le parole possono esprimere. Tutto l’insieme dei sentimenti e delle emozioni che nascono nel nostro intimo da un rapporto vivo con la realtà possono trovare voce nella musica. Il canto, in modo particolare, rappresenta un’espressione naturale e completa dell’essere umano: la mente, i sentimenti, il corpo e l’anima qui si uniscono insieme per comunicare le cose grandi della vita. Come ci ricorda Sant’Agostino: “Cantare amantis est” (cfr Sermo 336,1), ossia, “il canto è proprio di chi ama”: colui che canta esprime l’amore, ma anche il dolore, la tenerezza e il desiderio che albergano nel suo cuore e, nello stesso tempo, ama colui a cui rivolge il suo canto (cfr Enarrationes in Psalmos, 72,1).

Per il Popolo di Dio il canto esprime l’invocazione e la lode, è il “cantico nuovo” che Cristo Risorto innalza al Padre, rendendone partecipi tutti i battezzati, come un unico corpo animato dalla Vita nuova dello Spirito. In Cristo diveniamo cantori della grazia, figli della Chiesa che trovano nel Risorto la causa della loro lode. La musica liturgica diviene così uno strumento preziosissimo mediante il quale svolgiamo il servizio di lode a Dio ed esprimiamo la gioia della Vita nuova in Cristo.

Sant’Agostino ci esorta, ancora, a camminare cantando, come viandanti affaticati, che trovano nel canto un anticipo della gioia che proveranno quando raggiungeranno la loro meta. «Canta ma cammina […] avanza nel bene» (Sermo 256, 3). Far parte di un coro significa, quindi, avanzare insieme prendendo per mano i fratelli, aiutandoli a camminare con noi e cantando con loro la lode di Dio, consolandoli nelle sofferenze, esortandoli quando sembrano cedere alla stanchezza, dando loro entusiasmo quando la fatica sembra prevalere. Cantare ci ricorda che siamo Chiesa in cammino, autentica realtà sinodale, capace di condividere con tutti la vocazione alla lode e alla gioia, in un pellegrinaggio d’amore e di speranza.

Anche Sant’Ignazio di Antiochia usa parole toccanti mettendo in relazione il canto del coro con l’unità della Chiesa: «Dalla vostra unità e dal vostro amore concorde si canta a Gesù Cristo. E ciascuno diventi un coro, affinché nell’armonia del vostro accordo prendendo nell’unità il tono di Dio, cantiate a una sola voce per Gesù Cristo al Padre, perché vi ascolti e vi riconosca per le buone opere» (S. Ignazio di Antiochia, Agli Efesini, IV). Infatti, le voci diverse di un coro si armonizzano tra loro dando vita ad un’unica lode, simbolo luminoso della Chiesa, che nell’amore unisce tutti in un'unica soave melodia.

Voi appartenete a cori che svolgono la loro attività soprattutto nel servizio liturgico. Il vostro è un vero ministero che esige preparazione, fedeltà, reciproca intesa e, soprattutto, una vita spirituale profonda, che, se voi cantando pregate, aiutate tutti a pregare. È un ministero che richiede disciplina e spirito di servizio, soprattutto quando bisogna preparare una liturgia solenne o qualche evento importante per le vostre comunità. Il coro è una piccola famiglia di persone diverse unite dall’amore per la musica e dal servizio offerto. Ricordate, però, che la comunità è la vostra grande famiglia: non le state davanti, ma ne siete parte, impegnati a rendetela più unita ispirandola e coinvolgendola. Come in tutte le famiglie, possono sorgere tensioni o piccole incomprensioni, cose normali quando si lavora insieme e si fatica per raggiungere un risultato. Possiamo dire che il coro è un po’ un simbolo della Chiesa che, protesa verso la sua meta, cammina nella storia lodando Dio. Anche se a volte questo cammino è irto di difficoltà e di prove, e ai momenti gioiosi se ne alternano altri più faticosi, il canto rende più leggero il viaggio e reca sollievo e consolazione.

Impegnatevi, dunque, nel trasformare sempre più i vostri cori in un prodigio di armonia e di bellezza, siate sempre più immagine luminosa della Chiesa che loda il suo Signore. Studiate attentamente il Magistero, che indica nei documenti conciliari le norme per svolgere al meglio il vostro servizio. Soprattutto, siate capaci di rendere sempre partecipe il popolo di Dio, senza cedere alla tentazione dell’esibizione che esclude la partecipazione attiva al canto di tutta l’assemblea liturgica. Siate, in questo, segno eloquente della preghiera della Chiesa, che attraverso la bellezza della musica esprime il suo amore a Dio. Vigilate affinché la vostra vita spirituale sia sempre all’altezza del servizio che svolgete, così che esso possa esprimere autenticamente la grazia della Liturgia.

Vi pongo tutti sotto la protezione di Santa Cecilia, la vergine e martire che qui a Roma con la sua vita ha innalzato il canto d’amore più bello, dandosi tutta a Cristo e offrendo alla Chiesa la sua luminosa testimonianza di fede e di amore. Procediamo cantando e facciamo nostro, ancora una volta, l’invito del Salmo responsoriale dell’odierna liturgia: “Andiamo con gioia alla casa del Signore”.

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ANGELUS


Cari fratelli e sorelle!

Prima di elevare insieme la preghiera dell’Angelus, desidero salutare tutti voi che avete partecipato a questa celebrazione giubilare, specialmente le Corali e i Cori venuti da ogni parte del mondo. Grazie della vostra presenza! E il Signore benedica il vostro servizio!

Estendo il mio saluto a tutti gli altri pellegrini, in particolare alle ACLI della Diocesi di Teramo-Atri e ai fedeli provenienti da alcune Diocesi dell’Ucraina: portate in patria l’abbraccio e la preghiera di questa Piazza!

Ho appreso con immensa tristezza le notizie dei rapimenti di sacerdoti, fedeli e studenti nella Nigeria e nel Camerun. Sento forte il dolore soprattutto per i tanti ragazzi e ragazze sequestrati e per le loro famiglie angosciate. Rivolgo un accorato appello affinché vengano subito liberati gli ostaggi ed esorto le Autorità competenti a prendere decisioni adeguate e tempestive per assicurarne il rilascio. Preghiamo per questi nostri fratelli e sorelle, e perché sempre e ovunque le chiese e le scuole restino luoghi di sicurezza e di speranza.

Oggi, nelle Diocesi di tutto il mondo si celebra la Giornata Mondiale della Gioventù. Benedico e abbraccio spiritualmente quanti prendono parte alle diverse celebrazioni e iniziative. Nella festa di Cristo Re, prego perché ogni giovane scopra la bellezza e la gioia di seguire Lui, il Signore, e di dedicarsi al suo Regno di amore, di giustizia e di pace!

È ormai vicino il Viaggio apostolico che compirò in Turchia e in Libano. In Turchia sarà celebrato il 1700° anniversario del Concilio di Nicea. Per questo, oggi viene pubblicata la Lettera apostolica In unitate fidei, che commemora tale storico evento.

Ora ci rivolgiamo alla Vergine Maria, affidando alla sua materna intercessione tutte queste intenzioni e la nostra preghiera per la pace.

Guarda il video integrale

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Vedi anche il post precedente:


UDIENZA GIUBILARE 22/11/2025 Leone XIV: "Davanti alle ingiustizie gli operatori di pace prendono posizione" (Sintesi, testo e video)

UDIENZA GIUBILARE

Piazza San Pietro
Sabato, 22 novembre 2025

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All’udienza giubilare la catechesi del Papa incentrata sulla serva di Dio Dorothy Day

Davanti alle ingiustizie gli operatori di pace prendono posizione


«Gli operatori di pace prendono posizione e ne portano le conseguenze, ma vanno avanti»; perché «la pace che Gesù porta è come un fuoco e ci chiede molto». Lo ha sottolineato il Papa all’udienza giubilare di stamane, sabato 22 novembre, nella catechesi incentrata sul tema «sperare è prendere posizione».

A ispirare la sua riflessione per gli oltre ventimila fedeli presenti in piazza San Pietro e per quanti lo seguivano attraverso i media, la serva di Dio Dorothy Day, vissuta nel secolo scorso negli Stati Uniti. Una donna, ha spiegato, che «aveva il fuoco dentro» e «ha preso posizione. Ha visto che il modello di sviluppo del suo Paese non creava per tutti le stesse opportunità, ha capito che il sogno per troppi era un incubo, che come cristiana doveva coinvolgersi coi lavoratori, coi migranti, con gli scartati da un’economia che uccide».

Perché, ha aggiunto il vescovo di Roma, «davanti alle ingiustizie, alle diseguaglianze, dove la dignità umana è calpestata, dove ai fragili è tolta la parola» occorre «trasformare l’indignazione in comunione e in azione».
(fonte: L'Osservatore Romano 22/11/2025)

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CATECHESI DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Catechesi. 9. Sperare è prendere posizione. Dorothy Day



Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Per molti di voi essere oggi a Roma è la realizzazione di un grande desiderio. Per chi vive un pellegrinaggio e arriva alla meta è importante ricordare il momento della decisione. Qualcosa, all’inizio, si è mosso dentro di voi, magari grazie alla parola o all’invito di qualcun altro. Così, il Signore stesso vi ha presi per mano: un desiderio e poi una decisione. Senza questo, non sareste qui. È importante ricordarlo.

Ed è importante anche quello che dal Vangelo poco fa abbiamo ascoltato: «A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più». Gesù lo dice ai discepoli più vicini, a quelli che con Lui stavano di più. E anche noi abbiamo ricevuto tanto dal cammino vissuto fin qui, siamo stati con Gesù e con la Chiesa e, anche se la Chiesa è una comunità con i limiti umani, tanto abbiamo ricevuto. Allora, Gesù si aspetta molto da noi. È un segno di fiducia, di amicizia. Si aspetta molto, perché ci conosce e sa che possiamo!

Gesù è venuto a portare il fuoco: il fuoco dell’amore di Dio sulla terra e il fuoco del desiderio nei nostri cuori. In un certo modo, Gesù ci toglie la pace, se pensiamo la pace come una calma inerte. Questa, però, non è la vera pace. A volte vorremmo essere “lasciati in pace”: che nessuno ci disturbi, che gli altri non esistano più. Non è la pace di Dio. La pace che Gesù porta è come un fuoco e ci chiede molto. Ci chiede, soprattutto, di prendere posizione. Davanti alle ingiustizie, alle diseguaglianze, dove la dignità umana è calpestata, dove ai fragili è tolta la parola: prendere posizione. Sperare è prendere posizione. Sperare è capire nel cuore e mostrare nei fatti che le cose non devono continuare come prima. Anche questo è il fuoco buono del Vangelo.

Vorrei ricordare una piccola grande donna americana, Dorothy Day, vissuta nel secolo scorso. Aveva il fuoco dentro. Dorothy Day ha preso posizione. Ha visto che il modello di sviluppo del suo Paese non creava per tutti le stesse opportunità, ha capito che il sogno per troppi era un incubo, che come cristiana doveva coinvolgersi coi lavoratori, coi migranti, con gli scartati da un’economia che uccide. Scriveva e serviva: è importante unire mente, cuore e mani. Questo è prendere posizione. Scriveva come giornalista, cioè pensava e faceva pensare. Scrivere è importante. E anche leggere, oggi più che mai. E poi Dorothy serviva i pasti, dava i vestiti, si vestiva e mangiava come quelli che serviva: univa mente, cuore e mani. In questo modo sperare è prendere posizione.

Dorothy Day ha coinvolto migliaia di persone. Hanno aperto case in tante città, in tanti quartieri: non grandi centri di servizi, ma punti di carità e di giustizia in cui chiamarsi per nome, conoscersi a uno a uno, e trasformare l’indignazione in comunione e in azione. Ecco come sono gli operatori di pace: prendono posizione e ne portano le conseguenze, ma vanno avanti. Sperare è prendere posizione, come Gesù, con Gesù. Il suo fuoco è il nostro fuoco. Che il Giubileo lo ravvivi in noi e in tutta la Chiesa!

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Saluti:
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Rivolgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua italiana. In particolare ...

Il mio pensiero va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. A ciascuno auguro di aderire con rinnovata generosità forza al Vangelo e di tradurlo in coerente testimonianza.

A tutti la mia benedizione!


Guarda il video integrale


domenica 23 novembre 2025

Preghiera dei Fedeli - Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Solennità di Cristo Re - ANNO C

Fraternità Carmelitana 
di Pozzo di Gotto (ME)

Preghiera dei Fedeli


XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
Solennità di Cristo Re  

23 Novembre 2025


Per chi presiede

Nella comune fede nel Signore Gesù Crocifisso Risorto e presente in mezzo a noi con il suo Spirito, accostiamoci con fiducia filiale al trono di gloria per intercedere e pregare per noi e per tutta l’umanità. Insieme diciamo:

R/   Signore Gesù, nostro Re e Pastore, ascoltaci

  

Lettore

- Custodisci, Signore Gesù, la tua Chiesa, perché resti in ascolto della tua Parola e si renda docile all'azione del tuo Santo Spirito, per essere in mezzo ai popoli segno e annuncio del tuo Regno di amore, di libertà, di pace e di giustizia. Preghiamo.

- Ravviva, Signore Gesù, con il tuo Santo Spirito, quanti credono nella vita e nel mistero dell'uomo, perché la loro testimonianza illumini di speranza la nostra storia, spesso dominata da grandi egoismi, deliri di onnipotenza e autoreferenzialità. Preghiamo.

- Sostieni, Signore Gesù, il nostro Paese: illumina i nostri governanti e gli amministratori delle nostre città con la tua sapienza del servizio umile e disinteressato; fa’ crescere in noi i valori della cittadinanza, del bene comune e dei beni comuni; aiuta i nostri giovani a ricercare il senso vero della vita e l’attenzione agli avvenimenti del nostro tempo. Preghiamo.

- Ti affidiamo, Signore Gesù, le comunità cristiane raccolte attorno al tuo altare per celebrare l'eucarestia, sacramento dell'unità e della fraternità. Il dono della tua vita, fatta pane spezzato, faccia crescere in tutti il coraggio dell'accoglienza e del prendersi cura dell'altro, anche se diverso. Preghiamo.

- Ti affidiamo ancora, Signore Gesù, le persone che vivono ai margini delle nostre città, che fanno l'esperienza della solitudine o dell’essere state scartate a motivo dell'età o della malattia o della condizione sociale o della provenienza dai paesi di immigrazione. Preghiamo.

- “Alla sera della vita saremo giudicati sull'amore”. Ci ricordiamo, o Signore Gesù, dei nostri parenti e amici defunti [pausa di silenzio]; ci ricordiamo anche di coloro che muoiono di fame, che muoiono nella miseria e nell’abbandono: accogli tutti alla tavola del tuo Regno. Preghiamo.



Per chi presiede

Signore Gesù, nostro Re e Pastore, rendici uomini e donne amanti della giustizia e solidali con i più poveri, affinché sia resa testimonianza al tuo Regno di fraternità e di pace, che sei venuto a rendere presente nel nostro mondo, assieme a Dio Padre e allo Spirito Santo, Trinità vivente e comunione di amore, nei secoli dei secoli.

AMEN.


FELICE SCALIA: Noi crediamo nello Spirito Santo, che “spinge” la storia e parla per mezzo dei profeti (VIDEO)

Noi crediamo nello Spirito Santo,
che “spinge” la storia
e parla per mezzo dei profeti
Felice Scalia

12.11.2025 - Terzo dei Mercoledì della Spiritualità 2025

VIVERE NELL’OGGI CON PROFEZIA
IL SIMBOLO DELLA FEDE

promossi dalla Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto

(Foto di repertorio)

     Ogni domenica qualche miliardo di cristiani recitano, durante la Santa Cena, quel “Credo” che ha la sua prima bozza al Concilio di Nicea del 325, e la sua definizione attuale al Concilio di Costantinopoli del 381.

    Prescindendo da considerazioni storiche, noi ci fermeremo questa sera sullo Spirito Santo. Nel simbolo se ne parla due volte. La prima a proposito del Verbo fatto Uomo («… per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria»); la seconda, descrivendo in qualche modo la sua identità attraverso il suo volto eterno ed il suo operare nella storia («Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio, e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato, ed ha parlato per mezzo dei profeti»).

       Insomma, si afferma che lo Spirito Santo è nel mondo. Per noi questo conta molto. Lo Spirito Santo è il volto divino che si riflette come datore di vita in tutte le creature; è il volto divino che nella carne di Gesù di Nazareth si fa prossimo salvifico di ogni uomo; è il volto divino che prende in carico una chiesa di fragili creature umane investite del compito di dare un volto “salvato” al mondo. Con una espressione stupenda, ortodossi ed orientali, parlano di Maria come “Terra del Cielo”.

     Premetto che i nostri incontri in genere, ed il nostro di questa sera in particolare, non sono affatto un tentativo di spiegare con la sola ragione il Mistero inaccessibile, insondabile, della Santa Origine di tutto e di tutti, quanto piuttosto quello di “notare la presenza creativa e dinamica dello Spirito nella storia umana di ciascuno di noi, e nella vita della chiesa, ieri ed oggi”.
...

3. Tra quotidianità e mistero

       Limitandomi al solo aspetto contenutistico dell’atto di fede (la fides quae creditur) mi pare che in quella affermazione “Io credo” ci sia una incredibile ricchezza. Eccone alcuni esempi:

- Dio non è solo nell’alto dei cieli o nel chiuso dei Tabernacoli.

- Per il suo Spirito, l’uomo, qualsiasi uomo, vive.

- Lo Spirito di Dio è nel mondo, spinge l’umanità verso una pienezza, un “oltre”, ci sconvolge, non ci lascia in pace, fino a quando non diventiamo ciò che siamo: figli nel Figlio, carne umana che in ogni gesto rivela Dio ed il suo amore, fratelli tra noi, a prescindere da sesso, cultura e religione.

- Chiunque si fa plasmare da questo anelito, lo sappia o no, nella sua vita riproduce il volto ed il cuore dello stesso Cristo, figlio di Dio e “Figlio dell’uomo”.

- Non esiste altra vita se non una vita umano-divina che fa diventare “carne” tangibile e visibile la stessa Parola di Dio.

- Non esiste altro Dio se non colui che ama il mondo e veglia sulla storia dei suoi figli.

- La vita umana dunque non è antagonista di Dio, nemica della spiritualità, ma l’ambito dove ogni spiritualità ed ogni fede si dimostra realmente divina.

- Una religione la cui pratica disumanizza l’uomo è costruzione umana, non culto del vero Dio.

- Dio ama il mondo concreto degli uomini. Dio parla all’uomo, ad ogni uomo, perché ogni uomo è figlio suo. Dio è “grazia”, non Legge.

- Dio è Parola che risponde alle urla ed alle attese dei suoi figli oppressi.

- Dio ha una Parola per i problemi più cocenti dell’uomo concreto: pace, riarmo, fame, lavoro, economia …

- Dio si rivela nella coscienza dell’uomo e niente e nessuno può costringere a violare quella coscienza.

- La strada indicata da Gesù per camminare verso la pienezza della nostra umanità “salvata”, non esclude che si possa giungere a se stessi ed a Dio per altre strade.

- La chiesa non è il Regno di Dio ma solo famiglia dei figli di Dio che annunzia il Regno e lo testimonia.

- La chiesa non è il papa e neppure il clero, è il popolo di Dio che cammina verso il Regno. Nell’ambito della chiesa ci sono anche papa, vescovi e preti. La chiesa non è “padrona” della Parola, ma umile sua discepola ed ha sempre bisogno di rinnovare la sua fedeltà al Cristo ed al Vangelo.
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Guarda anche i post già pubblicati:
- ALBERTO NEGLIA: Noi crediamo in Gesù Figlio di Dio origine e compimento della fede (VIDEO)

"Un cuore che ascolta - lev shomea" n° 55 - 2024/2025 - XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno C - Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino


 XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno C
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo

Vangelo:
Lc 23,35-43

La croce, doloroso e crudele supplizio destinato a schiavi e ribelli, è il trono del Re dei re. Nella crocifissione si manifesta tutta la regalità di Gesù che regna dall'alto dell'infame patibolo, soglio dal quale governa il mondo compiendo il giudizio del Padre: perdonare i suoi crocifissori e spalancare le porte del Regno ai malfattori. Gesù crocifisso è la piena manifestazione della misericordia del Padre: non accusa, non maledice, non condanna, ma perdona tutti nella totale consegna di sé. Sul Golgota facciamo esperienza di cosa è la regalità di Gesù e quale salvezza ci è donata: l'unico potere che ha è quello di amare fino alla fine. Gesù ama noi - che siamo suoi nemici - prendendo su di sé la nostra malvagità e resistendo alle sue suggestioni pur di non restituirla. Testimone dell'amore del Padre, Gesù respinge come tentazioni sataniche le nostre attese di salvezza basate sulla forza e sulla violenza, che di fatto aumenterebbero quel male che vogliamo eliminare. E' la misericordia la chiave di lettura per comprendere Gesù, il quale «non è venuto a liberarci dalla morte, ma nella morte» (cit.). Il Signore della Vita l'ha attraversata in tutta la sua tragicità, perché non vivessimo più nella paura come schiavi, ma come figli liberi (cfr. Rm 8,15), consapevoli di essere già perdonati perché amati gratuitamente. Crolla così l'idolo dai piedi d'argilla, l'immagine diabolica del Dio giudice implacabile che sta all'origine delle nostre paure. Riconciliamoci, perciò, con il Padre e, contemplando il volto sfigurato del Figlio crocifisso, accogliamo il suo amore che «è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito» (Rm 5,5).

sabato 22 novembre 2025

LA DEFINIZIONE PERFETTA "Lui non ha fatto nulla di male. Definizione di Gesù nitida, semplice, perfetta: Colui che niente di male fa, a nessuno, mai. Perché il mondo appartiene a chi lo rende migliore." - XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C - CRISTO RE DELL'UNIVERSO - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Maria Ronchi

LA DEFINIZIONE PERFETTA


Lui non ha fatto nulla di male. 
Definizione di Gesù nitida, semplice, perfetta: 
Colui che niente di male fa, a nessuno, mai. 
Perché il mondo appartiene a chi lo rende migliore. 


In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Lc 23,35-43
 
LA DEFINIZIONE PERFETTA 
 
Lui non ha fatto nulla di male. Definizione di Gesù nitida, semplice, perfetta: Colui che niente di male fa, a nessuno, mai. Perché il mondo appartiene a chi lo rende migliore.

Sta morendo, in faccia al mondo che lo irride: “guardatelo, il re!”

Il titolo, un po’ barocco, della festa di oggi è: Gesù Cristo re e signore dell’universo. Ma come si fa ad applicarlo a uno inchiodato su un trono di sangue, che esibisce una corona di spine conficcata sul capo?

I soldati lo provocano: Fai un gesto di forza.

Uno invece gli chiede: fai un gesto di bontà, ricordati di me.

Un gesto di forza prodigiosa, oppure un gesto di bontà. I miracoli non servono a far crescere la fede, ma un gesto di bontà può compiere un miracolo.

Tutte le religioni primitive scelgono di servire un dio onnipotente. La fede di Gesù Cristo, invece, sceglie il Dio che tutto abbraccia, bontà immensa che penetra l’universo, il Dio “onni amante”.

Gesù rassicura gli Undici con tenerezza materna: ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo, fino al consumarsi del tempo. E come una madre davanti al figlio piccolo che deve imparare a stare senza di lei, trova le parole perfette per scacciare ogni paura.

Quelli impauriti siamo noi. E insieme a quel gruppetto frastornato egli ci lascia l’ultima certezza, che tutto illumina: Dio con noi, sempre. Emmanuele, sempre.

Non è forse un miracolo, questo? Non è la storia che, dopo l’incarnazione, continua da qui in avanti a girare all’incontrario? Dio che si dona, il Grande a servizio del piccolo.

Il ladrone prova a difendere Gesù da quella bolgia, con l’ultima voce che ha: non vedi che anche lui è nella stessa nostra pena? Il delinquente misericordioso ci rivela che anche nella vita più contorta si è incarnata una briciola di bontà, una goccia di bene. Nessuna esistenza è senza un grammo di luce.

Non vedi che patisce con noi?

Lui non ha fatto nulla di male. Che bella definizione di Gesù, nitida, semplice, perfetta: Colui che niente di male fa, a nessuno, mai. Solo bene, esclusivamente bene. E’ Signore e re proprio per questo, perché il mondo appartiene a chi lo rende migliore.

Non vedi che patisce con noi.? Che naviga in questo nostro stesso fiume di lacrime. E l’amore umano, che è così raro, così poco, così fragile, Dio lo prende dovunque lo trova.

Il ladrone “buono” aveva chiesto solo un ricordo: ricordati di me quando sarai nel tuo regno. Non sperava altro.

Invece, Gesù non solo si ricorderà, ma lo porterà via con sé: oggi sarai con me in paradiso.

“Ricordati di me” prega il peccatore, “sarai con me” risponde l’amore.

Queste ultime parole di Cristo sulla croce sono tre editti regali, da vero re e signore dell’universo: oggi-con me-nel paradiso.

Il nostro Gesù, il nostro idealista irriducibile, di un idealismo selvaggio e indomito, ha la morte addosso, ma pensa alla vita di quel figlio di Caino che gocciola sangue e paura accanto a lui.

È sconfitto, ma pensa ad una vittoria, a un “oggi con me”, in un mondo che solo amore e luce ha per confine.

Miracolo del re sconfitto. Scandalo e follia della croce vittoriosa.

ASSISI 20/11/2025 - Una Chiesa missionaria, prossima e solidale - Testi integrali del discorso di Leone XIV ai Vescovi e del documento finale della 81ª Assemblea Generale della CEI - Video integrale.


ASSISI 20/11/2025

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Una Chiesa missionaria, prossima e solidale


Cristo al centro di tutto e lo slancio, realmente cristiano, ad aiutare le persone a vivere con gioia la fede, consapevoli che «una Chiesa sinodale, che cammina nei solchi della storia affrontando le emergenti sfide dell’evangelizzazione, ha bisogno di rinnovarsi costantemente». A conclusione dell’81ª Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, svoltasi ad Assisi, i vescovi, accolgono l’esortazione di Papa Leone XIV e tutte le sue più concrete indicazioni, manifestando a gran voce la volontà di lavorare insieme per edificare comunità cristiane aperte, ospitali e accoglienti che si spendano nell’annuncio del Vangelo.

Da qui il comunicato finale e la mozione conclusiva in cui i presuli dichiarano, anzi deliberano, la ricezione del Documento di sintesi del Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia dal titolo: “Lievito di pace e di speranza”. «Consapevoli della nostra responsabilità di pastori e partecipi della vita del nostro Paese, noi, vescovi italiani — si legge nel testo — assumiamo l’impegno, insieme con le nostre Chiese e collegialmente come Conferenza episcopale italiana, a continuare a camminare insieme ricercando modi e tempi per dare concretezza agli orientamenti e alle proposte emersi in questi anni. Affidiamo al Consiglio permanente e al gruppo di lavoro di vescovi, costituito dalla presidenza su mandato del Consiglio permanente stesso, il compito di indicare percorsi di studio e approfondimento per il discernimento degli orientamenti e delle proposte del Documento di sintesi, in particolare quelli rivolti alla Conferenza episcopale italiana. Tenendo conto anche del Documento finale della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”, ci impegniamo a vivere lo spirito e lo stile sinodale promuovendo i necessari strumenti, anche a livello nazionale, per essere “una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato” (Leone XIV). Guardiamo a Cristo, nostra speranza, fonte del nostro agire, tutto affidando a Maria, Madre della Chiesa, perché accompagni il cammino della Chiesa italiana».

Il testo ricorda anche quanto previsto dal “Regolamento del Cammino sinodale” che «giunge a compimento» con il conseguente «scioglimento di tutti gli Organismi sinodali finora operativi». «Ringraziamo — dicono i vescovi — tutti coloro che hanno partecipato al percorso compiuto, offrendo tempo ed energie nelle diocesi, nelle assemblee sinodali e negli organismi che, a livello nazionale, hanno accompagnato il cammino. Riteniamo che il Documento di sintesi, approvato dalla terza Assemblea sinodale, non solo rappresenti una preziosa testimonianza dello stile di condivisione e confronto vissuti in questi quattro anni, ma offra anche al discernimento dei Pastori e alle comunità ecclesiali linee di indirizzo e proposte per dare concretezza a una Chiesa missionaria, prossima e sinodale».

Il comunicato finale sintetizza invece le tre indicazioni offerte dal Papa che nella città di San Francesco, luogo simbolo di pace e riconciliazione, lo scorso giovedì ha parlato da Vescovo ai vescovi chiedendo di proseguire gli accorpamenti delle diocesi, rispettare la norma dei 75 anni per la conclusione del servizio degli ordinari e favorire una maggiore partecipazione nelle consultazioni per le nomine episcopali. Oltre all’aspetto della sinodalità e della collegialità per costruire insieme ai laici una Chiesa più coraggiosa e missionaria, i presuli rilanciano nel testo finale un forte appello per la pace affinché «all’umanità siano risparmiati ulteriori lutti e tragedie e sia evitata la spaventosa ipotesi di una catastrofe dalle conseguenze incalcolabili». Rivolgendosi ai potenti e a quanti hanno in mano le sorti dei popoli, chiedono che «messe al bando le armi, a cominciare dalle testate atomiche, i governanti impieghino ogni loro sforzo a servizio della pace e i mezzi a loro disposizione per combattere la fame che è nel mondo». Al termine dei lavori è stato anche approvato il documento “Educare a una pace disarmata e disarmante”, articolato secondo il metodo “vedere — giudicare — agire” e utile alla catechesi da declinare in ogni ambito della vita ecclesiale e sociale.

A 40 anni dall’Intesa sull’insegnamento della religione cattolica (Irc), i vescovi hanno dato approvazione anche ad un altro documento che rilancia l’insegnamento come laboratorio di cultura e dialogo, aperto a tutti e pienamente inserito nelle finalità educative della scuola. In tema di prevenzione degli abusi è stata riconosciuta l’importanza della collaborazione strutturata con la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori e la creazione di una più forte rete di servizi a livello nazionale, regionale e diocesano per tutelare i più piccoli e gli adulti vulnerabili. Importante anche il passaggio su impegno sociale e carità, definita cuore della missione ecclesiale, che richiede competenze e creatività nonché un’attenzione educativa e una visione culturale e politica che sappia incidere sulla società. Il Consiglio episcopale permanente ha approvato infine “ad experimentum” una riforma degli uffici della Segreteria generale ispirata a sinodalità, missionarietà e diaconia.
(fonte: L'Osservatore Romano, articolo di Cecilia Seppia 21/11/2025)

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A seguire riportiamo i testi integrali del 
  • discorso di Leone XIV ai Vescovi  
  • documento finale della 81ª Assemblea Generale della CEI

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INCONTRO CON I VESCOVI ITALIANI ALLA CONCLUSIONE
DELLA 81ª ASSEMBLEA GENERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
[17-20 novembre 2025]

DISCORSO DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Basilica di Santa Maria degli Angeli di Assisi
Giovedì, 20 novembre 2025

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Carissimi fratelli nell’episcopato, buongiorno!

Ringrazio vivamente il Cardinale Presidente per le parole di saluto che mi ha rivolto e per l’invito a essere con voi oggi per concludere l’81ª Assemblea Generale. E sono contento di questa mia prima sosta, seppur brevissima, ad Assisi, luogo altamente significativo per il messaggio di fede, fraternità e pace che trasmette, di cui il mondo ha urgente bisogno.

Qui San Francesco ricevette dal Signore la rivelazione di dover «vivere secondo la forma del santo Vangelo» (2Test 14: FF 116). Il Cristo, infatti, «che era ricco sopra ogni altra cosa, volle scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà» (2Lf 5: FF 182).

Guardare a Gesù è la prima cosa a cui anche noi siamo chiamati. La ragione del nostro essere qui, infatti, è la fede in Lui, crocifisso e risorto. Come vi dicevo in giugno: in questo tempo abbiamo più che mai bisogno «di porre Gesù Cristo al centro e, sulla strada indicata da Evangelii gaudium, aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo. In un tempo di grande frammentarietà è necessario tornare alle fondamenta della nostra fede, al kerygma» (Discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale Italiana, 17 giugno 2025). E questo vale prima di tutto per noi: ripartire dall’atto di fede che ci fa riconoscere in Cristo il Salvatore e che si declina in tutti gli ambiti della vita quotidiana.

Tenere lo sguardo sul Volto di Gesù ci rende capaci di guardare i volti dei fratelli. È il suo amore che ci spinge verso di loro (cfr 2Cor 5,14). E la fede in Lui, nostra pace (cfr Ef 2,14), ci chiede di offrire a tutti il dono della sua pace. Viviamo un tempo segnato da fratture, nei contesti nazionali e internazionali: si diffondono spesso messaggi e linguaggi intonati a ostilità e violenza; la corsa all’efficienza lascia indietro i più fragili; l’onnipotenza tecnologica comprime la libertà; la solitudine consuma la speranza, mentre numerose incertezze pesano come incognite sul nostro futuro. Eppure, la Parola e lo Spirito ci esortano ancora ad essere artigiani di amicizia, di fraternità, di relazioni autentiche nelle nostre comunità, dove, senza reticenze e timori, dobbiamo ascoltare e armonizzare le tensioni, sviluppando una cultura dell’incontro e diventando, così, profezia di pace per il mondo. Quando il Risorto appare ai discepoli, le sue prime parole sono: «Pace a voi» (Gv 20,19.21). E subito li manda, come il Padre ha mandato Lui (v. 21): il dono pasquale è per loro, ma perché sia per tutti!

Carissimi, nel nostro precedente incontro ho indicato alcune coordinate per essere Chiesa che incarna il Vangelo ed è segno del Regno di Dio: l’annuncio del Messaggio di salvezza, la costruzione della pace, la promozione della dignità umana, la cultura del dialogo, la visione antropologica cristiana. Oggi vorrei sottolineare che queste istanze corrispondono alle prospettive emerse nel Cammino sinodale della Chiesa in Italia. A voi Vescovi spetta adesso tracciare le linee pastorali per i prossimi anni, perciò desidero offrirvi qualche riflessione affinché cresca e maturi uno spirito veramente sinodale nelle Chiese e tra le Chiese del nostro Paese.

Anzitutto, non dimentichiamo che la sinodalità indica il «camminare insieme dei cristiani con Cristo e verso il Regno di Dio, in unione a tutta l’umanità» (Documento finale della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 28). Dal Signore riceviamo la grazia della comunione che anima e dà forma alle nostre relazioni umane ed ecclesiali.

Sulla sfida di una comunione effettiva desidero che ci sia l’impegno di tutti, perché prenda forma il volto di una Chiesa collegiale, che condivide passi e scelte comuni. In questo senso, le sfide dell’evangelizzazione e i cambiamenti degli ultimi decenni, che interessano l’ambito demografico, culturale ed ecclesiale, ci chiedono di non tornare indietro sul tema degli accorpamenti delle diocesi, soprattutto laddove le esigenze dell’annuncio cristiano ci invitano a superare certi confini territoriali e a rendere le nostre identità religiose ed ecclesiali più aperte, imparando a lavorare insieme e a ripensare l’agire pastorale unendo le forze. Al contempo, guardando la fisionomia della Chiesa in Italia, incarnata nei diversi territori, e considerando la fatica e talvolta il disorientamento che tali scelte possono provocare, auspico che i Vescovi di ogni Regione compiano un attento discernimento e, magari, riescano a suggerire proposte realistiche su alcune delle piccole diocesi che hanno poche risorse umane, per valutare se e come potrebbero continuare a offrire il loro servizio.

Ciò che conta è che, in questo stile sinodale, impariamo a lavorare insieme e che nelle Chiese particolari ci impegniamo tutti a edificare comunità cristiane aperte, ospitali e accoglienti, nelle quali le relazioni si traducono in mutua corresponsabilità a favore dell’annuncio del Vangelo.

La sinodalità, che implica un esercizio effettivo di collegialità, richiede non solamente la comunione tra di voi e con me, ma anche un ascolto attento e un serio discernimento delle istanze che provengono dal popolo di Dio. In questo senso, il coordinamento tra il Dicastero per i Vescovi e la Nunziatura Apostolica, ai fini di una comune corresponsabilità, deve poter promuovere una maggiore partecipazione di persone nella consultazione per la nomina di nuovi Vescovi, oltre all’ascolto degli Ordinari in carica presso le Chiese locali e di coloro che si apprestano a terminare il loro servizio.

Anche su quest’ultimo aspetto, permettetemi di offrirvi qualche indicazione. Una Chiesa sinodale, che cammina nei solchi della storia affrontando le emergenti sfide dell’evangelizzazione, ha bisogno di rinnovarsi costantemente. Bisogna evitare che, pur con buone intenzioni, l’inerzia rallenti i necessari cambiamenti. A questo proposito, tutti noi dobbiamo coltivare l’atteggiamento interiore che Papa Francesco ha definito “imparare a congedarsi”, un atteggiamento prezioso quando ci si deve preparare a lasciare il proprio incarico. È bene che si rispetti la norma dei 75 anni per la conclusione del servizio degli Ordinari nelle diocesi e, solo nel caso dei Cardinali, si potrà valutare una continuazione del ministero, eventualmente per altri due anni.

Cari fratelli, ritornando all’orizzonte della missione della Chiesa in Italia, vi esorto a fare memoria della strada percorsa dopo il Concilio Vaticano II, scandita dai Convegni ecclesiali nazionali. E vi esorto a preoccuparvi che le vostre Comunità, diocesane e parrocchiali, non perdano la memoria, ma la mantengano viva, perché questo è essenziale nella Chiesa: ricordare il cammino che il Signore ci fa compiere attraverso il tempo nel deserto (cfr Dt 8).

In questa prospettiva, la Chiesa in Italia può e deve continuare a promuovere un umanesimo integrale, che aiuta e sostiene i percorsi esistenziali dei singoli e della società; un senso dell’umano che esalta il valore della vita e la cura di ogni creatura, che interviene profeticamente nel dibattito pubblico per diffondere una cultura della legalità e della solidarietà.

Non si dimentichi in tale contesto la sfida che ci viene posta dall’universo digitale. La pastorale non può limitarsi a “usare” i media, ma deve educare ad abitare il digitale in modo umano, senza che la verità si perda dietro la moltiplicazione delle connessioni, perché la rete possa essere davvero uno spazio di libertà, di responsabilità e di fraternità.

Camminare insieme, camminare con tutti, significa anche essere una Chiesa che vive tra la gente, ne accoglie le domande, ne lenisce le sofferenze, ne condivide le speranze. Continuate a stare vicini alle famiglie, ai giovani, agli anziani, a chi vive nella solitudine. Continuate a spendervi nella cura dei poveri: le comunità cristiane radicate in modo capillare nel territorio, i tanti operatori pastorali e volontari, le Caritas diocesane e parrocchiali fanno già un grande lavoro in questo senso e ve ne sono grato.

Su questa linea della cura, vorrei anche raccomandare l’attenzione ai più piccoli e vulnerabili, perché si sviluppi anche una cultura della prevenzione di ogni forma di abuso. L’accoglienza e l’ascolto delle vittime sono il tratto autentico di una Chiesa che, nella conversione comunitaria, sa riconoscere le ferite e si impegna per lenirle, perché «dove profondo è il dolore, ancora più forte dev’essere la speranza che nasce dalla comunione» (Veglia del Giubileo della Consolazione, 15 settembre 2025). Vi ringrazio per quanto avete già fatto e vi incoraggio a portare avanti il vostro impegno nella tutela dei minori e degli adulti vulnerabili.

Carissimi fratelli, in questo luogo San Francesco e i primi frati vissero appieno quello che, con linguaggio odierno, chiamiamo “stile sinodale”. Insieme, infatti, condivisero le diverse tappe del loro cammino; insieme si recarono dal Papa Innocenzo III; insieme, di anno in anno, perfezionarono e arricchirono il testo iniziale che era stato presentato al Pontefice, composto, dice Tommaso da Celano, «soprattutto di espressioni del Vangelo» (1Cel 32: FF 372), fino a trasformarlo in quella che oggi conosciamo come prima Regola. Questa scelta convinta di fraternità, che è il cuore del carisma francescano insieme alla minorità, fu ispirata da una fede intrepida e perseverante.

Possa l’esempio di San Francesco dare anche a noi la forza per compiere scelte ispirate da una fede autentica e per essere, come Chiesa, segno e testimonianza del Regno di Dio nel mondo. Grazie!

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81ª Assemblea Generale: Comunicato finale


L’incontro riservato con papa Leone XIV ha concluso l’Assemblea Generale della CEI, che si è svolta ad Assisi (Domus Pacis, Santa Maria degli Angeli) dal 17 al 20 novembre 2025 sotto la guida del Cardinale Presidente Matteo Zuppi. Hanno partecipato il Nunzio Apostolico in Italia, Mons. Petar Rajič, 206 membri, 13 Vescovi emeriti, alcuni rappresentanti di presbiteri, religiosi e religiose, degli Istituti secolari, delle Aggregazioni laicali. Un clima di viva cordialità e ascolto attento ha caratterizzato il momento vissuto il 20 novembre nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, dove il Papa ha sostato nella Porziuncola in preghiera silenziosa prima di rivolgersi ai Vescovi. Nel suo discorso ha innanzitutto esortato a “porre Gesù Cristo al centro e, sulla strada indicata da Evangelii gaudium, aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo”, ricordando che “una Chiesa sinodale, che cammina nei solchi della storia affrontando le emergenti sfide dell’evangelizzazione, ha bisogno di rinnovarsi costantemente”. Per questo, ha offerto alcune indicazioni concrete: proseguire sulla strada degli accorpamenti delle Diocesi, rispettare la norma dei 75 anni per la conclusione del servizio degli Ordinari nelle Diocesi, favorire una maggiore partecipazione di persone nella consultazione per la nomina di nuovi Vescovi. Il Papa ha quindi invitato a impegnarsi per “edificare comunità cristiane aperte, ospitali e accoglienti, nelle quali le relazioni si traducono in mutua corresponsabilità a favore dell’annuncio del Vangelo”.

Collegialità e sinodalità

I temi della collegialità e della sinodalità, richiamati dal Papa nel suo discorso, erano stati al centro della riflessione del Cardinale Presidente che, nell’Introduzione, aveva ricordato, facendo riferimento al Cammino sinodale, che “ora si apre una fase nuova che interpella in particolare noi Pastori nell’esercizio della collegialità e in quel presiedere la comunione così decisivo perché la sinodalità diventi forma, stile, prassi per una missione più efficace nel mondo”. Nell’esprimere unanime apprezzamento al Cardinale Presidente, i Vescovi si sono concentrati sulla dimensione della sinodalità, intesa come forma ordinaria della vita della Chiesa. La crisi contemporanea è stata letta non solo come frutto dell’indifferenza esterna, ma anche come rischio di “insignificanza” interna, da superare attraverso la gioia della fede, una testimonianza più libera e coraggiosa e una rinnovata capacità di annuncio. Secondo i Presuli, la cultura dominante esercita una forte spinta all’adeguamento, mentre il Vangelo richiede la franchezza della parola e la chiarezza delle posizioni. Di qui la necessità di una Chiesa coraggiosa e missionaria, che non teme i cambiamenti, che sa valorizzare il protagonismo dei laici e puntare sulla comunità come risposta alla solitudine diffusa.
Sono da leggere in questa prospettiva i riferimenti, emersi nel confronto assembleare, all’importanza di una pastorale d’ambiente che possa abitare con creatività e competenza scuola, università, sanità, lavoro, sport, cultura; della formazione di sacerdoti chiamati, come ha recentemente ricordato papa Leone XIV, ad essere “vicini al gregge”, donando “tempo ed energie per tutti, senza risparmiarsi, senza fare differenze”; del ruolo degli Organismi di partecipazione, che sono spesso indeboliti da logiche burocratiche o assemblearismi impropri, mentre dovrebbero rappresentare laboratori vivi di corresponsabilità e comunione. Non sono mancati i richiami alle nuove generazioni, alla famiglia, alla comunione tra le Chiese, all’impegno per la giustizia e la pace, alla questione delle carceri che ha bisogno di una più convinta attenzione pastorale e culturale, al fenomeno delle sette e del satanismo, in crescita soprattutto tra i più giovani.
Evocando infine le parole del Card. Zuppi sul Mediterraneo e sull’opportunità di rilanciare “un percorso, dal valore emblematico, che muove da una memoria comune e si prefigge di contribuire a relazioni virtuose, all’abbraccio fra le generazioni, al dialogo tra le fedi”, è stata evidenziata l’attualità della Dichiarazione conciliare “Nostra aetate”, in un tempo segnato da tensioni religiose, antisemitismo e migrazioni: l’incontro tra culture e fedi – è stato rilevato – è luogo teologico e via privilegiata per la costruzione della pace.

Lo stile sinodale

In linea con quanto chiesto da papa Leone, i Vescovi hanno approvato, a larga maggioranza, una mozione con cui vengono delineati i passi successivi alla terza Assemblea sinodale. Esprimendo gratitudine a quanti hanno partecipato al percorso compiuto, è stata deliberata la ricezione del Documento di sintesi “Lievito di pace e di speranza”, con i suoi orientamenti e le sue proposte, “considerandoli alla luce delle priorità pastorali” emerse nell’Assemblea della CEI. Giunta a compimento la fase che ha animato gli anni 2021-2025, sono stati sciolti – ai sensi dell’art. 18 del Regolamento del Cammino sinodale – tutti gli Organismi sinodali finora operativi. I Vescovi hanno dunque assunto l’impegno, “insieme con le nostre Chiese e collegialmente come Conferenza Episcopale italiana, a continuare a camminare insieme ricercando modi e tempi per dare concretezza agli orientamenti e alle proposte emersi in questi anni”. Hanno inoltre affidato al Consiglio Episcopale Permanente e al gruppo di Vescovi, costituito dalla Presidenza su mandato dello stesso Consiglio Permanente (e formato dal Card. Roberto Repole, da Mons. Gherardo Gambelli, da Mons. Guglielmo Giombanco, da Mons. Corrado Lorefice, da Mons. Andrea Migliavacca, da Mons. Michele Tomasi), “il compito di indicare percorsi di studio e approfondimento per il discernimento degli orientamenti e delle proposte del Documento di sintesi, in particolare quelli rivolti alla Conferenza Episcopale Italiana”. Con questo atto è stata anche confermata la volontà di vivere, sempre più e meglio, lo stile sinodale per essere, come ha sollecitato papa Leone XIV, “una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato”.
La ricchezza delle riflessioni che ha permeato le giornate di Assemblea, culminate con l’approvazione della mozione, hanno di fatto già indicato alcune prospettive di lavoro: la fede vissuta, testimoniata e celebrata; la comunità; l’impegno sociale e caritativo. Per fede – è stato precisato – è da intendersi l’esperienza esistenziale di essere innestati in Cristo: non un atto intellettuale, ma il vivere di Cristo, ovvero una fede che trasforma, trasfigura la vita, portando con sé il peso della testimonianza. In questo senso, la fede viene vissuta, celebrata e trasmessa nella comunità e si intreccia, inevitabilmente, con la dimensione socio-caritativa in quanto i cristiani abitano tutte le realtà, a partire dalla politica.
Nella consapevolezza delle grandissime solitudini e fratture che contrassegnano la vita delle persone e in forza di quanto condiviso negli anni del Cammino sinodale e delle indicazioni scaturite dal Documento, i Vescovi si sono quindi soffermati sulla corresponsabilità, in vista di un approfondimento sul binomio “ministeri e laicità”. Un focus ha riguardato la specificità del ministero dei sacerdoti che, in forza del sacramento dell’Ordine, ha un suo “proprio” e una sua essenzialità: questo determina l’imprescindibilità del ministero per l’esserci della Chiesa.

A servizio della pace e dell’educazione

A fare da sfondo ai lavori ad Assisi, luogo che papa Leone ha definito “altamente significativo per il messaggio di fede, fraternità e pace che trasmette, di cui il mondo ha urgente bisogno”, è stato il tema della riconciliazione. Un appello per la pace è risuonato nel corso della Veglia che si è svolta il 19 novembre nella chiesa inferiore della Basilica di San Francesco: “Auspichiamo che all’umanità siano risparmiati ulteriori lutti e tragedie e sia evitata la spaventosa ipotesi di una catastrofe dalle conseguenze incalcolabili”. Rivolgendosi “a quanti hanno in mano le sorti dei popoli”, i Presuli hanno chiesto che, “messe al bando le armi, a cominciare dalle testate atomiche, impieghino ogni loro sforzo a servizio della pace e i mezzi a loro disposizione per combattere la fame che è nel mondo”.
Accogliendo l’invito di papa Leone che, nell’udienza concessa ai Vescovi della CEI lo scorso 17 giugno, aveva incoraggiato ogni comunità a diventare “una ‘casa della pace’, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono”, l’Assemblea ha approvato il Documento “Educare ad una pace disarmata e disarmante”. Il testo, che verrà diffuso nei prossimi giorni, si presenta articolato in tre parti, che risulteranno utili per la catechesi e l’approfondimento, secondo il metodo del “vedere-giudicare-agire”. Nella prima viene proposta un’analisi della situazione mondiale, europea e italiana, certamente non esaustiva, ma capace di delineare le problematiche più rilevanti. Nella seconda si aggiunge una riflessione alla luce della Sacra Scrittura, della Tradizione e delle Magistero. Nella terza parte si indicano i sentieri dell’educazione delle coscienze, che permettono di affrontare i temi della guerra, del disarmo, della testimonianza cristiana in un mondo sempre più conflittuale, della democrazia come garanzia di pace.
Sempre sul versante dell’educazione, alla vigilia del 40° anniversario dell’Intesa fra la CEI e il Ministero della Pubblica Istruzione circa l’insegnamento della religione cattolica nella scuola (Irc), firmata il 14 dicembre 1985, in attuazione dell’Accordo di revisione del Concordato Lateranense, i Vescovi hanno approvato il Documento “L’insegnamento della religione cattolica: laboratorio di cultura e dialogo”. Il testo evidenzia e rilancia tale disciplina come contributo prezioso della Chiesa alla comunità scolastica e alla crescita di una sempre più ampia alleanza educativa. Vengono infatti richiamate due dimensioni fondamentali dell’insegnamento della religione cattolica: la sua piena appartenenza alle finalità della scuola e il suo essere luogo accogliente, aperto a tutti, a prescindere dalle personali scelte di fede, e dunque palestra di conoscenza e comprensione reciproca, per una convivenza fraterna e costruttiva. Oltre all’introduzione, il Documento si compone di quattro capitoli: il primo offre alcuni elementi per leggere le trasformazioni in atto e cogliere il loro impatto sull’educazione e il contributo dell’Irc; il secondo richiama le ragioni e le caratteristiche che disciplinano l’Irc nella scuola; il terzo è dedicato al profilo professionale e all’impegno educativo degli insegnanti di religione; il quarto evidenzia la responsabilità che l’intera comunità cristiana ha verso l’Irc e l’importanza di promuovere progettualità e collaborazioni educative nei luoghi ordinari.

Tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, un impegno che continua

Particolare rilievo ha assunto la tematica della tutela dei minori e degli adulti vulnerabili. Ai Vescovi hanno portato il loro saluto Mons. Thibault Verny e Mons. Luis Manuel Alì Herrera, rispettivamente Presidente e Segretario della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori (PCTM), che hanno messo in luce il valore della “collaborazione strutturata” con la CEI, avviata tre anni fa. “Tale accordo non è rimasto lettera morta: si è trasformato in un laboratorio di dialogo, azione e corresponsabilità, con ricadute positive in Chiese di quattro continenti”, ha sottolineato Mons. Verny. Nell’occasione, il Presidente e il Segretario della Pontificia Commissione si sono soffermati sulla pubblicazione del secondo Rapporto annuale della PCTM che, hanno ammesso, ha suscitato “alcuni malintesi in talune realtà ecclesiali, in particolare nella vostra Conferenza Episcopale”.
Durante i lavori, infatti, è stato ribadito che la Chiesa italiana ha intrapreso un importante cammino sul versante del contrasto agli abusi e della cultura della prevenzione attraverso la creazione di una rete di servizi a livello nazionale, regionale e diocesano per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili che ha visto un continuo incremento di attività formative e di coinvolgimento. Per le vittime e i sopravvissuti agli abusi si è pregato il 18 novembre, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli: “Ogni mancanza di rispetto è, a diverso livello, una forma di violenza, è sfruttamento, bisogno incontrollato di possesso, offesa della dignità, corruzione. Quando poi a esserne vittima è un minore o una persona vulnerabile, restano ferite che non conoscono prescrizione, ma cicatrici indelebili. Davanti a tale gravità non sussiste spazio alcuno per atteggiamenti di omissione o di sottovalutazione”, ha affermato Mons. Ivan Maffeis, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Vescovo delegato per il Servizio regionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Conferenza Episcopale Umbra, che ha presieduto la celebrazione dei Vespri in occasione della V Giornata nazionale sul tema “Rispetto. Generare relazioni autentiche”.

La carità, nucleo della missione

Altro argomento al centro della riflessione dei Vescovi è stato quello della carità: nucleo ardente della missione della Chiesa e segno di autenticità del Vangelo vissuto – è stato sottolineato – che, per questo, richiede competenza e creatività. Soprattutto di fronte a disuguaglianze crescenti, fragilità multidimensionali, povertà energetica, nuove solitudini che domandano ascolto e visioni capaci di futuro. Non si può infatti ridurre la carità a mera filantropia: la gratuità, la preghiera e la vita sacramentale restano la sorgente da cui scaturisce l’impegno verso i più fragili, in una dinamica che unisce la parola, l’Eucaristia e l’incontro con i poveri. In quest’ottica, l’iniziazione cristiana alla carità, la formazione degli operatori, la qualità degli ambienti di accoglienza e la cura del vissuto ecclesiale che accompagna ogni gesto di prossimità – è stato evidenziato – diventano elementi decisivi. All’azione educativa si affianca poi la dimensione culturale e sociale: l’opera caritativa ha infatti una ricaduta politica, stimolando percorsi legislativi e amministrativi in grado di rispondere alle trasformazioni sociali. Si colloca in questo orizzonte l’appello a valorizzare il servizio civile nella sua originaria vocazione alla pace e alla nonviolenza e quello a far sì che la Caritas sia custodita nella sua specificità, evitando la parcellizzazione pastorale, affinché resti ponte, luogo di comunione, strumento di collaborazione concreta e sinodale.

Adempimenti

L’Assemblea Generale ha votato e approvato i testi in lingua italiana da inserire nei libri liturgici relativi alla memoria facoltativa di Santa Teresa di Calcutta e alla Messa per la custodia della Creazione. I testi dovranno essere presentati al Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti al fine di ricevere la confirmatio.

Comunicazioni

Ai Vescovi sono state consegnate due distinte comunicazioni riguardanti la Giornata per la Carità del Papa e i mass media. Nella prima viene sottolineato come questo appuntamento, celebrato lo scorso 29 giugno, rappresenti ogni anno un’occasione per assicurare al Successore di Pietro l’impegno delle Chiese in Italia per costruire ponti di dialogo, per soccorrere l’umanità sofferente, per essere a servizio degli ultimi e dei più bisognosi. Nel 2024, le Diocesi italiane hanno offerto per l’Obolo di S. Pietro 1.775.739,00 euro; l’importo pervenuto dalle Diocesi italiane alla Santa Sede a titolo di can. 1271 del Codice di Diritto Canonico è stato di 4.514.716,00 euro. Anche nel 2025 i mezzi di comunicazione della Chiesa che è in Italia (Avvenire, Tv2000, la rete radiofonica inBlu2000, l’agenzia Sir) e delle Diocesi – a partire dai settimanali diocesani associati alla FISC (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) e dall’emittenza locale (CORALLO) – hanno sostenuto la Giornata attraverso una serie di iniziative a partire dal mese di maggio. E proprio ai media è dedicata una seconda comunicazione in cui vengono fornite alcune informazioni riguardanti Agenzia Sir, Avvenire, Tv2000 e inBlu2000, i settimanali FISC e il circuito del CORALLO, con un approfondimento sul loro costante impegno nel promuovere e diffondere racconti di qualità, dando voce ai territori e spiegando quanto accade a livello nazionale e internazionale.

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Nel corso dei lavori dell’Assemblea Generale, il 18 novembre si è riunito il Consiglio Episcopale Permanente che ha approvato ad experimentum per un anno, a partire dal gennaio 2026, la riforma degli Uffici e dei Servizi della Segreteria Generale. Parte, dunque, un processo imperniato su tre “principi ispiratori”: sinodalità, per uno stile di lavoro più partecipato; missionarietà, per un’azione più decisamente destinata all’annuncio del Vangelo; diaconia, per un più chiaro riferimento al servizio al ministero episcopale e alla vita delle Diocesi. A questi principi si associano cinque “criteri operativi”: a servizio dei Vescovi e delle Chiese particolari; natura pastorale e missionaria del servizio; sinodalità e partecipazione; una “struttura” missionaria; coordinamento, flessibilità, valorizzazione, sostenibilità, in modo che, nel rispetto delle diverse competenze, venga preservata l’unitarietà delle azioni pastorali. In questa prima fase di sperimentazione verranno, pertanto, create due Aree pastorali dedicate rispettivamente all’Annuncio e alla celebrazione della fede e alla Testimonianza della vita cristiana, dove convergeranno Uffici e Servizi tuttora esistenti tenendo conto degli specifici ambiti di competenza. Al termine del 2026 il processo di riforma proseguirà secondo quegli adattamenti che saranno emersi nella fase sperimentale.

21 Novembre 2025
(fonte: CEI 21/11/2025)

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