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mercoledì 12 marzo 2014

Un anno con papa Francesco - mons. Alfred Xuereb e "lo scherzo da Papa" nel primo incontro

Ricorre giovedì prossimo il primo anniversario dall’elezione di Papa Francesco alla Cattedra di Pietro. Un anno straordinario per la vita della Chiesa, un “tempo della misericordia” come il Pontefice stesso ha più volte sottolineato. Tra le persone che più da vicino hanno accompagnato il Santo Padre in questi dodici mesi intensissimi c’è il suo segretario particolare, mons. Alfred Xuereb, nominato recentemente dal Papa segretario generale della Segreteria per l’Economia del Vaticano. In questa intervista esclusiva alla Radio Vaticana, al microfono di Alessandro Gisotti, mons. Xuereb ripercorre questo primo anno con Francesco a partire proprio da quell’indimenticabile 13 marzo di un anno fa
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D. – Che ricordo ha del suo primo incontro con Papa Francesco?
R. – Mi ha fatto entrare nel suo studio, mi ha accolto con la sua ormai nota cordialità, e devo dire che mi ha fatto anche un scherzo, uno scherzo – se così posso dire – da Papa! Aveva una lettera in mano e con tono serio mi disse: “Ah, ma qui abbiamo dei problemi, qualcuno non ha parlato molto bene di te!”. Io ammutolii, ma poi capii che si riferiva alla lettera che Papa Benedetto gli aveva inviato per informarlo che lui mi aveva lasciato libero e che poteva chiamarmi al suo servizio. In questa lettera, Papa Benedetto aveva avuto la bontà di elencare alcuni miei pregi. Poi Papa Francesco mi ha invitato a sedermi sul divano e lui accanto a me, su una sedia. Mi ha chiesto – con molta fraternità – di aiutarlo nel suo gravoso compito. Infine ha voluto sapere qual è il mio rapporto con i Superiori e con altre persone di certa responsabilità. Gli ho risposto che ho un buon rapporto con tutti, almeno per quanto mi riguarda.

D. – Cosa la colpisce della personalità di Papa Francesco, avendo il privilegio di vivere ogni giorno accanto a Lui?
R. - La sua determinazione. Una convinzione che sono sicuro che gli viene dall’Alto, perché è uomo profondamente spirituale che cerca nella preghiera l’ispirazione da Dio. Per esempio, la visita a Lampedusa lui l’ha decisa perché dopo alcune volte che è entrato in cappella, gli è venuta in continuazione questa idea: andare di persona a incontrare queste persone, questi naufraghi, e piangere sui morti. E quando lui ha capito che gli venivano in mente più volte, allora è stato sicuro che Dio la voleva. L’ha fatta, anche se non c’era molto tempo per prepararla. Lo stesso metodo lui lo usa per la scelta delle persone che chiama a collaborare con lui da vicino.

D. – Cosa invece la colpisce guardando al Pastore Francesco, alla sua dimensione pubblica, a come in fondo esercita il ministero petrino?
R. – Qualcun altro mi ha fatto una domanda simile, e rispondo dicendo che mi viene in mente spontaneamente la figura del missionario. Quel classico missionario che parte, va tra gli indigeni per far conoscere loro il Vangelo, Gesù Cristo …. Ecco, io vedo in Francesco il missionario che sta chiamando a sé la folla, quella folla che magari si sente smarrita, con l’intento di riportarla al cuore del Vangelo. E’ diventato – per così dire – il parroco del mondo e sta incoraggiando quanti si sentono lontani dalla Chiesa a ritornare con la certezza che troveranno il loro posto nella Chiesa...