Il papa di tutti si chiama Leone XIV
In tempi quasi record, dopo la quarta votazione, la Chiesa cattolica ha espresso il suo nuovo pontefice. Il nome è una sorpresa, ma nemmeno troppo: Robert Francis Prevost, statunitense, in Vaticano dal 2023. "Senza paura, mano nella mano con Dio e tra di noi"

Robert Francis Prevost, papa Leone XIV (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
Chi è Leone XIV, il nuovo papa? Il nome è poco conosciuto, ma in pochi minuti tutti si sono informati sulla sua origine e hanno cominciato ad amarlo. Un uomo che ha nel suo curriculum una serie di importanti esperienze pastorali, culturali e umane che sembrano ora dire che fosse un predestinato.
È bene rimemorare qualche tratto della vicenda umana del pontefice. Nato il 14 settembre 1955 a Chicago (Illinois), era prefetto del Dicastero per i Vescovi e cardinale dal 2023. Entrato nel 1977 nell’Ordine di Sant’Agostino, aveva emesso i voti solenni nel 1981 e aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale l’anno seguente. Dopo la formazione alla Catholic Theological Union di Chicago, aveva conseguito la licenza e poi il dottorato in diritto canonico presso la San Tommaso d’Aquino a Roma. Missionario in Perù dagli anni Ottanta, ha operato in contesti pastorali e formativi, specialmente a Trujillo, dove è stato formatore, priore e vicario giudiziario.
Un papa che viene da un carisma di antichissima data, e che nel 1999 era stato eletto provinciale della sua provincia agostiniana statunitense e nel 2001 è divenuto priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino. Rientrato negli Stati Uniti nel 2013, è stato poi chiamato da Francesco in Perù, dove ha servito come amministratore apostolico e poi come vescovo di Chiclayo, dal 2014 al 2023. Membro di importanti dicasteri vaticani, è stato nominato nel 2023 Prefetto del Dicastero per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, divenendo uno degli uomini chiave nella selezione dei nuovi vescovi a livello globale. È stato creato cardinale da Francesco nel concistoro del 30 settembre 2023.
L’annuncio del protodiacono, card. Dominique Mamberti, ha scatenato gli applausi di una piazza San Pietro strapiena, dapprima sorpresa poi esultante, in uno sventolio di bandiere che dice la vocazione universale della Chiesa cattolica, anche se già prima dell’annuncio l’idea di poter vedere il nuovo papa aveva scatenato nella piazza e, attraverso i media, in tutto il mondo, la sorpresa e nello stesso tempo la gioia di capire che la Storia continua, che c’è sempre a Roma un uomo in bianco che è autorità morale ben al di là delle differenze religiose e politiche.
Le prime parole del papa sono state semplici: se Giovanni Paolo II aveva detto di aprire le porte a Cristo, se Benedetto XVI aveva richiamato la centralità della fede, se papa Bergoglio aveva semplicemente introdotto la familiarità, con il ben noto «buonasera», il nuovo papa ha inequivocabilmente invocato la pace: «La pace sia con tutti voi… Un saluto di pace che entri nel vostro cuore e raggiunga le vostre famiglie, tutti i popoli tutta la terra».
E poi la benedizione della città di Roma, e quindi al mondo intero, come aveva fatto Francesco. «Dio ci vuole bene, Dio ci ama tutti, il male non prevarrà!». E ancora: «Senza paura, mano nella mano con Dio e tra di noi, andiamo avanti». Con ancora una nota cristianissima: «Cristo ci precede. Costruire ponti, col dialogo, con l’incontro, un solo popolo, sempre in pace». Con un doveroso saluto al predecessore: «Grazie a papa Francesco». E ancora: andiamo avanti «per la pace e la giustizia, senza paura, per proclamare il Vangelo ed essere missionari, in una Chiesa sinodale, che cerca sempre la pace, la carità, che cerca di essere vicina a coloro che soffrono». E non ha potuto non citare un celebre motto di Sant’Agostino, lui agostiniano, ha detto: «Con voi sono cristiano e per voi sono vescovo. Possiamo tutti camminare insieme».
Una prima riflessione d’obbligo è che la Chiesa cattolica ha saputo dare una testimonianza di unità e di decisionalità: dal cilindro di 133 cardinali, assistiti dallo Spirito Santo secondo i cattolici, è uscito un nome solo, la convergenza è stata rapida, anche se nell’attesa del conclave, al solito, le piste si erano sfilacciate e i candidati erano in fondo almeno una ventina, se non addirittura 133. L’unità è una delle note della Chiesa, anche questa volta è stata espressa, almeno nella cattolicità.
La Chiesa cattolica è anche universale: la distribuzione delle nazionalità nel collegio cardinalizio è già una testimonianza di universalità. La estrazione geografica del nuovo papa è comunque assolutamente indicativa: statunitense, proprio nel momento in cui l’identità di quel gran Paese è in profondo travaglio, anche nel campo cattolico.
E ancora, la Chiesa è santa: ora spetta al papa una grande responsabilità, cioè confortare i fedeli nella fede, quindi portare il Vangelo nel suo cuore, e lavorare per il trionfo della fraternità universale nel mondo e per la santità del popolo cristiano, cattolico in particolare.
Infine, apostolica: l’eredità dei papi precedenti – da Paolo VI a Giovanni Paolo I, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI, da Francesco a Leone XIV −, la Chiesa cattolica sa esprimere continuità pur nella diversità. Quale altra grande organizzazione sociale ha saputo nell’ultimo secolo esprimere una tale varietà di pontefici, anche con sensibilità profondamente diverse, ma egualmente tutti protesi alla costruzione della Chiesa cattolica, a “trafficare” i quattro dialoghi “fissati” nel Magistero da Paolo VI – all’interno della cattolicità, nel campo ecumenico, in quello interreligioso e in quello con la cultura contemporanea – per la pace nel mondo? Nessunissima organizzazione.
Le sfide che si aprono per il nuovo papa sono molteplici e varie, sia interne che esterne, la conferma delle riforme interne alla Chiesa cattolica alla rivoluzione digitale che cambia i rapporti tra gli umani, dalla “terza guerra mondiale a pezzi” alla grande sfida della giustizia (non a caso il nome richiama Leone XIII l’iniziatore della Dottrina sociale della Chiesa), dalla questione delle relazioni tra donne e uomini nell’epoca Lgbtq+, dalle questioni interreligiose a quella delle forme della presenza dei cristiani nel mondo.
Come motto, il nuovo papa ha scelto “In illo uno unum”, citazione da sant’Agostino, che in italiano si può tradurre con “nell’unico (Cristo) siamo uno“, un chiaro richiamo all’unità della Chiesa.
Buon lavoro, Leone XIV!
(Fonte: Città Nuova, articolo di Michele Zanzucchi 08/05/2025)
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