II Domenica di Quaresima
Sal 32
2Tm 1,8b-10
Mt 17,1-9
La liturgia di questa domenica di Quaresima dischiude ai nostri occhi il mistero della Trasfigurazione, mistero caro alla Chiesa cristiana d'oriente, e molto caro ai monaci, questi scrutatori del volto di Dio.
Sul monte ci porta la testimonianza di coloro che hanno visto e ascoltato: "Siamo stati testimoni oculari della Sua grandezza" scrive l'apostolo Pietro.
E ancora: "Questa voce noi 1'abbiamo udita scendere dal cielo quando eravamo con Lui sul santo monte".
Per Pietro quel monte - forse il Tabor - diventa santo, per ciò che vi è accaduto. Che cosa?
"Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello " - scrive Matteo - "e li condusse in disparte su un alto monte ".
Un alto monte. É il monte il luogo della trasfigurazione.
Sembra quasi di leggere una simpatia - nella Bibbia - per i monti. Sì, anche per il lago - Gesù amava il suo lago -, ma in modo particolare per i monti. Forse perché il monte è là dove il cielo sembra toccare la terra.
E Dio sembra un Dio dei monti.
Pensate che gli Aramei progettano di affrontare gli ebrei in pianura, perché - dicono - "il loro Dio è un Dio dei monti". (1 Re 20,23)
E anche Mosè, anche Elia - accanto a Gesù nella Trasfigurazione - sono uomini del monte: pur di veder Dio, scalano il monte, quasi il monte fosse un luogo di avvicinamento.
Poco importa come Dio si manifesterà, se con tuoni e lampi come a Mosè sul Sinai o se "con il mormorio di un silenzio che svanisce" come a Elia, sull'Oreb, sul Sinai.
La scalata del monte... come tentativo di uscire da tutto ciò che ti soffoca, da tutto ciò che restringe la visione... da tutto ciò che tarpa le ali.
Matteo aggiunge "li condusse in disparte su un alto monte".
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