"Un cuore che ascolta - lev shomea"
"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino
XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B
Brano molto complesso e ricco di suggestioni, prende in considerazione il legalismo religioso con la relativa incomprensione dei discepoli. In tutte le religioni, cristianesimo compreso, è presente una sorta di religiosità tutta volta all'aspetto esteriore, una religiosità delle 'labbra', fatta solo di parole e gesti da ripetere con maniacale precisione, di discorsi teologicamente impeccabili, di interminabili preghiere e rosari, di devozioni a questo o a quel santo, di sacrifici e... chi più ne ha, più ne metta. Una religiosità, per così dire, dell'immagine, bella di fuori ma vuota nel cuore. «Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite.» (8,18), dirà Gesù ai discepoli, per dire che il nostro modo di vivere il rapporto con Dio spesso rasenta l'idolatria. Esiste invece una fede che scuote e cambia la vita, una fede in cui l'uomo è pronto all'ascolto obbediente della Parola che, in Gesù, ci comanda di amarci gli uni gli altri, come fratelli . Una fede che mette al centro delle nostre fatiche pastorali gli ultimi, i poveri, gli esuberi del mondo, quanti sono scartati dal banchetto della vita. Proprio questa è «una religione pura e senza macchia, davanti a Dio nostro Padre» (Gc 1,27), una fede dove il primato non spetta alla Legge (fosse anche divina), al culto e alle tradizioni, ma al comandamento dell'amore. L'amore è l'unico comandamento che svela al mondo il volto del Padre (cfr. Gv 13,34-35), l'amore che viene da Dio, quello disinteressato, l'amore a perdere, quello che rimanda sempre al bene assoluto dell'uomo, quell'amore che sta sempre al di sopra di ogni Legge, culto e tradizione.