TITO BRANDSMA:
PROFETA ED EDUCATORE
DI PACE
a cura di P. Gregorio Battaglia,
ocarm
(VIDEO INTEGRALE)
12 maggio 2022
Tra noi e p. Tito c’è un particolare in comune: come lui anche noi ci ritroviamo ad attraversare gli anni ‘venti’ di secoli diversi, ma caratterizzati in Europa da una crescente spinta al nazionalismo, alla corsa al riarmo, al bisogno di un governo forte e, possibilmente, dittatoriale. Gli anni ‘venti’ di p. Tito avevano alle spalle la memoria molto recente della prima guerra mondiale, ma il continente europeo era già in fermento e si andavano addensando i primi segnali di un prossimo conflitto grazie al movimento fascista in Italia e a quello nazifascista in Germania, mentre in Russia si andava affermando la dittatura di Stalin.
Per meglio descrivere lo stato d’animo di p. Tito, che si è ritrovato a vivere in un contesto, che egli non ha mancato di descrivere come un tempo di vera follia, vorrei rifarmi al Salmo 120, che di fatto apre una piccola raccolta, che va sotto il nome di Salmi graduali o delle ascensioni. Il salmo è molto breve e si compone di soli 7 versetti. Esso si chiude con queste parole: “Troppo tempo ho abitato con chi detesta la pace. Io sono per la pace, ma essi appena parlo sono per la guerra”. L’orante del salmo avverte l’urgenza di prendere le distanze da un mondo, da una mentalità, che mostra una scala di valori, che portano lontano dalla pace. C’è un modo di pensare e di agire attorno a lui che ritiene che la guerra sia ineliminabile dalle relazioni umane e che non ci sia altro modo di abitare su questa terra se non provvedendo a diventare più forte dell’altroe degli altri.
In una conferenza tenuta a Deventer l’11 Novembre del 1931 p. Tito avverte l’urgenza di dire ad alta voce, che egli non intende far sue le idee, che percorrevano la società del suo tempo. Egli non vuole dare diritto di cittadinanza alle ragioni della guerra, mentre ritiene che per i cristiani sia quanto mai urgente riascoltare e riproporre il progetto di Dio, così come si è reso visibile nella carne e nell’insegnamento di Gesù di Nazareth. Dio non è il Dio della violenza e della guerra e non è nemmeno il dio che benedice gli eserciti, ma è il Dio che ama questo mondo e che intende radunare tutti i popoli nell’unico abbraccio del suo Figlio crocifisso.
P. Tito è davvero un profeta di pace, che nella confusione dei tempi resta ben radicato nell’ascolto
del Vangelo ed in modo particolare del Discorso della montagna, come è riportato nel Vangelo di Matteo.
Così facendo egli ha potuto indicare ai suoi contemporanei, ma può indicare anche a noi, che viviamo
tempi di incertezze e di grandi tentazioni, quale sia la strada da intraprendere, costi quel che costi. Nella
conferenza di Deventer egli così esordisce: «Voglio iniziare esprimendo il mio amore per la pace,
proclamando la mia fiducia nella pace e la speranza in una pace rinnovata non solo nel mio cuore, ma in
tutti voi, che volete vederla regnare sovrana nel mondo in luogo di un susseguirsi di una guerra dopo
l’altra»
...
Dice p. Tito in modo molto lapidario: «L’egoismo e l’avidità sono i grandi mali
di questi tempi e le cause più profonde della guerra. Dobbiamo prendere posizione contro di essi; solo
allora lavoreremo effettivamente per la pace»5
.
Dedicare più attenzione ai processi produttivi e agli scambi commerciali permetterebbe di non
lasciarsi intrappolare nella semplice propaganda, che cerca di rendere necessario e ragionevole ciò che è
motivato da altri interessi.
...
Tutto questo fa dire a papa Francesco nella “Evangelii Gaudium”: “Oggi dobbiamo dire ‘no’ ad
un’economia dell’esclusione e della inequità. Questa economia uccide. (…) Oggi tutto entra nel gioco
della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole” (EG 53). Qualche
paragrafo più avanti il papa aggiunge: “In tal modo la disparità sociale genera prima o poi una violenza
che la corsa agli armamenti non risolve, né risolverà mai. Essa serve solo a cercare di ingannare coloro
che reclamano maggiore sicurezza, come se oggi non sapessero che le armi e la repressione violenta
invece di apportare soluzioni creano nuovi e peggiori conflitti” (EG 60).
Di fronte al diffondersi di una mentalità, che ritiene ragionevole il predominio del più forte a
scapito dei più deboli p. Tito ritiene che sia quanto mai necessaria l’azione degli intellettuali volta a
smascherare le contraddizioni e i pregiudizi delle ideologie correnti. Non mancano, infatti, i cosiddetti
benpensanti, che pur dichiarandosi fautori della pace, ritengono necessario nel contesto attuale il ricorso
agli armamenti. Annota p. Tito: «Si ripete da più parti: se il male, l’egoismo, l’arroganza sono una realtà,
non bisogna, forse, resistere armandosi? Rinunziare alla forza delle armi non significa soccombere?»6
.
Secondo questo modo di pensare non ci sarebbe altro modo di affrontare i vari conflitti, che
interesserebbero le relazioni tra gli Stati e le varie economie, se non quello di ricorrere alla guerra, che in
questo senso è da accogliere come una legge della storia. Bisogna allora rassegnarsi? P. Tito, riprendendo
il pensiero di Langer Wendels dice: «Questi ha capito bene che è impossibile promuovere con frutto la
pace se non si cerca di influire sulla società e non si combattono i mali di una società, che reca in sé i
germi della guerra»7
. Si tratta, cioè, di andare controcorrente, di non lasciarsi sommergere da un’opinione
pubblica, spesso manipolata da chi detiene il potere, qualunque esso sia, perché tutto questo impedisce al
cristiano credente di fare del messaggio di Cristo la pietra d’angolo, su cui fondare una società meno
indifferente e meno escludente, ma più disponibile a dar vita a relazioni sociali ispirate alla pace.
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Incontro del 12 maggio 2022
QUANDO TI GUARDO, GESÙ
Preghiera del B. Tito Brandsma
Adattamento e musica
di fr. Egidio Palumbo ocarm
Guarda anche il post già pubblicato:
- P. TITO BRANDASMA, CARMELITANO, MARTIRE A DACHAU PER LA LIBERTÀ E LA PACE - Incontri del 12 e 14 maggio 2022 in preparazione della proclamazione della sua santità esemplare