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mercoledì 15 marzo 2017

I bulli della porta accanto... sempre di più, di chi le colpe? e come intervenire?


BULLI POTENTI O SOLO CRIMINALI PREPOTENTI?
di Alberto Pellai

Il nostro esperto Alberto Pellai commenta il gravissimo caso di bullismo che i Carabinieri hanno sgominato a Vigevano. Ci invita a chiederci in quali famiglie e in quale società siano cresciuti gli autori di questo crimine per aver assimilato tanta violenza ed esibizionismo.

Anche oggi c'è una brutta storia di bullismo che riguarda preadolescenti e giovani adolescenti sulle prime pagine di tutti i giornali. Ragazzi che provano piacere e si divertono a seviziare, umiliare, degradare un loro simile. Che lo portano in giro con un guinzaglio. Che lo spogliano e gli invadono il corpo con oggetti. Così, tanto per ridere, per divertirsi tutti insieme. 
Ragazzi che dopo aver fatto vandalismo del rispetto degli altri, ampliano il focus e lo zoom del loro campo d’azione e fanno vandalismo anche di luoghi e oggetti.
Un insieme di persone giovanissime che sta dedicando le proprie energie a distruggere e rovinare, degradare e umiliare. Proprio in un’età della vita dove la speranza e la voglia di fare e costruire dovrebbe essere il primo motore del proprio agire. 

Inoltre, il disastro e i reati agiti nella vita reale, vengono poi testimoniati e amplificati con la loro presentazione e diffusione, via video postati sui social. Ovvero, compio un reato, lo filmo, lo mostro al mondo. Come se fosse un trofeo, un segno tangibile del mio valore e del mio successo. Come se ciò che faccio nell’online non avesse significato anche fuori da lì. Quei video ora rappresenteranno la migliore testimonianza che porterà gli autori di tali reati a dover gestire le serie, anzi molto serie, conseguenze penali delle proprie azioni Che non si dica, come spesso ho sentito fare e dire in altri contesti, che si tratta di ragazzate.

E come genitori riflettiamo su come è possibile che in famiglie che hanno tutto – così vengono raccontate dalla cronaca oggi, considerato che si parla di bulli che sono figli di professionisti, commercianti etc etc – i figli sembrano diseducati rispetto a ciò che davvero conta nella vita.

Essere visti mentre compiono reati: l’esibizionismo narcisistico del male sembra non risparmiare più nemmeno i giovanissimi. Dovremmo chiederci come e dove hanno imparato che ciò che conta nella vita è essere visti. Che la popolarità può essere conquistata in qualsiasi modo. Che diventare potenti con la prepotenza è meglio che conquistare reale potere d’azione grazie alla competenza. Ecco dovremmo proprio chiedercelo.

E poi dovremmo anche rifiutarci di far diventare potenti soggetti che sono solo prepotenti. E dovremmo ridare valore alla competenza. Che quando c’è ….. è oggettiva e vive fondandosi su valori solidi. E disdegna la prepotenza. Forse anche molti politici, potrebbero riflettere sul loro operato, sol modo di raccontarsi e di raccontare al mondo il loro operato e sullo stile con cui insegnano le equazioni potere=successo e potere=prepotenza

Insegnare l'approccio cooperativo in classe e a casa allenare all'empatia. Lo psicoterapeuta Pellai: «Una generazione fragile, che non costruisce significati attorno a quello che fa»

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Il successo della prepotenza

Di chi le colpe? «Di genitori che chiudono gli occhi ma insieme tolgono potere agli insegnanti. Di chi non alza la voce quando va fatto». Ma anche del «sistema», una volta tanto evocato a proposito. Perché secondo l'esperto siamo di fronte a un «allarme sociale»: «Viviamo in un’epoca e in un contesto culturale in cui due messaggi passano ai giovani: il primo è che quel che conta, che dà valore, è essere popolari, avere successo. E il secondo è che il successo si raggiunge con la prepotenza». «Una volta - dice Pellai - la chiave d’accesso al potere era basata sull’avere competenza. Questo non esiste più: si diventa potenti essendo molto prepotenti. Basta vedere quali sono i modelli dominanti, personalità politiche e dello spettacolo, soprattutto». Prevale la competizione che distrugge, sulla cooperazione che costruisce. O, per dirla in termini psicologici, «la gratificazione della mente di questi ragazzi, il loro cercare di star bene, passa dal far fuori gli altri più che dal collaborare».

Contro il bullismo

Su questo bisogna lavorare, avverte Pellai: a casa come a scuola. Agli insegnanti raccomanda di privilegiare l’approccio cooperativo nello stare in classe, sostenuto da tanti modelli pedagogici: «L'arma più efficace contro il bullismo: dal modello cooperativo alla classe capovolta, dove si lavora per gruppi, tutti hanno un ruolo; e la vittoria, quando c’è, non è del singolo ma del gruppo». E poi attenzione ai social network, «la parte disumanizzante delle relazioni, l'unica finestra d'affaccio di individui che mancano di empatia, che si possono permettere di fare così tanto male perché avvertono solo il loro senso d’orgoglio, non il dolore dell’altro». 
Ai genitori che non hanno - o hanno smarrito - l’indirizzo, spiega che nei ragazzi va allenata tanto di più l’empatia, la partecipazione emotiva, la capacità di porsi nello stato d’animo dell’altro. «L'esercizio da fare è stare con gli occhi negli occhi dell’altro e attraverso lo sguardo cercare di capire quello che prova. La natura ci ha dotati dei neuroni specchio, che svolgono questo compito: si attivano in risposta all’azione di un altro individuo. Una capacità che questa generazione sta bruciando perché guarda l’altro solo nel suo profilo Facebook». L'uomo però, avverte Pellai, «si è evoluto non perché ha fatto fuori il nemico, ma perché ha fatto forte il suo branco».


La mancanza di strumenti necessari all’individuazione degli elementi distintivi che caratterizzano il bullismo sono alla base della scelta di SOS Telefono Azzurro a redigere e mettere a disposizione di tutti il booklet “A prova di bullo” – La Guida per i genitori per informarsi bene e agire al meglio.
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“Occorrono una legge e un piano definitivo in grado di produrre interventi immediati - dichiara Ernesto Caffo, Presidente di Telefono Azzurro e docente di Neuropsichiatria Infantile -. Accanto a questo, occorre valorizzare le azioni preventive e il ruolo degli adulti: far sì, quindi, che i bambini possano crescere accompagnati da genitori e insegnanti e le vittime si sentano libere da vergogna nel denunciare, sostenute, credute e aiutate con molta attenzione, competenza e sensibilità. Nelle scuole, nelle linee di ascolto e nel rapporto quotidiano con bambini e adolescenti respiriamo un bisogno di risposte concrete. E di una necessità diffusa di informazione”. 
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