Francesco,
il grande comunicatore
che amava sorprendere
di Bruno Forte,
Arcivescovo delle diocesi di Chieti e Vasto
Un aspetto che sin dall’inizio del pontificato ha caratterizzato Papa Francesco è stata la Sua capacità comunicativa e l’elemento “sorpresa” che l’ha caratterizzata. Il nome stesso del Santo di Assisi da lui scelto è stato l’evocazione di un programma, che peraltro aveva ispirato l’intera vita dell’arcivescovo di Buenos Aires eletto Papa, uomo austero, vicino ai poveri, rispettato anche da chi ne temeva la libertà evangelica. Sorprendente fu che un Papa cominciasse il suo pontificato chiedendo al popolo di pregare su di lui e di benedirlo, prima di dare lui stesso la benedizione “urbi e orbi”.
Sorprendente per molti è stata la sua continua attenzione ai poveri e alla povertà. Francesco ha stimolato la Chiesa a dare risposta alla domanda decisiva che un teologo latino americano, di grande profondità spirituale e a lui ben noto, così poneva: “In che modo parlare di un Dio che si rivela come amore in una realtà marcata dalla povertà e dall’oppressione?” (Gustavo Gutierrez). Il Papa venuto dalla fine del mondo ha risposto a questa domanda ricordandoci che Dio raggiunge tutti i cuori ed è vicino a ogni dolore, perché parla la sola lingua comprensibile a tutti: quella dell’amore misericordioso e fedele! La lingua che egli desiderava parlasse sempre la Chiesa nei riguardi di tutti, specialmente dei poveri!
Il modo di porsi di Papa Francesco verso gli altri cristiani è stato un’ulteriore sorpresa: egli si è presentato come il vescovo della Chiesa che presiede nell’amore, deciso a offrire un servizio di testimonianza e di carità a tutte le Chiese. Era quanto il dialogo ecumenico e l’ecclesiologia del Vaticano II erano andati chiedendo nel pensare a un ministero universale di unità per tutti i discepoli di Cristo. Anche i credenti di altre religioni hanno guardato a Papa Francesco con fiducia: egli – e il Documento di Abu Dhabi “sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” lo conferma (4 febbraio 2019) – ha voluto servire la “fratellanza” fra tutti gli esseri umani e i credenti di tutte le religioni. Anche chi non crede ha potuto trovare nei gesti e nelle parole di questo Papa, testimone di Gesù e amico degli uomini, un messaggio per la propria vita: tutti possono sentirsi accolti, capiti e rispettati da lui. Quanto disse nell’omelia della celebrazione eucaristica d’inaugurazione del suo servizio di successore di Pietro confermava tutto questo attraverso quattro parole a modo loro “sorprendenti”, incastonate in un discorso pronunciato col tono di chi parla da cuore a cuore, come pastore che cerca, ama e abbraccia quanti Dio ha voluto affidargli e chiunque voglia ascoltarlo.
La prima parola è “custodia”. Il Papa la spiegava riferendosi al ruolo di San Giuseppe in rapporto a Maria e Gesù: egli ne è il “custode” ed “esercita questa custodia con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende”. Custodire vuol dire stare accanto agli altri con attenzione d’amore, prevedendo, provvedendo, rispettando e accogliendo l’altrui cammino nella profondità del cuore e della vita. Lo sguardo di Francesco Papa si allargava da qui all’intera famiglia umana: “La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore”.
Proprio così l’idea del custodire rimanda a un secondo termine usato da Papa Francesco, anch’esso sorprendente soprattutto sulla bocca di una così alta autorità mondiale: “tenerezza”. Questa parola richiama l’atto del donare con la gioia che suscita gioia. Chi dona con gioia e rende l’altro felice del dono, consapevole che ogni dono è un reciproco scambio di bene, rende l’umanità più vera, più serena, più bella per tutti. “Il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza… Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!”. S’illumina così anche il senso di una terza parola dell’omelia inaugurale di Papa Francesco: “servizio”. “Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce”. Servire è ritenere il bene di tutti più importante di ogni possibile interesse di parte, fino a dimenticarsi di sé. “Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il Vescovo di Roma è chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza”. Servo dei servi di Dio, Francesco Vescovo di Roma faceva appello a tutti e a ciascuno, per condividere con tutti la responsabilità, la sfida, la promessa e la gioia del servizio.
Non è stato un sovrano, ma un servo, un amico, qualcuno cui guardare con fiducia, liberi da ogni paura, certi di essere rispettati e accolti sempre, comunque. L’ultima delle quattro parole che ho voluto ricordare dell’omelia inaugurale di Papa Francesco è “speranza”. Il servizio del vescovo di Roma, a cui tutti sono invitati a partecipare nella misura del dono dato a ciascuno da Dio, tende precisamente a questo: “Far risplendere la stella della speranza”. È “Spera” è il titolo della Sua autobiografia, già tradotta in molte lingue e diffusa in tutto il mondo. A tutti il pontificato di questo Papa ha lanciato l’invito a navigare sui mari della vita e della storia, anche quando si annunciano tempestosi, non solo sperando, ma anche organizzando la speranza, e organizzandola insieme per la forza di un servizio fatto di tenerezza e di custodia, di giustizia e di pace, rivolto a ciascuno, accogliente per tutti, benedetto da Dio.
Un invito a cui nessuno dovrebbe sottrarsi…
(Fonte: sito della Diocesi - 22 aprile 2025)