Carlo Maria Martini:
fedele alla storia, fedele all'Eterno
Incontro promosso dalla Fondazione Carlo Maria Martini a Torino
(Testo, audio e video)
Lunedì 3 marzo 2014 la Fondazione Carlo Maria Martini con il patrocinio della Città di Torino, ha promosso un incontro per ricordare la figura del Cardinale, a meno di un mese dall’anniversario della sua nascita, avvenuta proprio a Torino il 15.02.1927.
Dopo il saluto del Sindaco Piero Fassino e l’introduzione di p. Carlo Casalone SJ, Provinciale dei Gesuiti d’Italia e presidente della Fondazione Carlo Maria Martini, sono intervenuti l’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte e il professor David Meghnagi, direttore del Master in Didattica della Shoah presso l’Università Roma Tre. L'incontro è stato moderato da Giulia Facchini Martini e si è concluso con un contributo musicale Miriam Meghnagi.
"Il Card. Martini è uno di quei maestri verso i quali la distanza temporale non solo non fa diminuire l’interesse, ma in qualche modo l’accresce, portando a scoprire nuove risonanze e significati inediti del messaggio che ci hanno lasciato. Qual è questo messaggio nel caso di Martini? Provo a riassumerne le linee portanti: fedele alla storia, fedele all’Eterno, egli ha provato di continuo a coniugare queste due fedeltà. L’urgenza di essere fedele alla storia nasceva in lui dalla convinzione che per il cristiano la trascendenza divina va intesa sempre anche come un’imminenza, che tocca e trasforma dal di dentro il cuore umano. Ispiratore di questa concezione era il pensiero di un altro grande gesuita, Karl Rahner, che aveva saputo coniugare i diritti del soggetto, rivendicati dalla ragione moderna, con quelli della verità oggettiva, postulati dal pensiero classico: l’uomo non è né un soggetto prigioniero del proprio mondo interiore, incomunicabile all’altro, né un semplice caso dell’universale, misurato da leggi astratte e assolute. Essere dell’apertura verso il Trascendente, l’uomo è l’“uditore della Parola”, proiettato fuori di sé in un esodo liberamente orientato all’avvento di Dio. Questa visione si ritrova nel pensiero di Martini anzitutto nella struttura dialogica che sempre vi ritorna, nell’accento posto sul rapporto d’alleanza fra l’uomo che esce da sé e il Dio che viene a lui. È però interessante rilevare i correttivi che Martini introduce nella concezione di Rahner: lì dove questa rischia di essere eccessivamente ottimista e di oscurare la realtà tragica del peccato e dei suoi effetti, Martini attinge dalla Scrittura e dalla sapienza pastorale della Chiesa il senso del dramma del male e delle sue conseguenze (si pensi all’analisi del Salmo 50, il Miserere). Lì dove l’attenzione all’individuo potrebbe prevalere sulla necessità della mediazione comunitaria, in Martini è molto marcato il senso dell’appartenenza alla Chiesa. È possibile allora rilevare come le intuizioni di Rahner abbiano trovato nel Cardinale un mediatore creativo, che ha saputo adattarle alle esigenze con cui il servizio pastorale lo ha messo in contatto, per aiutare la fede e l’amore al prossimo nel vissuto della sua gente. Un secondo tratto del messaggio che ci ha lasciato Martini è costituito dalla sua volontà di essere fermamente fedele all’Eterno. Sia che esalti la dimensione contemplativa della vita, sia che inviti a porsi in ascolto della Parola di Dio, sia che evidenzi la centralità dell’eucaristia e l’esigenza che ne scaturisce di farsi prossimo, Martini ha presente come meta e criterio la ricerca di Dio e della sua gloria. Risuonano qui alcuni motivi fondamentali degli Esercizi ignaziani: “L’uomo è creato per lodare, rispettare e servire Dio, nostro Signore, e con ciò salvare la propria anima. Le altre cose sulla faccia della terra sono create per l’uomo, per aiutarlo a conseguire il fine per il quale è stato creato” (Principio e fondamento). ..." (Bruno Forte)
Leggi tutto:
GUARDA IL SERVIZIO
Relazione tenuta dal Cardinale Martini all'International Council of Christians and Jews (Vallombrosa, 9 luglio 1984) e pubblicata in Israele, radice santa, Vita e Pensiero - ITL, Milano 1993