Mangiare insieme rende umani
Per molti di noi questi sono giorni di vacanza contraddistinti dal viaggiare, dall’oziare, dal vivere i riti del bagno in mare e delle camminate in montagna. Abbiamo sostato insieme sulla necessità della contemplare, del pensare, dello stare insieme rinnovando amicizie e amori in questi giorni di ferie caratterizzate dalla presa di distanza dal quotidiano, ma nell’arte del vivere non dobbiamo dimenticare il mangiare, soprattutto il mangiare insieme. E’ vero che siamo saturi e anche un po’ annoiati dal tema del cucinare, delle ricette delle cucine stellate che vogliono dare l’impressione che la vita si riduca e si valuti solo dal bere e dal mangiare, rimuovendo radicalmente il dramma di uomini e donne per i quali il cibo non è distrazione e piacere ma angoscia di provvederlo per sé e per propri i figli. Quasi un miliardo di persone nel mondo soffrono di sottoalimentazione, mentre noi non sappiamo cosa significhi la fame e continuiamo ogni giorno a sprecare cibo e a buttarlo nella spazzatura.
Per cambiare l’ottica che ci impedisce di vedere che i poveri vanno verso il pane e non viceversa, e modificare l’attuale rapporto tra noi e il cibo, occorrerebbe innanzitutto comprendere ed assumere il fatto umanissimo che l’atto di mangiare è molto più che il semplice atto di nutrirsi. Attorno alla tavola, questo luogo magisteriale per chi viene al mondo, si vive il gesto sociale per eccellenza, si creano le relazioni che formano il tessuto di una comunità, si scambiano le parole e ci si umanizza. Per noi umani, mangiare è un’azione naturale ma soprattutto culturale: non solo “dimmi ciò che mangi e ti dirò chi sei” del gastronomo francese Anthelme Brillat-Savarin, ma anche, dimmi come mangi, dimmi quanto mangi, dimmi con chi mangi e ti dirò chi sei!
Le vacanze sono l’occasione per mangiare i cibi offerti dalle terre in cui siamo ospiti e turisti, è l’occasione di conoscere cibi diversi e sconosciuti, piatti ai quali non siamo abituati esprimendo anche in questo una cordiale ospitalità verso chi ci ha accolto. Sia che invitiamo sia se siamo invitati, stare a tavola è sempre celebrazione di un legame: amore o amicizia, fraternità o alleanza. In questo dobbiamo ancora imparare molto dagli ebrei, perché nella sacralità che riconoscono al pasto e la circostanza e la festa per le quale il pasto ci celebra, ci insegnano verso il cibo e i commensali l’esercizio dell’attenzione e dell’ascolto per mobilitare tutti i sensi, della meraviglia per suscitare stupore, del rispetto per riconoscere la maternità della terra, del ringraziamento per aprirci alla condivisione e, in fine, del rallegrarsi insieme. E questo vale per chi cucina e per chi poi condivide e mangia ciò che si è preparato, frutto della terra poi trasformato dalla cultura.
Se si mangia con questo spirito non è difficile comprendere che “non di solo pane vive l’uomo”, ma vive anche della parola che gli viene rivolta e della quale si nutre proprio a tavola mangiando insieme agli altri.
Nella mia terra del Monferrato, la cui sapienza tramandata è solo quella contadina, si dice: “ciò che si impara a tavola fin da piccoli aiuta il mestiere del vivere fino alla fine”. Anche in queste vacanze non dimentichiamo dunque di esercitare la convivialità nella consapevolezza del mangiare e del cucinare per gli altri: far cucina per gli amici e gli ospiti è cosa seria, è il dono dei doni! Dice la tradizione buddista che il più bel dono che il Budda faceva agli amici era cucinare per loro.
(fonte: blog dell'autore)