Maddalena Maltese*
L’America di papa Leone
non è l’America first di Trump
Il nuovo papa americano non incarna gli ideali sbandierati dal governo USA attuale, rappresenta invece «la dottrina sociale cattolica, una serie di insegnamenti sugli emarginati, sulla dignità di tutti gli esseri umani, sull'accoglienza dello straniero»

ANSA/ANGELO CARCONI
La sera dell’8 maggio, mentre su Roma si spegnevano i riflettori sull’elezione del cardinale Robert Prevost a papa Leone XIV, nella Cattedrale di San Patrizio, sulla Quinta Avenue, i cattolici di New York pregavano in ginocchio e con commozione per il primo papa statunitense della storia. L’incredulità, la sorpresa, la gioia espresse con un applauso contenuto durante la messa, sono diventate lacrime e preghiera davanti alla piccola statua della Madonna Bianca, in una cappella defilata dalla maestosità della navata centrale. In ginocchio erano americani bianchi e ispanici, asiatici e afroamericani, giovani professionisti in cravatta e nonne, membri della comunità LGBTQ e suore: un popolo variegato, unito nel nome di Cristo e di Leone. La scelta di un papa americano da parte dei cardinali ha sfidato la convinzione prevalente che la Chiesa non avrebbe scelto un leader proveniente da una superpotenza globale. Nei giorni precedenti il conclave, i commentatori cattolici avevano ipotizzato che la rottura dell’ordine politico ed economico globale operata da Trump rendesse ancora più improbabile un papa nato negli Stati Uniti.
Papa Leone ha nelle sue radici un’America costruita da immigrati, come prova il suo cognome francese Prevost, e come quella del sobborgo di Chicago dove è nato, in cui le diverse generazioni di immigrati alla domanda sulla provenienza rispondevano: San Barnaba, Santa Maria, ovvero prima la parrocchia e poi la nazionalità. La storia personale di Robert Prevost, noto in questo angolo del Midwest, come padre Bob, mostra un altro volto degli Stati Uniti, non inflazionato dalla narrativa di Hollywood e nemmeno da una lettura politica dirompente e ossessiva. L’America di papa Leone è quella che lavora e studia sodo, che si nutre di fede e spiritualità, che sa essere tifosa di baseball e appassionata di musica jazz e allo stesso tempo sa sradicarsi dal suo benessere per prendersi cura delle povertà e delle miserie negli angoli più disparati della terra, come dimostrano le migliaia di organizzazioni e fondazioni benefiche made in USA.
Il motivo per cui i cardinali abbiano scelto un americano come successore di san Pietro rimarrà probabilmente un mistero ben custodito tra le mura della Cappella Sistina, ma l’elezione di Leone arriva in un momento cruciale per l’immagine che gli Stati Uniti stanno proiettando sulla scena mondiale. Isolati, inaffidabili, sempre più armati e divisi, lacerati dalle disparità sociali ed economiche, mentre l’arroganza e l’incompetenza di alcuni esponenti politici e imprenditoriali rimbombano sui media acclamando un’America first, papa Leone XIV restituisce forza morale e voce ai milioni di statunitensi rispettabili e rispettati, generosi e discreti, affidabili e, se possiamo usare ancora una parole desueta: normali.
David Brooks, giornalista e attivista che con il progetto Weave (Tessere), lavora alla ricostruzione del tessuto sociale Usa, ha paragonato la scelta di Leone a quella di Giovanni Paolo II. «Un paio di decenni fa, quando l’Unione Sovietica era la principale area problematica del mondo, i cardinali scelsero Giovanni Paolo II, un polacco, e lui contribuì a porre fine al comunismo», ha detto Brooks, spiegando che ora è «l’America la nazione più travagliata del mondo», e che la scelta sia caduta su «un americano che rappresenta la dottrina sociale cattolica, che rappresenta una serie di insegnamenti sugli emarginati, sulla dignità di tutti gli esseri umani, sull’accoglienza dello straniero» annuncia un’era diversa da quella inaugurata da Trump. Se il presidente Usa parla di dominio, potere, controllo, vittoria, conquista, papa Leone sceglie di essere un mite, un costruttore di ponti, il portatore di una pace disarmata contro la pace armata sposata dal suo Paese natale. Papa Bob, come è già chiamato amichevolmente sulla strada, incarna nelle sue radici familiari e nella sua variegata esperienza umana e spirituale quel E Pluribus Unum – Da molti uno, che è il motto fondativo degli USA e che racchiude anche l’essenza della Chiesa che ha scelto Leone, non monolitica, ma varia e anche unita.
(Fonte: Città Nuova, articolo di Maddalena Maltese 12/05/2025)
*Maddalena Maltese Corrispondente per Radiocor-Il Sole24 ore, collabora con varie testate in Italia e negli Usa ed è giornalista per Città Nuova dal 2008. Membro dell’Association of Foreign Press Correspondents, è stata selezionata dalla New York University- Gallatin School tra i 50 scrittori immigrati emergenti del 2018 e 2019.
Per la Fondazione Mario Diana è consulente su Ecologia integrale ed Economia circolare e per Focolare Media US si occupa di strategia e vision.
Appassionata di dialogo interculturale e interreligioso, è ambasciatrice di Religions for Peace International, di cui è stata direttore della comunicazione. Vive a New York, dove rappresenta la ONG New Humanity al Multifaith Advisory Council dell’Onu. Ha anche lavorato nell’ufficio stampa di Rita Borsellino a Palermo.
Master in Giornalismo, certification in Comunicazione pubblica e Social Journalism, ha una laurea in Filosofia e una in Giornalismo per uffici stampa. Si sta specializzando in Global Affairs all’Università di New York.