Donne musulmane sul ponte di Westminster,
mano nella mano per dire NO al terrorismo
Il ponte delle musulmane, centinaia di donne velate mettono il loro corpo contro il terrorismo
Adesso ci hanno messo la faccia loro. Con una lunga catena umana sul ponte di Westminster un centinaio di mamme, figlie, sorelle, mogli, nonne, le tante età dell’altra metà del cielo islamico hanno voluto dire un no corale al terrorismo ma anche agli uomini che seminano morte nel nome della fede in cui queste donne credono. A lanciare l’idea è stata la Women’s March London, a raccoglierla tante londinesi qualsiasi.
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Non è la prima volta che le musulmane alzano la voce. Anzi. Le abbiamo viste in prima linea durante le primavere arabe al punto che Olso assegnò il Nobel per la pace di quell’anno a una di loro, la yemenita Tawakal Karaman. Le abbiamo viste organizzarsi per l’autodifesa contro le molestie in mille modi diversi, dalle Tahrir Bodyguard alla boxeur giordana Lina Khalefieh. Le abbiamo viste sfidare il più delirante tra i divieti sauditi e guidare giacobinamente l’automobile. Le abbiamo viste tra le file dei Peshmerga curdi, fiere di battersi a morte contro l’avanzata dell’Isis. E poi le vediamo ogni giorno intorno a noi, componente importantissima e vitale dell’islam europeo troppo spesso richiusa dentro la griglia manichea del velo. A Westminster portavano quasi tutte il velo, qualcuna era truccata, altre no, c’erano volti giovani e meno giovani, occhiali da sole, piercing, colori e tinte scure. Non c’è stato bisogno che dicessero un granché: il loro stesso corpo moltiplicato sul marciapiede insanguinato dal killer Khalid Masood era già uno slogan, body art.
Domenica centinaia di musulmani si erano riversati nel centro di Birmingham con i cartelli #NotInMyname, non in mio nome. Anche lì a guidarli c’era un’attivista, Salma Yacoub. Le donne di Westminster hanno fatto di più. Si sono allineate proprio laddove pochi giorni fa i concittadini morivano colpiti dall’auto kamikaze e una di loro immortalata al telefonino veniva accusa di indifferenza. Anche loro sono Londra, anche loro ci dicono che non hanno paura.
(fonte: LA STAMPA)