Mani che accarezzano le ferite del mondo
Lasciarsi “misericordiare” per divenire misericordiosi. In questo modo il Santo Padre, lo scorso 11 aprile, ci ha esortati a entrare con il cuore e la vita nel mistero luminoso della misericordia divina. Ricordandoci i tre elementi portanti del Vangelo di questa domenica della Divina misericordia ci ha invitato ad accogliere la pace che il Risorto ci offre, a ricevere il soffio dello Spirito, a toccare le sue piaghe salvifiche.
Come missionario della misericordia ho avuto modo di sperimentare questi doni pasquali partendo dall’esperienza fondamentale che sta alla base di questo ministero: quella di essere perdonato ovvero, usando un termine caro al Papa, “misericordiato”. Non si può donare il perdono senza averne sperimentato la potenza e la bellezza, senza aver vissuto nel cuore quella rinascita feconda che trasforma l’aridità del deserto nel giardino fiorito dall’amore di Dio. Solo l’abbraccio del Padre ci rende consapevoli della verità di quello che siamo, al di là dei nostri peccati e dei nostri limiti, e ci rende capaci di esprimere in pienezza tutto ciò che di buono portiamo nell’anima e che possiamo offrire ai fratelli. Non si può donare la misericordia senza sperimentarla nel profondo, non si può annunciarla senza conoscerla, non la si può portare senza averla prima ricevuta. Essere perdonati significa partecipare all’amore gratuito che il Risorto ha rivelato donandosi totalmente per noi, che ci ha mostrato allargando le sue braccia sulla Croce per abbracciare ogni uomo offrendoci la sua vita.
Per renderci partecipi di questo dono infinito d’amore il Signore ci dona il suo stesso Spirito, quell’alito vitale che ci vivifica e rinnova facendoci respirare all’unisono con Lui, dandoci la sua stessa forza, facendoci palpitare con il suo medesimo cuore che ama e perdona. L’inestimabile dono della grazia ricevuta diviene così un fiume che scende su di noi e che da noi scorre nella Chiesa, nei cuori degli uomini, nel mondo. Quando un confessore dona la sua assoluzione questo fiume di grazia irrompe nel cuore del penitente e il sacerdote diviene come una fonte da cui zampilla l’acqua viva dello Spirito. In quei momenti sia il confessore che il penitente sono immersi nello stesso mistero di grazia e vivono insieme la luce della misericordia che tutto abbraccia e comprende. È proprio in quei momenti che il Risorto diviene presente in tutta la sua bellezza e sperimentiamo la sua presenza viva in mezzo a noi, accanto a noi e dentro di noi; la sua grazia ci avvolge e ci fa sentire di essere figli amati. Ogni missionario della misericordia sa che esercitando il suo ministero impara giorno dopo giorno che donare misericordia significa riceverla in ogni gesto compiuto, in ogni assoluzione impartita, in ogni parola di esortazione e di catechesi pronunciata. Così impariamo a sentirci perdonati da Dio prima di offrire il suo perdono.
Il terzo elemento che il Papa ci ricordava sono le piaghe che il Risorto mostra ai discepoli affinché essi le contemplino e le tocchino. Avvicinare i fratelli nel ministero della confessione e della consolazione significa sempre contemplare e toccare le piaghe di Cristo. Sono esse le porte attraverso cui la misericordia entra nel mondo e sono queste piaghe che possiamo toccare nei cuori dei sofferenti e dei peccatori. È lì che si rivela l’amore del Signore: nei segni delle ferite che gli uomini gli hanno inferto, ogni piaga è un peccato da noi commesso e che possiamo ritrovare in noi e nei fratelli, ogni ferita è una delle tante sofferenze che lacerano la vita degli uomini e che Cristo ha volute far sue per portarle sulla Croce e poi trasformarle in luoghi di grazia nella Risurrezione. Noi siamo chiamati a fasciare quelle piaghe con la consolazione e a guarirle con la medicina della misericordia che porta in sé la potenza guaritrice dello Spirito Santo. Siamo le mani che carezzano il dolore del mondo e con la grazia del perdono rimarginano le ferite, risanano i cuori; Cristo è il medico divino, lo Spirito il balsamo di vita e noi gli spirituali “infermieri” che operano nelle corsie del mondo.
Il frutto della misericordia è sempre la pace, primo dono dello Spirito e ultimo desiderio di ogni uomo. La pace non è semplicemente l’assenza del conflitto ma il suo superamento, significa che pur vivendo nella tempesta il nostro cuore riposa in Dio, saldo e fermo nella sua grazia, capace di affrontare ogni difficoltà perché sicuro in Colui che lo sostiene e gli da vita. Ogni missionario della misericordia è chiamato ad essere portatore della pace, colui che proclama agli uomini: «Pace a voi!», che porta ai cuori il balsamo della grazia testimoniandone l’efficacia nella propria vita. Se non si è “misericordiati” non si può testimoniare la misericordia, se non traspare da noi il sorriso del perdono non potremo ridonare la gioia ai peccatori e al mondo.
(fonte: L'Osservatore Romano, articolo di Marco Frisina 15/04/2021)
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