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domenica 7 dicembre 2025

EGIDIO PALUMBO: Per una lettura mistagogica del Simbolo della Fede nella Liturgia della Chiesa (VIDEO)

Per una lettura mistagogica 
del Simbolo della Fede 
nella Liturgia della Chiesa
Egidio Palumbo

19.11.2025 - Quinto dei Mercoledì della Spiritualità 2025

VIVERE NELL’OGGI CON PROFEZIA
IL SIMBOLO DELLA FEDE

promossi dalla Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto

(Foto di repertorio)

1. Liturgia, esperienza di fede e trasmissione delle fede

Prima di riflettere sulla collocazione del Simbolo di Fede (il Credo) nella Liturgia della Chiesa, è opportuno, se non addirittura necessario, evidenziare che cosa è Liturgia, chi è il soggetto celebrante, in che senso la Liturgia è esperienza e trasmissione della fede, e che cosa è la mistagogia.

La Liturgia della Chiesa è

 

l’esercizio dell’ufficio sacerdotale di Gesù Cristo; in essa, con segni sensibili, viene significata e, in modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun’altra azione della Chiesa ne uguaglia l’efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado (SC n. 7).

 

In questa affermazione del Concilio Vaticano II, c’è quasi tutto: la Liturgia è opera di Cristo e della sua Chiesa popolo di Dio, che è il suo corpo ed è costituito popolo sacerdotale. Questo significa che il soggetto celebrante è Cristo Gesù Sacerdote assieme alla sua Chiesa popolo sacerdotale. Ovviamente il sacerdozio di Gesù è da intendersi non secondo l’AT, ma secondo il NT, ovvero secondo la lettera agli Ebrei (5,1-10; 7,22-28; 9,11-14.24-28; 10,5-24), dove il Sacerdozio di Gesù (egli era un ebreo laico credente) si qualifica innanzitutto esistenziale e non rituale: egli è Sacerdote perché consegnò se stesso, donò la sua vita in obbedienza a Dio e per amore dell’umanità sprofondata nel fallimento del peccato, per amore dell’umanità lontana da Dio. Con il dono della sua vita Gesù ha aperto all’umanità la strada del ritorno a Dio, della riconciliazione con Lui, della comunione con Lui.

Di conseguenza, il sacerdozio della Chiesa popolo di Dio, come pure il ministero ordinato (vescovo, presbitero, diacono) si fondano e si qualificano sul Sacerdozio esistenziale di Cristo.

E, inoltre, sul Sacerdozio esistenziale di Cristo Gesù si fonda e si qualifica anche la Liturgia della Chiesa con le sue azioni e sequenze rituali. Se il rito cristiano, in tutte le sue molteplici forme e modalità, non trasmette e non ci educa a fare della nostra vita, della nostra esistenza, un dono e una consegna per Dio e per i fratelli e le sorelle in umanità e nella fede, non è rito cristiano, è un’altra cosa...

Da qui, dovrebbe apparire chiaro come il centro della Liturgia della Chiesa è il mistero pasquale del Signore Gesù Crocifisso Risorto, ovvero la proposta e di un’esperienza e di un cammino di una vita nuova, di un modo alternativo e profetico di abitare questo mondo, non omologandosi alle varie forme, palesi e sottili, di idolatria di sé, di idolatria del potere religioso e politico che sottomette l’altro, del potere della forza che annienta l’altro, del potere tecnologico-economico-finanziario che crea disuguagliane e scarti di umanità... 

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Da qui, dovrebbe apparire chiaro come il centro della Liturgia della Chiesa è il mistero pasquale del Signore Gesù Crocifisso Risorto, ovvero la proposta e di un’esperienza e di un cammino di una vita nuova, di un modo alternativo e profetico di abitare questo mondo, non omologandosi alle varie forme, palesi e sottili, di idolatria di sé, di idolatria del potere religioso e politico che sottomette l’altro, del potere della forza che annienta l’altro, del potere tecnologico-economico-finanziario che crea disuguagliane e scarti di umanità...

Tale cammino di vita nuova, alternativa e profetica, è ciò che la Liturgia ci fa sperimentare e ci trasmette, se essa è celebrata e vissuta come esercizio del Sacerdozio esistenziale di Cristo Gesù.

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GUARDA IL VIDEO
Incontro integrale


Guarda anche i post già pubblicati:

Preghiera dei Fedeli - Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - II DOMENICA DI AVVENTO ANNO A

Fraternità Carmelitana 
di Pozzo di Gotto (ME)

Preghiera dei Fedeli


II DOMENICA DI AVVENTO ANNO A  

7 Dicembre 2025


Per chi presiede

Fratelli e sorelle, attraverso la proclamazione di alcune pagine della Scrittura Dio ci ha fatto dono della sua Parola. Con animo grato vogliamo rispondere ad essa innalzando al Signore Gesù le nostre preghiere ed insieme diciamo:

R/   Marana tha, vieni Signore Gesù

  

Lettore

- Fa’, o Signore Gesù, che la tua Chiesa-Sposa non si stanchi di restare in ascolto di Te e della tua Parola. Sull’esempio di Giovanni il Battista fa’ che anch’essa possa essere pura eco, semplice “voce” di quanto Tu continui a dire all’umanità di oggi. Donale la forza di convertirsi quotidianamente, perché il suo stile di vita annunzi la bellezza del tuo Vangelo. Preghiamo.

- Ti preghiamo e ti affidiamo, Signore Gesù, questo nostro mondo di oggi, così carico di incognite e di grandi contraddizioni: allo straordinario e imponente sviluppo tecnologico si accompagna un impoverimento progressivo di gran parte dell’umanità. Con grande cinismo la vita dell’altro è negata, violentata ed in tanti casi eliminata. Non c’è un diritto che valga per tutti, ma solo la legge del più forte. Vieni, Signore Gesù, e dona luce a questa umanità, che ha smarrito la strada della vita. Preghiamo.

- Ti affidiamo, Signore Gesù, tutti quegli uomini e quelle donne, che nel nostro paese pensano di risolvere i loro problemi economici ricorrendo al gioco di azzardo, legale e no. Per tanti di loro si apre un baratro, da cui diventa difficile risalire. Converti, Signore, il cuore dei politici, perché abbiano il coraggio di limitare la gestione statale di questi giochi, così infernali e devastanti. Preghiamo.

- Sii vicino, Signore Gesù, a tutti noi e alle nostre famiglie. Donaci di crescere nella conoscenza di Te e della tua Parola. Fa’ che nelle nostre case insieme al presepio o all’albero di Natale ci sia un Vangelo, una Bibbia da leggere e meditare. Donaci un orecchio attento a quei profeti, come Giovanni Battista, che ci indicano la necessità di un cambiamento di stile di vita, per essere più attenti al grido dei poveri e della nostra Madre Terra. Preghiamo.

- Ti affidiamo, Signore Gesù, i nostri parenti e amici defunti [pausa di silenzio]; ti affidiamo anche i bambini violentati e uccisi, le persone vittime degli incidenti sul lavoro e i malati affetti da malattie incurabili. Dona a tutti la tua consolazione. Preghiamo.



Per chi presiede

Signore Gesù, Germoglio santo della radice di Davide, vieni in mezzo a noi e ridona speranza e pace al nostro mondo, affinché siano raddrizzati i suoi sentieri e il misero e il povero possano trovare in noi una mano amica e solidale che li accolga e li aiuti. Te lo chiediamo perché tu sei nostro Fratello e Signore, nei secoli dei secoli.

AMEN.


UDIENZA GIUBILARE 06/12/2025 - Leone XIV "Pellegrini di speranza" programma di vita, sperare è partecipare insieme (Sintesi/commento, foto, testo e video)

UDIENZA GIUBILARE

Piazza San Pietro
Sabato, 6 dicembre 2025


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Il Papa: "Pellegrini di speranza" 
programma di vita, sperare è partecipare insieme

All’udienza giubilare in Piazza San Pietro, il Papa ricorda che "nei problemi e nelle bellezze del mondo, Gesù ci aspetta e ci coinvolge, ci chiede che operiamo con Lui". Porta poi l’esempio di Alberto Marvelli, giovane di Azione Cattolica, beatificato da Giovanni Paolo II nel 2004


L’Avvento insegna l’attesa, che “non è passiva”, aiuta a far crescere la speranza, prepara a stare insieme a Gesù, a discernere i segni dei tempi. È un momento fecondo che porta al Natale nel quale Dio coinvolge ognuno di noi nella sua storia. Papa Leone lo spiega nella catechesi dell'udienza giubilare di oggi, 6 dicembre, in Piazza San Pietro, preceduta da un giro in papamobile tra i trentamila pellegrini presenti, sostando brevemente per salutare e benedire tanti bambini.

Il Pontefice ricordando Maria, Giuseppe, i pastori, Simone e Anna e molti altri sottolinea che tutti sono chiamati a partecipare.

È un onore grande, e che vertigine! Dio ci coinvolge nella sua storia, nei suoi sogni. Sperare, allora, è partecipare. Il motto del Giubileo, “Pellegrini di speranza”, non è uno slogan che tra un mese passerà! È un programma di vita: “pellegrini di speranza” vuol dire gente che cammina e che attende, non però con le mani in mano, ma partecipando.

Intelligenza, cuore e maniche rimboccate

Partecipare sperando e leggendo i segni dei tempi che il Concilio Vaticano II ha insegnato a interpretare insieme, mai da soli. “Sono segni di Dio, – afferma il Pontefice - di Dio che viene col suo Regno, attraverso le circostanze storiche. Dio non è fuori dal mondo, fuori da questa vita”. È Dio-con-noi tra le realtà più diverse nelle quali l’uomo è chiamato a cercarlo, spiega il Papa, “con intelligenza, cuore e maniche rimboccate!”. Una missione che il Concilio ha affidato soprattutto ai laici.

Nei problemi e nelle bellezze del mondo, Gesù ci aspetta e ci coinvolge, ci chiede che operiamo con Lui. Ecco perché sperare è partecipare!

Il Papa in papamobile (@Vatican Media)

Marvelli: un mondo migliore se si sceglie il bene

La speranza come partecipazione ha un volto per Papa Leone ed è quello del beato Alberto Marvelli, un giovane di Azione Cattolica vissuto nella prima metà del secolo scorso che aveva come modello di vita Pier Giorgio Frassati. Educato in famiglia alla scuola del Vangelo, non mancò di condannare più volte la seconda guerra mondiale, era un giovane altruista.

“A Rimini e dintorni – racconta il Papa - si impegna con tutte le forze a soccorrere i feriti, i malati, gli sfollati. Tanti lo ammirano per questa sua dedizione disinteressata e, dopo la guerra, viene eletto assessore e incaricato della commissione per gli alloggi e per la ricostruzione. Così entra nella vita politica attiva”. Proprio mentre si stava recando in bicicletta ad un comizio la sera del 5 ottobre 1946 un camion militare lo investe. Aveva solo 28 anni.

Alberto ci mostra che sperare è partecipare, che servire il Regno di Dio dà gioia anche in mezzo a grandi rischi. Il mondo diventa migliore, se noi perdiamo un po’ di sicurezza e di tranquillità per scegliere il bene. Questo è partecipare.

Il Papa sul palco allestito per l'udienza giubilare (@Vatican Media)

Il sorriso sulle labbra

L’esempio di Alberto suscita domande. “Chiediamoci – si domanda Leone XIV -: sto partecipando a qualche iniziativa buona, che impegna i miei talenti? Ho l’orizzonte e il respiro del Regno di Dio, quando faccio qualche servizio? Oppure lo faccio brontolando, lamentandomi che tutto va male?”. La risposta è anche sul proprio viso.

Il sorriso sulle labbra è il segno della grazia in noi. Sperare è partecipare: questo è un dono che Dio ci fa. Nessuno salva il mondo da solo. E neanche Dio vuole salvarlo da solo: Lui potrebbe, ma non vuole, perché insieme è meglio. Partecipare ci fa esprimere e rende più nostro ciò che alla fine contempleremo per sempre, quando Gesù definitivamente tornerà.

Donare rende più felici

Nei saluti ai polacchi, il Papa ricorda San Nicola, “vescovo noto per la sua sensibilità verso i bisognosi”. “Impariamo – afferma - che donare rende più felici che ricevere”. Esprime poi l’auspicio che la partecipazione dei bambini e dei ragazzi alle Messe Rorate, che si celebrano in Avvento, aiutino “a sviluppare la virtù della speranza nell’attesa del Santo Natale”.
(fonte: Vatican News, articolo di Benedetta Capelli 06/12/2025)

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CATECHESI DI LEONE XIV

Catechesi. 10. Sperare è partecipare – Alberto Marvelli


Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

siamo da poco entrati nel periodo liturgico dell’Avvento, che ci educa all’attenzione ai segni dei tempi. Noi infatti ricordiamo la prima venuta di Gesù, il Dio con noi, per imparare a riconoscerlo ogni volta che viene e per prepararci a quando tornerà. Allora saremo per sempre insieme. Insieme con Lui, con tutti i nostri fratelli e sorelle, con ogni altra creatura, in questo mondo finalmente redento: la nuova creazione.

Questa attesa non è passiva. Infatti, il Natale di Gesù ci rivela un Dio coinvolgente: Maria, Giuseppe, i pastori, Simeone, Anna, e più avanti Giovanni Battista, i discepoli e tutti coloro che incontrano il Signore sono coinvolti, sono chiamati a partecipare. È un onore grande, e che vertigine! Dio ci coinvolge nella sua storia, nei suoi sogni. Sperare, allora, è partecipare. Il motto del Giubileo, “Pellegrini di speranza”, non è uno slogan che tra un mese passerà! È un programma di vita: “pellegrini di speranza” vuol dire gente che cammina e che attende, non però con le mani in mano, ma partecipando.

Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato a leggere i segni dei tempi: ci dice che nessuno riesce a farlo da solo, ma insieme, nella Chiesa e con tanti fratelli e sorelle, si leggono i segni dei tempi. Sono segni di Dio, di Dio che viene col suo Regno, attraverso le circostanze storiche. Dio non è fuori dal mondo, fuori da questa vita: abbiamo imparato nella prima venuta di Gesù, Dio-con-noi, a cercarlo fra le realtà della vita. Cercarlo con intelligenza, cuore e maniche rimboccate! E il Concilio ha detto che questa missione è in modo particolare dei fedeli laici, uomini e donne, perché il Dio che si è incarnato ci viene incontro nelle situazioni di ogni giorno. Nei problemi e nelle bellezze del mondo, Gesù ci aspetta e ci coinvolge, ci chiede che operiamo con Lui. Ecco perché sperare è partecipare!

Oggi vorrei ricordare un nome: quello di Alberto Marvelli, giovane italiano vissuto nella prima metà del secolo scorso. Educato in famiglia secondo il Vangelo, formatosi nell’Azione Cattolica, si laurea in ingegneria e si affaccia alla vita sociale al tempo della seconda guerra mondiale, che lui condanna fermamente. A Rimini e dintorni si impegna con tutte le forze a soccorrere i feriti, i malati, gli sfollati. Tanti lo ammirano per questa sua dedizione disinteressata e, dopo la guerra, viene eletto assessore e incaricato della commissione per gli alloggi e per la ricostruzione. Così entra nella vita politica attiva, ma proprio mentre si reca in bicicletta a un comizio viene investito da un camion militare. Aveva 28 anni. Alberto ci mostra che sperare è partecipare, che servire il Regno di Dio dà gioia anche in mezzo a grandi rischi. Il mondo diventa migliore, se noi perdiamo un po’ di sicurezza e di tranquillità per scegliere il bene. Questo è partecipare.

Chiediamoci: sto partecipando a qualche iniziativa buona, che impegna i miei talenti? Ho l’orizzonte e il respiro del Regno di Dio, quando faccio qualche servizio? Oppure lo faccio brontolando, lamentandomi che tutto va male? Il sorriso sulle labbra è il segno della grazia in noi.

Sperare è partecipare: questo è un dono che Dio ci fa. Nessuno salva il mondo da solo. E neanche Dio vuole salvarlo da solo: Lui potrebbe, ma non vuole, perché insieme è meglio. Partecipare ci fa esprimere e rende più nostro ciò che alla fine contempleremo per sempre, quando Gesù definitivamente tornerà.
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Saluti
...

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare...

Il mio pensiero va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Vi invito a volgere lo sguardo verso Maria, tanto presente in questo tempo di Avvento. La Vergine Immacolata, che con il suo "sì" all'Angelo Gabriele ha aderito totalmente alla volontà di Dio, vi sostenga nel proposito di rendere fruttuosa la grazia del Giubileo

A tutti la mia benedizione!


Guarda il video integrale




"Un cuore che ascolta - lev shomea" n° 2 - 2025/2026 - II DOMENICA DI AVVENTO anno A

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino


II DOMENICA DI AVVENTO anno A

Vangelo:
Mt 3,1-12

Giovanni Battista è l'ultimo dei profeti, il sigillo finale sulla millenaria storia di Israele. Egli è quell'Elia che deve tornare «per convertire i cuori dei padri verso i figli e i cuori dei figli verso i padri» (Ml 3,23-24). Come tutti i profeti, Giovanni mantiene viva la Parola e le promesse di Dio denunciando i professionisti della religione che hanno ridotto la fede in Yahweh a mera religiosità, un insieme di norme e di riti senza cuore, senza umanità e, infine, senza Dio. «Il cuore della fede di Israele è la Parola di Dio e dietro la Parola c'è sempre Colui che parla» (cit.). Non si tratta di idee da capire o di comandi da eseguire; c'è, invece, da stabilire la comunione con Colui che, nella sua Parola, comunica se stesso. Dimenticare ciò significa cadere nel feticismo: ci si innamora dell'anello e si dimentica lo Sposo. Il Battista rompe con questo modo di pensare la fede, tanto presente ieri in Israele quanto oggi, purtroppo, nella Chiesa. Egli è l'uomo che vive solo della Parola del Signore, di cui miele e cavallette sono simboli. Come Mosè, Giovanni guida Israele verso un esodo, un nuovo esodo, e questa volta al contrario: da Gerusalemme e dalla Giudea - divenuti luoghi di oppressione e di schiavitù - verso il deserto. Anche coloro che credono di abitare nella Terra Promessa devono compiere un esodo: dai loro luoghi sacri e dalle loro immagini di Dio (gli idoli) all'incontro con quel Dio che si fa presente nella fragile carne del Figlio dell'Uomo. Lasciamoci anche noi immergere nello Spirito datore di vita che tutto purifica e illumina, fuoco d'amore che brucia ogni scoria e imperfezione, ogni peccato e male, restituendoci la libertà e la vita.


sabato 6 dicembre 2025

PICCOLI PASSI "«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!» ... Perché il cristiano non è ottimista, ha speranza. ... Perché prima ancora che un mio problema, la salvezza è un desiderio di Dio." - II DOMENICA DI AVVENTO ANNO A - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Maria Ronchi

PICCOLI PASSI


«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!» ...
Perché il cristiano non è ottimista, ha speranza. ... Perché prima ancora che un mio problema, la salvezza è un desiderio di Dio.


In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: "Abbiamo Abramo per padre!". Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Mt 3, 1-12

 
PICCOLI PASSI
 
«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!» ...
Perché il cristiano non è ottimista, ha speranza. ... Perché prima ancora che un mio problema, la salvezza è un desiderio di Dio.

Due Profeti, uno dalla sabbia del deserto, uno dalle acque di Galilea. Giovanni il Battezzatore, nell’arsura del deserto di Giuda, predica: convertitevi, perché il regno è vicino. Gesù, sulle rive del lago di Cafarnao, fa rimbalzare l’identico annuncio: convertitevi perché il regno è vicino.


Tutti i profeti hanno gli occhi fissi nel sogno dal nome regno dei cieli, che è un mondo intessuto di rapporti buoni e felici. Ne percepiscono il respiro: è possibile, è ormai iniziato.

Dio è vicino, è qui, prima buona notizia: il grande Pellegrino ha camminato, ha consumato distanze e ora è vicinissimo a te.

Convertitevi, ossia osate la vita, mettetela in cammino, e non per eseguire un comando, ma per una bellezza dietro cui perdere il cuore. Ciò che converte il freddo in calore non è un ordine dall’alto, ma la vicinanza del fuoco, una lampada che si accende, un raggio, una stella, uno sguardo. Convertitevi! Giratevi verso la luce, che è bella e cambia il modo di vedere gli uomini e le cose.

Se guardo con attenzione, io vedo che il mondo è più vicino al regno di Dio oggi di ieri: è cresciuta la libertà di essere se stessi, l’autenticità nelle relazioni, è cresciuta la solidarietà verso i deboli, verso i disabili c’è stata una autentica rivoluzione, sono cresciuti l’istruzione, la scienza e il rispetto per il creato e la vita.

Anche altro è cresciuto: tra il buon grano radici di guerre e inganni, solitudine e disgregazione dei legami, idolatria del denaro, della forza e dell’apparire, insofferenza verso chi chiede aiuto. Zizzania e buon grano.

Ma io credo nella buona notizia di Isaia, di Giovanni, di Gesù.

Perché il cristiano non è ottimista, ha speranza. L’ottimista tra due ipotesi sceglie quella positiva. Io scelgo il Regno, lo faccio per un atto di speranza: perché Dio si è impegnato con noi in questa nostra storia, con un intreccio così scandaloso da arrivare fino alla morte di croce.

Chiniamoci con attenzione e lo vedremo, nell’intimo di ciascuno, nell’umiltà dei giorni e dei segni: egli viene.

Perché viene? Perché prima ancora che un mio problema, la salvezza è un desiderio di Dio.

Con le immagini potenti della scure e del fuoco, il vangelo racconta che Dio raggiunge e tocca quella misteriosa radice del vivere che ci mantiene diritti come alberi forti, che ci permette di intravvedere germogli anche sulle macerie.

Dio viene dentro la passione d’amore, dentro la fedeltà al dovere, dentro il coraggio di sperare, la generosità di rimanere accanto, nella gioia della libertà raggiunta, quando accetto la sproporzione tra ciò che mi è promesso e ciò che stringo fra le mani, e tuttavia faccio avanzare di un passo, di un millimetro, di un niente, la bontà del mondo.


La Controfinanziaria di Sbilanciamoci - Le 111 proposte per cambiare l’Italia


È online la “Controfinanziaria” 2026 di Sbilanciamoci!

Come assicurare giustizia economica, sociale e ambientale, benessere e sostenibilità al Paese: pubblicata la “Controfinanziaria” 2026, il Rapporto annuale di Sbilanciamoci! con l’analisi della Legge di Bilancio del Governo e una contromanovra economico-finanziaria da oltre 55 miliardi, a saldo zero.


Pubblicata e liberamente scaricabile la “Controfinanziaria”, il Rapporto annuale della Campagna Sbilanciamoci! curato dagli esperti delle 55 organizzazioni aderenti e intitolato Come usare la spesa pubblica per i diritti, la pace, l’ambiente. Nel Rapporto si esamina in dettaglio il Disegno di Legge di Bilancio 2026 del Governo attualmente in discussione in Senato e si delinea una manovra economico-finanziaria alternativa e a saldo zero da oltre 55 miliardi di euro, con 111 proposte concrete e praticabili da subito, per un’Italia capace di futuro.

«La Legge di Bilancio del governo Meloni è inadeguata, socialmente iniqua e, dal punto di vista fiscale e ambientale, regressiva», dichiara Giulio Marcon, portavoce della Campagna Sbilanciamoci!. «È una manovra che ripropone le stesse priorità dell’ultimo anno, concentrando risorse e investimenti sulla Difesa e l’industria militare e lasciando irrisolte le questioni che davvero stanno a cuore alle persone: l’aumento delle disuguaglianze, della povertà e del costo della vita, la crisi climatica, la perdita di capacità produttiva del Paese e l’indebolimento di welfare, sanità e istruzione pubblica». «Il Rapporto 2026 di Sbilanciamoci! – prosegue Marcon – propone una visione radicalmente alternativa: investire nelle persone, nei territori, nei beni comuni. Senza aumentare il debito pubblico, la nostra Controfinanziaria mostra come sia possibile destinare risorse consistenti ai servizi essenziali, alla giusta transizione ecologica, al lavoro, al reddito, alle politiche sociali e alla cooperazione internazionale, riducendo al tempo stesso spese militari e sussidi dannosi per l’ambiente». «Quello che è stato presentato oggi – conclude Marcon – è un modello alternativo e realistico di politica economica: una proposta costruita euro su euro che mette al centro giustizia fiscale, diritti, pace e sostenibilità, e che indica una direzione di sviluppo più equilibrata e più vicina ai bisogni del Paese».

Il Rapporto 2026 di Sbilanciamoci! è stato presentato in una affollata conferenza stampa al Senato con la presenza, tra gli altri, dei rappresentanti e Presidenti delle organizzazioni aderenti alla Campagna Sbilanciamoci!.

(fonte: Sbilanciamoci! 04/12/2025)

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Le nostre 111 proposte per cambiare l’Italia

No alla leva e al riarmo, sì ai corpi di pace, no al Ponte ma riassetto dei territori senza consumo di suolo, tasse su super ricchi ed extra profitti bellici, no ai Cpr. Queste e tante altre le misure di spesa pubblica delle 55 associazioni di Sbilanciamoci! illustrate al Senato.


No al ripristino della leva militare e ai piani di riarmo, no al Ponte sullo stretto e alle grandi opere, no al consumo di suolo e sì agli interventi di bonifica e riassetto dei territori, sì alla transizione energetica e no ai sussidi ambientalmente dannosi, sì al ripristino di una forte progressività nella tassazione, no ai Cpr e ai centri per migranti in Albania, sì un sistema di accoglienza pubblico, diffuso e qualificato, sì a interventi di depenalizzazione e ad un maggiore sostegno alle comunità e alle case famiglia. Ci sono queste e tante altre scelte nella “finanziaria alternativa” di Sbilanciamoci!, presentata giovedì 4 dicembre al Senato. Il testo integrale del Rapporto è scaricabile gratuitamente dal sito (qui).

L’aula Nassiriya di Palazzo Madama era piena di ospiti per la presentazione alla stampa del Rapporto sulla legge di bilancio, che copre la spesa pubblica impegnata nel triennio 2026-2028, e per illustrare le 111 controproposte elaborate dalle 54 associazioni aderenti alla campagna. Politici di centrosinistra, attivisti delle associazioni, sindacalisti, oltre ai giornalisti, hanno ascoltato gli interventi che in rapida successione hanno esposto in forma sintetica gli argomenti del rapporto, dall’analisi della manovra del governo, giudicata dal portavoce della campagna Giulio Marcon “modesta, lacunosa e sbagliata”, a quella alternativa, con misure dettagliate e concrete che utilizzino la leva pubblica per la pace, i diritti sociali e l’ambiente.

Dalle oltre 100 pagine del Rapporto Sbilanciamoci! sono stati elaborati 16 emendamenti, che, se anche non supereranno la tagliola dell’esecutivo, rimarranno agli atti e costituiscono una solida base comune per le forze di centrosinistra (Pd, Cinquestelle e Alleanza Verdi e Sinistra).

Quest’ultima “controfinanziaria”, la numero 25 per Sbilanciamoci!, non ha l’impianto minimale della legge di bilancio che la premier Meloni si appresta a mettere ai voti in Parlamento – appena 18 miliardi impegnati, un impatto zero sulle prospettive del Paese per far posto al rientro dalla procedura di infrazione comunitaria e poi ad un mega ricorso a debiti Safe per il riarmo, come da programma del centrodestra. Il valore della contromanovra è invece 55,2 miliardi di euro.

Si propongono interventi di notevole impatto per una fiscalità più equa e progressiva, per una politica industriale improntata alla riconversione ecologica come motore di una ripartenza dell’economia italiana, ad oggi ferma con il motore imballato, per creare buona occupazione nella sanità, nei servizi pubblici, nell’istruzione, nella ricerca, nell’economia sostenibile, insomma, sia dal punto di vista sociale che ambientale.

“Le alternative proposte da Sbilanciamoci! disegnano un Paese che tanti italiani vorrebbero”, ha detto Alessandra Maiorino, vice capogruppo al Senato del M5S, “mentre al governo abbiamo un consorzio di lobbisti che tutelano banche, assicurazioni, Big Tech e grandi gruppi energetici”.

La conferenza stampa è stata anche l’occasione per esprimere solidarietà all’operaio della Fiom che è stato ferito a Genova durante una carica della polizia contro i lavoratori che protestavano sotto la Prefettura contro l’atteggiamento ottuso del governo sulla vertenza Ilva. E per lanciare alcune sfide alla maggioranza e al governo.

Christian Ferrari della Cgil ha sottolineato come le proposte di Sbilanciamoci! sono in piena sintonia con la piattaforma dello sciopero generale contro la manovra indetto dal sindacato di corso d’Italia per il prossimo 12 dicembre. “Il governo nega che la situazione economica sia in netto peggioramento – ha ricordato Ferrari – ma la nostra economia sta scivolando in recessione, con il crollo della produzione degli ultimi 3 anni, il mercato del lavoro in affanno, salvo per gli over 50enni per effetto della legge Fornero, e un’emergenza salariale aggravata anche dal drenaggio fiscale: 25 miliardi di maggior gettito dei lavoratori e dei pensionati che non viene restituito ma incanalato per migliorare i saldi di bilancio e far spazio ad un enorme aumento della spesa in armamenti”.

Il capogruppo al Senato del Pd, l’economista Francesco Boccia da parte sua ha minacciato il ricorso all’ostruzionismo parlamentare nel caso siano confermati gli articoli 123-128 della legge di bilancio nei quali di soppiatto sono stati inseriti i Livelli essenziali di prestazioni. In questo modo i Lep verrebbero definiti senza elaborare – e discutere in Parlamento – un apposito disegno di legge, una operazione simile a quella che era stata già fermata dalla Corte costituzionale. La Consulta, proprio in previsione di questa attesa legge organica, aveva escluso il ricorso al referendum sull’autonomia differenziata regionale a firma Calderoli. “Sui Lep daremo battaglia – promette ora Boccia – perché incidono su i trasporti, l’istruzione, la sanità, l’assistenza, dai nidi ai servizi per gli anziani, incidono dunque sulla giustizia sociale nel suo complesso”. E aggiunge: “Fermeremo questa operazione o altrimenti torneremo a raccogliere le firme per il referendum”.

Alfio Nicotra di Un Ponte Per, che insieme a Rete Pace e Disarmo ha curato la parte del Rapporto sul disarmo, ha affrontato il tema del progetto di ripristino della leva militare annunciato per febbraio dal ministro della Difesa Guido Crosetto. “Si tratta di un progetto fumoso basato su una leva volontaria che attiva in noi un allarme democratico – ha detto Nicotra – anche perché è inserito in una previsione di spesa da 130 miliardi nei prossimi 15 anni per sistemi d’arma mentre per noi non è il riarmo a garantire una vera sicurezza ma al contrario, occorre rifinanziare il servizio civile e sperimentare casomai i corpi di pace come operazioni-cuscinetto nelle zone di conflitto”.

Sofia Basso, dell’unità investigativa di Greenpeace, ha sinteticamente spiegato la nuova proposta inserita nel Rapporto Sbilanciamoci! di quest’anno: la tassazione del 50% degli extraprofitti delle imprese militari, che fa il paio sul fronte delle entrate alla riproposizione della tassazione dell’1% sui patrimoni superiori ai 5 milioni di euro, la proposta denominata Tax the Rich!, molto simile alla relativa proposta di patrimoniale sulle grandi ricchezze lanciata dalla Cgil di Maurizio Landini. “Dal 2021, quindi prima della guerra in Ucraina, al 2024 ci sono 15 aziende che hanno raddoppiato i loro profitti – ha sottolineato Sofia Basso – e nell’anno che sta per finire gli introiti sono lievitati a 1 miliardo e mezzo. Proponiamo di tassare questo extragettito per recuperare 750 milioni da investire in sanità e transizione ecologica, oltre che in una reale cooperazione allo sviluppo”.
(fonte: Sbilanciamoci! articolo di Rachele Gonnelli 04/12/2025)

San Nicola e la sua festa: tra storia, tradizione e meraviglia popolare - La vera storia di Babbo Natale - Le origini cristiane di BABBO NATALE raccontate da Lorenzo Galliani


San Nicola e la sua festa:
tra storia, tradizione e meraviglia popolare

San Nicola è una delle figure più affascinanti della tradizione cristiana, un santo capace di unire fede, leggenda e affetto popolare come pochi altri. 
Vescovo di Mira, vissuto tra il III e il IV secolo, è ricordato come un uomo mite e caritatevole, pronto a donare in silenzio e senza ostentazione, sempre attento ai bisogni dei più poveri e dei più indifesi. Attorno alla sua figura si sono sviluppati racconti che attraversano epoche e paesi: storie di salvataggi miracolosi, di marinai scampati alla tempesta, di bambini protetti e di poveri soccorsi in segreto. È proprio questo suo legame con la generosità a renderlo il patrono dei bambini, dei viaggiatori, dei navigatori e di chi vive o lavora sul mare. Non a caso la sua fama ha avuto un’eco straordinaria nella storia europea, tanto che molte comunità costiere lo considerano ancora oggi un protettore indispensabile.

La sua festa ricorre il 6 dicembre e, anche se ogni luogo la vive a modo suo, rimane ovunque un appuntamento molto sentito, perché non è soltanto un giorno religioso: è un momento che apre idealmente il tempo dell’attesa del Natale, un periodo in cui l’atmosfera si fa più calda, più luminosa, più familiare. In tanti paesi e città, soprattutto nell’Europa orientale e nel Sud Italia, il 6 dicembre porta con sé una celebrazione fatta di riti antichi, processioni, mercatini, canti tradizionali e doni ai più piccoli. È famoso il rito per cui “San Nicola passa nella notte”: i bambini lasciano un piatto o una scarpa sperando di trovare, al risveglio, qualche dolcetto o un pensierino, simbolo della generosità discreta del santo.

In alcune città, come Bari, il culto di San Nicola assume una dimensione particolare: qui nel 1087 furono traslate le sue reliquie, e da allora il santo è diventato un punto di riferimento spirituale e identitario. Le celebrazioni, che si tengono sia a maggio sia nel giorno della sua festa di dicembre, sono tra le più partecipate d’Italia: portatori, confraternite, fedeli e pellegrini si uniscono per rendere omaggio a un santo sentito come un amico di famiglia, uno spirito buono che veglia sul mare e sulle case. Anche altrove, però, il 6 dicembre rimane un giorno speciale: nelle scuole si organizzano piccole feste, nei villaggi di montagna si accendono falò, in molte chiese si celebra la messa dedicata ai bambini.

San Nicola vive anche nella cultura popolare in un modo curioso: da lui derivano molte delle tradizioni che hanno generato la figura moderna di Babbo Natale. Il santo che dona di nascosto, che protegge i più piccoli e che arriva con il freddo dell’inverno ha ispirato la fantasia di generazioni, trasformandosi nei secoli e attraversando culture diverse. Ma al di là di ogni evoluzione, resta intatto il suo significato più profondo: essere un simbolo di bontà autentica, di aiuto silenzioso, di speranza che scalda anche nei momenti più bui dell’anno.

Così, ogni volta che arriva il 6 dicembre, San Nicola torna a ricordare che la generosità non ha bisogno di clamore, che i gesti più semplici possono diventare miracoli per chi li riceve, e che la festa, nella sua essenza più pura, nasce sempre da un cuore capace di donare.
(fonte: Vaticano.com 06/12/2025)

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San Nicola, la vera storia di Babbo Natale

Come, quando e perché un eroe cristiano della carità, uno dei santi più popolari, vescovo di Myra e patrono di Bari, è diventato un'icona pop e simbolo, anche commerciale, del vecchio Santa Claus che porta i doni delle feste ai bambini


In Italia e nel mondo è conosciuto come Nicola di Bari e si festeggia il 6 dicembre, i russi, per dare l’idea di quanto lo amino, gli hanno dato il nomignolo, un po’ sproporzionato, di Russkij Bog (il “Dio russo”) mentre un mito globale lo identifica (impropriamente) con Santa Claus, il vecchio barbuto che porta i doni delle feste.

È un santo che i bambini imparano a pregare e aspettare assai prima di frequentare il catechismo e che da solo, in un anno, riceve il 90 per cento di tutta la posta recapitata in Finlandia. Non male per uno che in Finlandia non ci ha mai messo piede.

Insomma, Nicola è dei santi più amati e venerati in ogni parte del globo, unisce cattolici e ortodossi, vanta numerose leggende e miracoli, è al centro di una intricata e affascinante storia di devozione interculturale che l’ha condotto a diventare un’icona pop.

Le sue reliquie, conservate a Bari, sono ancora oggi contese e ogni tanto la Turchia ne chiede la restituzione dopo che nel 1087 furono trafugate da Myra - un’antica città ellenica che oggi si trova nella Turchia meridionale - da parte di alcuni marinai baresi che bruciarono sul tempo i veneziani.

Il modo in cui un vescovo dell'epoca costantiniana che abitava alla periferia dell’impero romano sia diventato, in seguito a un complicato sovrapporsi di immagini e racconti, il testimonial della Coca-Cola e il portatore di doni più famoso di tutti i tempi, meriterebbe un articolo a parte.

Riassumendo, il motivo principale è legato a un episodio della vita del Santo che s’imbatté in una famiglia nobile e ricca caduta in miseria. Il padre, che si vergognava dello stato di povertà in cui versava, decise di avviare le figlie alla prostituzione. Nicola, nottetempo, gettò attraverso le finestre dei sacchetti pieni d’oro, e scomparve.

Al terzo lancio il padre delle ragazze, rimasto sveglio per curiosità, riuscirà finalmente a sorprendere lo strano ladro al contrario. Nicola gli ordinerà di non fare il suo nome perché i regali devono restare un segreto.

Qualcosa non deve essere andato per il verso giusto se svariati secoli dopo siamo ancora qui a parlarne. Grazie a quei sacchetti pieni d’oro regalati dal vescovo, l’uomo poté far sposare le figlie e risparmiare loro l’onta della prostituzione.

E così, passando dalla mitologia nordica e in particolar modo dalla figura di Odino, San Nicolaus diventa il Santa Claus dei Paesi anglosassoni, e il Nikolaus della Germania che a Natale porta i regali ai bambini.

Il merito è di una poesia del 1823 di Clement Clarke Moore intitolata Una visita di San Nicola (conosciuta anche come La notte prima di Natale), in cui per la prima volta Santa Claus appare come un buffo signore dalla pancia rotonda e dalle guance rubiconde che plana sopra i tetti a bordo di una slitta trainata da otto renne e viene giù dal camino col suo sacco pieno di regali in spalla.

Qualche anno dopo la figura di Santa Claus si fonde con quella del Father Christmas britannico, le cui origini risalgono al XV secolo ma che diventa popolare solo in epoca vittoriana, grazie alla raffigurazione che ne fa John Leech per illustrare lo Spirito del Natale Presente, il personaggio che appare a Scrooge nel racconto Canto di Natale di Charles Dickens del 1843: un gigante con la barba lunga (scura però, non bianca), che indossa una cappa di stoffa verde orlata da una pelliccia bianca, porta in testa un ramo d’agrifoglio e brandisce una torcia.

La strada è tracciata. L’iconografia moderna risale a un illustratore del periodo della Guerra di Secessione, Thomas Nast, il primo a rappresentare Santa Claus come lo immaginiamo oggi – con la lunga barba bianca e l’abito e il berretto rosso – in una vignetta pubblicata dalla famosa rivista di moda americana Harper’s Bazaar nel 1863.

La consacrazione definitiva arriva però qualche anno dalla pubblicità della Coca-Cola dove appare di rosso vestito, come l’aveva rappresentato Nast, mentre viaggia nel cielo su una slitta trainata dalle renne.

Lo spot della multinazionale americana risale al 1931 e nacque dalla penna dell'illustratore Haddon Sundblom, che mise insieme la figura “classica” di San Nicola e il personaggio descritto da Charles Dickens nel racconto Canto di Natale.

L’obiettivo era quello di convincere i consumatori americani che the coke non era solo una bevanda rinfrescante per l’estate ma si poteva bere tutto l’anno.

Ecco dunque Santa Claus di rosso vestito, il colore della Coca-Cola, che entra in casa per portare dei doni ai bambini ma non resiste alla tentazione di bersi anche una bottiglietta di Coca. È l’ultimo atto della definitiva “brandizzazione” del vecchio San Nicola.

Ma facciamo un passo indietro. Della vita di Nicola non si sa molto, se non l’essenziale: nacque intorno al 260 d.C. a Patara, importante città della Licia, nell’attuale Turchia, quasi dirimpetto all’isola greca di Rodi.

Nell’antichità i due porti principali della regione erano proprio quelli delle città di San Nicola: Patara, dove nacque, e Myra, dove fu vescovo.

Scarne le notizie anche sull’infanzia: il primo a parlarne è nell’VIII secolo un monaco greco, Michele Archimandrita, il quale, spinto anche dall’intento edificante, scrive che Nicola sin dal grembo materno era destinato a diventare santo, dato che il mercoledì e il venerdì pare succhiasse il latte materno solo una volta al giorno e in piccole quantità, per rispettare i dettami del digiuno cristiano. Sicuramente proveniva da una famiglia agiata, forse aristocratica.

Rocambolesca la sua elezione a vescovo. Intorno all’anno 300 dopo Cristo, anche se il cristianesimo non era stato legalizzato nell’impero e non esistevano templi cristiani, le comunità che si richiamavano all’insegnamento evangelico erano già notevolmente organizzate. Essendo morto il vescovo di Myra, i vescovi dei dintorni si erano riuniti in una casa privata per individuare il nuovo vescovo da dare alla città.

Quella stessa notte uno di loro ebbe in sogno una rivelazione: avrebbero dovuto eleggere un giovane, laico, che per primo all’alba sarebbe entrato in chiesa. Il suo nome era Nicola.

Ascoltando questa visione i vescovi compresero che l’eletto era destinato a grandi cose e, durante la notte, continuarono a pregare. All’alba la porta si aprì ed entrò Nicola. Il vescovo che aveva avuto la visione gli si avvicinò e chiestogli come si chiamasse, lo spinse al centro dell’assemblea e lo presentò agli astanti. Tutti furono concordi nell’eleggerlo e nel consacrarlo seduta stante vescovo di Myra.

Dopo l’elezione si distinse per la condotta irreprensibile, lo zelo con cui difendeva i bisognosi, e perché no, anche i regali.

La sua vita è ricca di episodi miracolosi: libera tre condannati a morte ingiustamente, moltiplica il grano per gli affamati, converte i cuori malvagi, guarisce e salva dai pericoli. Come per la nascita, anche della sua morte non si sa alcunché.

Con ogni probabilità morì in un anno molto prossimo al 335 dopo Cristo.

Nel 1087 una spedizione navale partita dalla città di Bari verso Myra, divenuta nel frattempo musulmana, si impadronì delle spoglie del Santo, che nel 1089 vennero definitivamente poste nella cripta della Basilica eretta in suo onore e che ogni tanto attira migliaia di pellegrini, soprattutto ortodossi.

L’idea di trafugare le sue spoglie venne ai baresi nel contesto di un programma di rilancio dopo che la città, a causa della conquista normanna, aveva perduto il ruolo di residenza del Catepano e quindi di capitale dell’Italia bizantina.

In quei tempi la presenza in città delle reliquie di un santo era importante non solo dal punto di vista spirituale ma anche perché diventava mèta di pellegrinaggi e quindi fonte di benessere per l’indotto economico generato.
(fonte: Famiglia Cristiana, Antonio Sanfrancesco 06/12/2025)

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SAN NICOLA - Le origini cristiane di BABBO NATALE
raccontate da Lorenzo Galliani

La leggenda delle tre fanciulle collega il vescovo di Myra alla moderna immagine di Babbo Natale. Anche se di mezzo, da un secolo a questa parte, c'è anche la Coca-Cola ...

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Eduscopio 2025, lo scrittore Affinati: La scuola non è una gara a punteggio


Eduscopio 2025, lo scrittore Affinati:
La scuola non è una gara a punteggio

Le classi di alunni sono una realtà molto più complessa di una classifica. I gruppi che danno più soddisfazione sono quelli eterogenei, con ripetenti e secchioni assieme. In Italia abbiamo inventato l’Umanesimo: dobbiamo assoggettarci ai modelli anglossassoni?

Studenti in aula in una scuola elementare. ANSA

Eraldo Affinati, scrittore e insegnante. (ANSA)
Eduscopio, gruppo di lavoro della Fondazione Agnelli, stila le classifiche delle migliori scuole italiane a partire dai risultati ottenuti dai liceali quando si iscrivono all’università, oppure dagli studenti dei tecnici e professionali nel momento in cui cercano lavoro.

In base a tali parametri, secondo dati che riguardano 1.355.000 ragazzi di 8.150 scuole, i primi diplomati quadriennali non avrebbero ottenuto esiti incoraggianti, moltissimi istituti non sarebbero all’altezza, alcune realtà didattiche si confermano, altre deludono, la grande maggioranza neppure compare nella lista da cui le famiglie dovrebbero scegliere dove indirizzare i loro figli dopo la terza media.

I giornali enfatizzano queste statistiche quasi si trattasse di una gara sportiva, con tanto di podio e medaglie: il liceo campione d’Italia è il Giovanni Battista Ferrari di Este, in provincia di Padova, a Milano il Berchet torna in vetta, a Roma è sempre il Visconti ad avere la meglio, a Bologna il Galvani mantiene il primato….

Signori, verrebbe da dire, la scuola non merita di essere trattata così. È una cosa molto più complessa e difficile da capire che riguarda il bene comune, la coscienza dei futuri cittadini, i valori che intendiamo trasmettere alle nuove generazioni. Tanto per dirne una, la risposta giusta non sempre corrisponde alla verità e quella sbagliata non dovremmo mai gettarla nel cestino: la prima rischia di essere un adesivo alla parete, pronto a staccarsi il giorno dopo essere stato incollato; la seconda potrebbe rivelare un segreto prezioso impossibile da comunicare. I gruppi che danno più soddisfazione ai docenti e rendono meglio sono quelli eterogenei, non quelli selezionati verso l’alto o verso il basso: una classe di ripetenti sarebbe tristissima, come una composta da secchioni. Non solo i deboli hanno bisogno dei forti, vale anche il contrario: sia nella singola aula, sia nell’intero territorio nazionale.

Perché dobbiamo accettare il pensiero secondo il quale contano solo gli obiettivi raggiunti o mancati? E se invece a fare la differenza fosse il percorso che registriamo dalla stazione di partenza a quella dove qualcuno ha deciso che dovremmo tagliare il traguardo? Ogni apprendimento possiede una forma propria, un tempo unico: uniformarli tutti secondo i famigerati standard di valutazione oggettiva potrebbe significare eleggere a valore assoluto una semplice convenzione culturale. In Italia abbiamo inventato l’Umanesimo: è proprio inevitabile assoggettarsi ai modelli anglosassoni?

E poi quando avremo fatto credere ai genitori che le scuole vincitrici di questo immaginario torneo dovranno essere quelle preferite, magari perché prive di alunni immigrati che attarderebbero la corsa, cosa ne faremo di tutte le altre? Le lasceremo marcire in serie B, nella retrovia polverosa, solo perché non hanno saputo raggiungere le performance da noi stabilite? Come facciamo a spiegare che educare non è solo istruire?
(fonte: Famiglia Cristiana 4/12/2025)

venerdì 5 dicembre 2025

La conferenza stampa di Leone XIV in aereo al termine del viaggio apostolico in Türkiye e in Libano - In Medio Oriente una pace sostenibile è possibile

VIAGGIO APOSTOLICO DI LEONE XIV
IN TÜRKIYE E IN LIBANO
CON PELLEGRINAGGIO A İZNIK (TÜRKIYE)
IN OCCASIONE DEL 1700° ANNIVERSARIO DEL PRIMO CONCILIO DI NICEA
27 NOVEMBRE - 2 DICEMBRE 2025

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La conferenza stampa di Leone XIV in aereo
al termine del viaggio apostolico in Türkiye e in Libano

In Medio Oriente
una pace sostenibile è possibile


«Pensavo di andare in pensione...»

«Innanzitutto voglio dire grazie a tutti voi che avete lavorato tanto, vorrei che trasmetteste questo messaggio anche agli altri giornalisti sia in Türkiye che in Libano, che hanno lavorato per comunicare i messaggi importanti di questo viaggio». Così Leone XIV ha salutato gli 81 tra cronisti, fotografi e cameramen presenti martedì 2 dicembre sul volo di ritorno da Beirut a Roma, al termine della prima visita internazionale del pontificato. 
Rispondendo alle domande rivoltegli, in inglese, italiano e spagnolo il Papa ha parlato tra l’altro delle aspettative per il Medio Oriente, sottolineando che «una pace sostenibile è possibile»; ma anche della guerra in Ucraina, della presenza dell’Europa nelle trattative e della situazione del Venezuela. 
Nella circostanza ha ricevuto in dono un quadro dipinto a mano negli stessi giorni della visita, che ritrae lui e i luoghi simbolici visitati nel Paese dei Cedri.

Atterrato all’aeroporto di Roma-Fiumicino alle 15.57, successivamente il Pontefice ha raggiunto Castel Gandolfo dove ha pernottato e sta trascorrendo la giornata di mercoledì 3 dicembre. 
Il rientro è previsto in serata.
(fonte: L'Osservatore Romano 03/12/2025)

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Foto e video integrale






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Vedi anche il post (all'interno i link a quelli precedenti):