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venerdì 16 agosto 2024

Il "no" dei vescovi all'autonomia differenziata


Il "no" dei vescovi all'autonomia differenziata

Si mobilitano anche le parrocchie per raccogliere le firme per il referendum di abrogazione della legge. Monsignor Battaglia rilancia il dibattito. La Cei, nonostante le critiche del Governo, continua a ribadire che la riforma è contro l'uguaglianza dei cittadini e l'unità del Paese


Fanno la fila anche in costume da bagno i napoletani. Per firmare a favore del referendum che boccia l’autonomia differenziata. A centinaia, sotto il sole, si avvicinano ai banchetti, documento di identità in mano, e penna tra le dita. In città, intanto, anche alcune chiese si sono mosse, dopo che nei giorni scorsi è stata rilanciata la lettera aperta che già un anno fa l’arcivescovo Mimmo Battaglia aveva diffuso per tentare di fermare l’iter parlamentare di quella legge che, sono parole sue, dice della «voglia di far da soli e per se stessi e con le proprie risorse, senza, soprattutto, dover dar conto agli altri e fare i conti con gli altri». Vangelo e Costituzione alla mano, l’arcivescovo di Napoli aveva messo in guardia contro una autonomia differenziata che, «per quanto la si voglia edulcorare con nuovi innesti terminologici che la gente non comprende, rompe il concetto di unità, lacera il senso di solidarietà che è proprio della nostra gente, divide il Paese, accresce la povertà già troppo estesa ed estrema per milioni di italiani. Infine, cancella d'un colpo quel bagaglio ricchissimo di conquiste democratiche realizzato dalle lotte popolari dal Risorgimento a oggi».

Una posizione largamente condivisa all’interno dell’episcopato italiano. Tanto che sia singole conferenze episcopali – una per tutte quella Calabra che ha pubblicato un durissimo documento contro la “secessione dei ricchi” – che la Cei nel suo complesso, al termine dell’ultima assemblea di maggio, si sono pubblicamente espresse contro questa riforma che, anche nei giorni scorsi, il vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, monsignor Francesco Savino, è tornato a definire «disastrosa sul piano della coesione sociale». L’autonomia differenziata, sottolineava la Nota della Cei del 24 maggio, «rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica». Un pericolo che «non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute».

Dichiarazioni, quelle dei vescovi italiani, che hanno provocato aspre critiche da parte del Governo, in particolare da parte della premier Giorgia Meloni - che ha attaccato direttamente nel corso di una intervista anche il presidente della Cei Matteo Zuppi reo di essere intervenuto sia contro l’autonomia differenziata che contro il presidenzialismo - e del vicepremier leghista Matteo Salvini che chiede alla Chiesa di farsi da parte. «C’è chi ci critica», aveva detto a ridosso delle Settimane sociali monsignor Luigi Renna, presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, «dicendo che se non ci occupiamo della democrazia interna non possiamo occuparci della democrazia del Paese». L’arcivescovo di Catania, che sta lentamente riprendendosi da un infarto che lo ha colpito nei giorni scorsi, aveva ribadito che «questo è un grosso malinteso. La Chiesa ha una struttura sinodale e la gerarchia agisce mai con l'autoritarismo, ma sempre ascoltando tutto il popolo di Dio. E, in ogni caso, è chiamata a non occuparsi semplicemente di realtà celesti. Il Vangelo ci riporta prepotentemente nella storia e ci chiama ad avere una visione della persona e della sua dignità da difendere sempre». Anche sul tema dell’autonomia differenziata monsignor Renna aveva specificato che le posizioni della Chiesa nascono dal «Vangelo e dalla Dottrina sociale e stupisce che, se parla di aborto e di eutanasia allora fa il suo dovere, se invece parla di democrazia e autonomia differenziata fa una ingerenza. Infine, se è vero che è spesso la gerarchia a intervenire con dei messaggi non dobbiamo dimenticare l’apporto determinante dei fedeli laici. Sono loro che hanno contribuito a far sì che il nostro Paese crescesse a partire dal periodo in cui hanno dato il loro apporto alla resistenza, al periodo in cui hanno costruito una nuova Italia con i padri costituenti di ispirazione cattolica, i cosiddetti professorini. I fedeli laici hanno un grande ruolo come operatori di pace e dei diritti umani in tutto il mondo e non possiamo permettere che le loro voci restino inascoltate quando si parla di riforme nel nostro Paese che possono aumentare le disguguaglianze».
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Annachiara Valle 14/08/2024) 

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Riproponiamo anche la posizione della Conferenza Episcopale Siciliana non espressamente nominata nell'articolo e risalente al marzo 2024 circa il disegno di legge