Reddito per i poverissimi?
di Giustino Di Domenico
Tra sei mesi diventerà operativa la legge delega che introduce un reddito minimo per un terzo delle famiglie in condizioni di povertà assoluta. Nel frattempo si approvano tagli al fondo per le politiche sociali e si introduce la tassa bassissima per i super ricchi residenti all’estero. La necessità di uno sguardo integrale della politica economica e sociale in Italia
Dopo il passaggio alla Camera dello scorso luglio 2016, con l’approvazione del 9 marzo 2017 da parte del Senato della Legge delega sulla povertà, arrivano i giudizi positivi come quello dell’Alleanza contro la povertà guidato dalle Acli perché «per la prima volta nella storia del nostro Paese il Parlamento ha definito una reale misura di contrasto alla povertà assoluta». Il comunicato di plauso continua con un ovvia precisazione auspicando «una decretazione attuativa – da attendersi da qui a sei mesi – all’altezza della sfida: vale a dire uno strumento di lotta alla povertà capace di includere le persone e le famiglie più povere».
La misura stanziata dal Governo per un miliardo e 600 milioni di euro infatti viene incontro solo ad alcune (400 mila famiglie, un terzo del totale) delle situazioni di povertà assoluta che è cresciuta in maniera abnorme in Italia con la crisi economica. Una vera miseria secondo le voci più critiche della legge delega che è venuta a cadere all’indomani del taglio sostanzioso di 50 milioni di euro al fondo per la non autosufficienza e quello per le politiche sociali che passa da 313 milioni di euro a 99,7. Tanto per capire nel 2004 lo stesso fondo ammontava a oltre 1 miliardo 800 e milioni di euro. Il solitamente compassato senatore Stefano Lepri del Pd ha esternato l’8 marzo il suo personale smarrimento davanti a tale incoerenza affermando che «la notizia è incredibile ma vera. Noi abbiamo in Parlamento votato una certa dotazione per il Fondo politiche sociali e ce la vediamo ridotta a un terzo senza saperne nulla. Il ministero dell’Economia fa i tagli, dove non importa. E il ministero del Welfare non segue la vicenda …. incredibile. Se poi pensiamo al fatto che abbiamo messo un miliardo e seicento milioni in più contro la povertà nel 2017, allora sembriamo come minimo incoerenti. Qui al Senato siamo furiosi».
Lo stesso governo ha anche introdotto la flat tax forfettaria di 100 mila euro l’anno per i redditi percepiti all’estero dai super ricchi che intendono spostare la residenza in Italia. Una misura subito battezzata come legge Marchionne ad indicare il manager italo canadese che risiede in Svizzera ma ha già trasferito sede legale e fiscale della Fca, ex Fiat, tra Londra e i Paesi Bassi. Una scelta definita ingiusta e controproducente come ci ha dichiarato l’economista Leonardo Becchetti. Anche don Luigi Ciotti di Libera e della rete dei numeri pari parla di scelte dissociate. Più in generale l’introduzione del reddito di 480 euro mensili per alcune famiglie in condizioni di povertà assoluta rimette al centro la questione delle misure strutturali che hanno condotto all’impoverimento progressivo della classe media. Una questione che Città Nuova ha affrontato in tanti laboratori e con il dossier povertà che serve a mettere a fuoco il confronto tra i fautori del reddito di cittadinanza o comunque di una misura diversa e superiore da quella approvata dal governo senza omettere l’orientamento di coloro che puntano sul cosiddetto lavoro di cittadinanza. Visioni e prospettive che prendono vita in parte nell’ambito parlamentare con lo scontro che vede ad esempio il M5S decisamente contrario alla misura introdotta dal governo Gentiloni come primo passo di una politica che vorrebbe raggiungere negli anni tutta la platea dei soggetti in condizioni di povertà assoluta. Ma servirebbero 7 miliardi di euro secondo l’Alleanza contro la povertà. O 16 miliardi secondo la proposta del M5S. Dove si possono andare a prendere? Dal taglio alle spese per le armi ha affermato Russo delle Acli. Se non è una battuta il discorso merita di essere approfondito da una lettura globale degli eventi e dalle scelte di politica economica di media lunga durata.
(fonte: Città Nuova)