Giuseppe Pierantoni
Sono un essere umano, non posso fare la guerra
Foto di Annette Jones da Pixabay
Su queste cose c’è un silenzio preoccupante. Eppure in questi ultimi anni, la constatazione del degrado sociale ed esistenziale che sta avvenendo intorno a noi, non può non farci domandare dove stiamo andando, dove vogliamo arrivare. A tutti appare evidente come ci sia una crescita sfacciata dell’arroganza e della violenza nella nostra società e tra i popoli, e come sia sempre più probabile una guerra di più vaste proporzioni rispetto ai tragici conflitti già in corso.
Come evidenziato ripetutamente da papa Francesco, ci stiamo abituando a un clima di guerra che prelude alla terza guerra mondiale, non più combattuta a pezzi. Radiato da anni è il riferimento a un diritto internazionale e a un’Organizzazione sovranazionale che potrebbe mediare tra le controparti; radiata la prassi e perfino la parola «dialogo»; «ascolto dell’altro», «negoziato» …
Alzare la voce
Già sotto i nostri occhi, sempre meno vigili, è stato tolto il tabù, ufficiale da decenni, della impossibilità di una guerra nucleare, e i Paesi in grado di scatenarla la vanno preparando, suscitando reazioni uguali e contrarie. Anche l’Italia è totalmente coinvolta, con centinaia di testate atomiche presenti sul nostro territorio pur con la (inquietante) tutela statunitense. Inoltre questi Paesi, Italia compresa, produttori e detentori di grandi arsenali, vanno da anni veicolando parte del loro potenziale bellico verso quei luoghi dove infuria già lo scontro combattuto, in primis l’Ucraina e il Medio Oriente: per totale ipocrisia non osiamo pensare a quanti civili e, più occasionalmente, quanti militari siano già morti a causa dei prodotti del nostro sistema militare-industriale.
Su di un pianeta dove si è innescato un tragico processo di degrado ecologico, si sostengono spese folli per distruggere e uccidersi. Davanti a tutto questo, ineluttabile solo ai denigratori della dignità umana, se il cittadino medio si estranea da quanto detto per addolorato disagio, invece da parte mia, finché me ne viene lasciata la libertà, voglio reagire alzando il tono della voce. Mi aiuta l’età ormai avanzata e la conoscenza della nostra storia contemporanea.
Come già emblematicamente ci insegnano la prima e la seconda guerra mondiale e quanto le ha preparate e poi seguite, poi la guerra fredda, e ancora la cosiddetta «guerra infinita» con le sue perduranti conseguenze, il potere politico ed economico, come ogni Moloch di antica memoria, riesce a mantenersi a lungo solo grazie alla guerra e al sentimento di legittimazione che i milioni di vittime producono nei popoli nei confronti del «nemico».
L’ideologia del benessere, libertà e indipendenza della propria nazione, minacciate dalla malvagità e dall’interesse altrui, inganna i suoi stessi sostenitori a favore dei pochissimi a cui questa lettura delle cose porta un reale vantaggio, tanto tragico quanto egoistico.
Sono i politici, i conniventi con le élite e i cosiddetti «poteri forti», che a disprezzo del bene comune e delle persone concrete si fanno partigiani del sistema, alimentando di conseguenza (non sempre consapevolmente) quell’abbruttimento morale e spirituale, quell’impoverimento della qualità del vivere sociale e quella plausibilità della guerra aperta come (falsa) soluzione di una situazione sempre più insostenibile.
La distruzione dell’Istituzione scolastica come luogo formativo per le nuove generazioni, della Sanità pubblica disponibile solo ai benestanti, del sistema giuridico totalmente intasato da cortocircuiti ed eccezioni legali, il «politicamente corretto» che disorienta e degrada (come il «gender») e tanto altro ancora, alimenta una mentalità apocalittica che trova nella «guerra» l’unica disperata possibilità, anche da parte delle vittime di questi sistemi sociali, affetti dal plagio di una minoranza spudorata, autosufficiente e però inafferrabile.
La «religione dello Stato»
Il modo con cui i «poteri forti» chiedono sottomissione alla maggioranza è oggi con più evidenza lo stesso che è stato imposto quasi sempre nel corso della Storia, cioè attraverso la «religione statale», di cui abbiamo un mesto segno ovunque nei nostri paesi e città, in quelle numerose lapidi e monumenti che ci ricordano il folle sacrificio di milioni di «caduti» (17 milioni la prima Grande Guerra, 54 milioni la seconda; quanti in questi ultimi decenni?!?) in quelle «inutili stragi» di poveretti mandati al massacro dai loro governanti.
Se ieri la mancanza di consapevolezza poteva far apparire virtù quella che era solo cecità, oggi quelle stragi diventano «inutili» se non riescono a portare le coscienze ad una sana insurrezione contro l’uso politico della guerra. Si è trattato e rischia ancora di trattarsi di una «religione civile» legata a idoli falsi e bugiardi a cui per debolezza spirituale e inconsistenza evangelica anche la «religione cristiana» – e con lei tutte le religioni senza quasi eccezioni – hanno dato il loro silenzio-assenso, se non la loro esplicita benedizione.
In Europa molto presto sarà ristabilita la leva obbligatoria e i giovani dai 18 anni in su saranno richiamabili alle armi. La mia domanda è: che cosa hanno/abbiamo intenzione di fare? Perché ci verrà presto riproposta la religione civile, coi suoi «sacrifici umani», che tiene i popoli inchiodati agli stereotipi di una cultura funzionale al potere, qualunque sia il suo orientamento politico.
Tutti ricordano la «denuncia» dei cappellani militari contro don Lorenzo Milani che insegnava ai ragazzi della sua scuola che la guerra non la si può e non la si deve fare, e quindi non bisogna andare neppure al servizio militare che della guerra è preparazione e addestramento. Perché c’è un dovere sommo che il cittadino e il cristiano devono imparare, ed è obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, l’unica via per riscattarsi dalla violenza endemica della Storia e per edificare la pace.
Io lo so cosa farò, a partire dal presente e finché me lo permetteranno. Io lo so cosa predicherò da quel pulpito dove tante volte ho avuto la commozione di annunciare ai credenti nel Padre del cielo e nell’Uomo nuovo quelle parole emblematiche di Gesù, che dureranno fino alla fine dei secoli: «Avete inteso che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, perché siate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,43-45).
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Atti di San Massimiliano di Tebessa
1.1 Sotto il consolato di Tusco e Anulino, il 12 marzo dell’anno 295 d.C. a Tebessa fu fatto comparire nel foro Fabio Vittore assieme a Massimiliano; l’avvocato Pompeiano, autorizzato a parlare, disse: «Fabio Vittore, esattore del temo, è introdotto con Valeriano Quinziano, preposto imperiale, con il coscritto abile al servizio militare Massimiliano, figlio di Vittore; poiché è arruolabile, chiedo sia passato allo statimetro».
1.2 Il proconsole Dione domandò: «Come ti chiami?». Massimiliano rispose: «Perché vuoi sapere il mio nome? A me non è lecito prestare il servizio militare, dato che sono cristiano».
1.3 Il proconsole Dione disse: «Accostatelo (all’asta di misurazione)». Mentre veniva preparato (a essere misurato), Massimiliano affermò: «Non posso prestare il servizio militare; non posso fare del male. Sono cristiano».
1.4 Il proconsole Dione ordinò: «Sia misurato». Avvenuta la misurazione, fu data lettura da parte dell’incaricato: «Misura cinque piedi e dieci once (m.1,73)».
1.5 Dione disse all’incaricato: «Riceva la piastrina di riconoscimento». Massimiliano, facendo resistenza, si oppose: «Non lo faccio, non posso prestare il servizio militare».
2.1 Dione disse: «Fa il militare se non vuoi morire». Massimiliano rispose: «Non faccio il soldato. Tagliami pure la testa, io non faccio il soldato per questo mondo, ma servo il mio Dio».
2.2 Il proconsole Dione riprese: «Chi ti ha messo in testa queste idee?». Massimiliano rispose: «La mia coscienza e colui che mi ha chiamato».
2.3 Dione si rivolse a suo padre Vittore: «Consiglia tuo figlio». Vittore rispose: «Lui sa da sé, con la propria coscienza, cosa deve fare».
2.4 Dione a Massimiliano: «Fa il servizio militare e prendi la piastrina di riconoscimento». Massimiliano rispose: «Non accetto la piastrina. Ho già il segno del Cristo mio Dio».
2.5 Dione riprese: «Ti mando subito dal tuo Cristo». Massimiliano rispose: «Vorrei soltanto che tu lo facessi. Questo sarebbe anche la mia gloria».
2.6 Dione si rivolse all’incaricato: «Gli sia messa la piastrina di riconoscimento». Opponendosi Massimiliano disse: «Non accetto il segno di riconoscimento del mondo; se me lo apporrai, lo spezzerò, poiché non ha nessun valore. Io sono cristiano, non mi è lecito tenere al collo una piastrina di piombo, dopo il segno di salvezza del mio Signore Gesù Cristo Figlio del Dio vivente, che tu non conosci, che ha sofferto per la nostra salvezza, che Dio consegnò come prezzo per i nostri peccati. Tutti noi cristiani serviamo lui, seguiamo lui, principe della vita, garante della salvezza».
2.7 Dione disse: «Fa il soldato e prendi la piastrina, se non vuoi morire». Massimiliano rispose: «Io non muoio. Il mio nome è già presso il mio Signore. Non posso fare il soldato».
2.8 Dione disse: «Pensa alla tua giovinezza e fa il soldato: perché questo conviene ad un giovane». Massimiliano rispose: «Il mio servizio è per il Signore. Non posso servire al mondo come soldato. L’ho già detto, sono cristiano».
2.9 Riprese il proconsole Dione: «Nella guardia d’onore dei nostri Imperatori Diocleziano e Massimiano, Costanzo e Massimo (Galerio) vi sono soldati cristiani e fanno il soldato». Massimiliano rispose: «Essi sanno cosa convenga loro. Tuttavia io sono cristiano e non posso fare del male».
2.10 Dione disse: «Quelli che prestano servizio militare che male fanno?». Massimiliano rispose: «Tu lo sai di sicuro che cosa fanno».
2.11 Il proconsole rispose: «Fa il soldato, per non finire male col tuo disprezzo del servizio militare». Massimiliano concluse: «Io non morirò; ma se uscirò dal mondo, la mia anima vivrà con Cristo mio Signore».
3.1 Dione disse: «Cancella il suo nome». Dopo che venne cancellato, Dione continuò: «Poiché rifiutasti il servizio militare con spirito di indisciplina, ricevi la condanna che ne consegue, come esempio per gli altri». Quindi dalla tavoletta lesse il decreto: «È stato deciso di punire con la decapitazione Massimiliano, perché con spirito di indisciplina ha rifiutato il giuramento militare».
3.2 Massimiliano disse: «Rendo grazie a Dio». La sua vita terrena fu di ventuno anni, tre mesi e diciotto giorni. E mentre veniva condotto al luogo del supplizio, disse così: «Amatissimi fratelli, con tutte le vostre forze e con entusiasmo pieno di desiderio, affrettatevi ad ottenere di vedere il Signore e meritare anche voi l’attribuzione di questa corona».
3.3 Poi col volto radioso, disse così a suo padre: «Dà al carnefice la mia nuova veste, che mi avevi preparato per il servizio militare. Così ti accoglierò con la schiera dei santi, e così possiamo essere glorificati insieme col Signore». Subito dopo fu sottoposto al martirio.
3.4 La matrona Pompeiana ne ottenne il corpo dal magistrato, e postolo nella sua lettiga lo trasportò a Cartagine; lo seppellì in una collina presso il Palazzo, vicino al martire Cipriano: dopo tredici giorni morì anche la matrona, e venne deposta nello stesso luogo.
3.5 Vittore, padre di Massimiliano, tornò a casa pieno di gioia, ringraziando Dio perché egli aveva mandato innanzi a sé un tale dono al Signore, lui che era pronto a raggiungerlo in seguito. Siano rese grazie a Dio. Amen.
(fonte: Settimana News 22 agosto 2024)