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giovedì 8 aprile 2021

Addio a Hans Küng grande teologo del nostro tempo

Addio al teologo svizzero Hans Kung

Era noto per le sue posizioni teologiche e morali spesso critiche verso la dottrina della Chiesa cattolica. La Pontificia Accademia per la Vita: «Una grande figura. Le sue idee devono fare sempre riflettere»

Hans Küng

È morto il teologo svizzero Hans Küng. Lo studioso, noto a livello internazionale soprattutto per le sue posizioni teologiche e morali spesso critiche verso la dottrina della Chiesa cattolica - rifiutava il dogma dell'infallibilità papale - è scomparso oggi all'età di 93 anni nella sua casa di Tubinga, in Germania, come annunciato dalla Fondazione Weltethos da lui fondata. La Pontificia Accademia per la Vita lo omaggia definendolo «una grande figura. Le sue idee devono fare sempre riflettere».

Il Projekt Weltethos (Global Ethic Institute) piange «la perdita del suo ispiratore e fondatore, Hans Küng. Ma il lavoro della sua vita continuerà. È un onore per noi e resta nostro mandato continuare le idee e l'impegno di Hans Küng per i valori, la responsabilità globale e il dialogo».

Nato a Sursee il 19 marzo 1928, presbitero e saggista, è stato uno dei teologi più rinomati al mondo. Negli ultimi 30 anni, ricorda Katholisch.de, Küng è stato particolarmente impegnato nel dialogo tra le religioni del mondo, in particolare nel Global Ethic Project. Ha ricevuto molti premi, tra cui oltre una dozzina di dottorati onorari.

La Pontificia Accademia per la Vita scrive su Twitter: «Scompare davvero una grande figura nella teologia dell'ultimo secolo, le cui idee e analisi devono fare sempre riflettere la Chiesa, le Chiese, la società, la cultura».

Küng si dedica allo studio della storia delle religioni, in particolare quelle abramitiche, e alla cooperazione tra le fedi attraverso il riconoscimento dei loro valori comuni. La grande fama internazionale di Hans Küng si deve ai contrasti con la Chiesa di Roma, al suo rifiuto dell’infallibilità papale e a prese di posizione considerate eterodosse. Il professore dell'Università di Tubinga viene ritenuto il capofila della teologia del dissenso, definito teologo «ribelle». Nel 1975 viene richiamato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per le sue affermazioni antidogmatiche. I toni della contestazione teologica si inaspriscono, e l’ex Sant’Uffizio il 18 dicembre 1979 gli revoca la missio canonica, ossia l'autorizzazione all'insegnamento della Teologia cattolica.

Küng attacca il pontificato di Karol Wojtyla, in particolare per la «restaurazione dello status quo ante Concilium, a impedire le riforme, al rifiuto del dialogo intra-ecclesiastico e al dominio assoluto di Roma: Giovanni Paolo II predica i diritti degli uomini all'esterno ma li ha negati all'interno, cioè ai vescovi, ai teologi e soprattutto alle donne». E diventeranno celebri le dispute teologiche con Joseph Ratzinger, ex collega universitario e amico.

Nel 2013 Kung dice invece di sentirsi in sintonia con papa Francesco, con cui «è rinata la mia speranza nella Chiesa».

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Hans Küng

Quando su Whatsapp ha cominciato a circolare la notizia della morte di Hans Küng, mi sono ritrovato a raccogliere commenti e riflessioni lapidarie ma non per queste meno profonde e belle. "Un prete. Un grande teologo. Un uomo libero" scrive Vito. E Marcello gli fa eco: "Se ne è andato una mente libera". Paolo reagisce così: "Caspita, un dolore per chi ama i teologi pensanti...". Mentre Pino scava nelle zolle che lo hanno generato alla riflessione critica e dice: "Ho studiato sul suo testo La chiesa. Erano bei tempi prima della restaurazione!!!". Infine Luca: "Va via un uomo di intelligenza e apertura mentale rara nella Chiesa. Altro pezzo di umanità e di pensiero che ci lascia ... nella pochezza diffusa ... qualcosa di nuovo verrà". Ed è una parola di speranza che non si chiude e non tace, proprio come quelle a cui ci aveva abituato Küng che non si era mai rassegnato al silenzio e non aveva mai smesso di riflettere senza tradire il dono della libertà di cui era riconoscente a Dio. Il suo pensiero ha dato una mano determinante alla pace: "Non vi può essere convivenza umana senza un ethos mondiale delle nazioni; non vi può essere pace tra le nazioni senza pace tra le religioni; non vi può essere pace tra le religioni se non c'è dialogo tra le religioni". In altri termini - osserva Brunetto Salvarani su Avvenire - la teologia non può che essere al servizio dell'umanità; ma una teologia al servizio dell'umanità è chiamata a porsi al servizio dell'intesa e della collaborazione tra le religioni, favorendo e praticando il dialogo interreligioso. Grazie Hans Küng.
(fonte: Mosaico dei Giorni, articolo di Tonio Dell'Olio 07/04/2021)

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Hans Küng: un grande teologo del nostro tempo



Se ne è andato anche l’ultimo grande teologo del nostro tempo. Hans Küng era oramai un classico del pensiero, una pietra miliare di una riflessione teologica che ha influenzato fortemente la filosofia, l’etica, il diritto e la cultura in generale.

Ha sollevato le contraddizioni che passano trasversalmente fra le chiese, non riconosceva l’infallibilità del Papa e in materia di bioetica ha più volte criticato le posizioni ufficiali della Chiesa, rigettando le modalità repressive della Congregazione per la dottrina della fede che lo colpirono alla metà degli anni Settanta e gli impedirono l’insegnamento. Nel 1993 si è impegnato per un progetto di formazione ed educazione alla Weltethos, ossia alla ricerca di un fondamento etico globale, interculturale e interreligioso.

Ho incontrato Küng a Brunico, in Alto Adige, in occasione della presentazione del suo libro-racconto “Was ich glaube” (in cosa credo) e ho avuto modo di dialogare con lui. Mi disse: «Scrivo per tutti quegli uomini che sono in ricerca, che non si sentono soddisfatti dal modo tradizionale di professare la fede sia romana che protestante. Scrivo per uomini e donne che non si sentono a loro agio in una costosa spiritualità in stile wellness (Wellness-Spiritualität) o in una semplice fede intesa come balsamo per la vita. Scrivo per chi ha dubbi ma anche il desiderio di vivere la vita come gioia e come bellezza. Non bastano più i catechismi, non sono sufficienti i libri di religione, i corsi di formazione e nemmeno la Bibbia presa soltanto come libro di studio. Molte persone sono in cerca di una fede comprensiva di tutto, di una fede che si combina con un’etica adeguata al terzo millennio». E sul dibattito intorno all’imposizione del simbolo della croce nei luoghi pubblici precisò: «La croce è essenziale per il cristiano. È un messaggio di vita, di speranza, di gioia. Nella storia però la croce è stata brandita come un’arma, è stata utilizzata come strumento di condanna degli eretici. Non è sempre stata un segno di benedizione. Capisco che ci siano delle persone che manifestano dubbi o avversioni nei confronti della croce appesa nelle scuole, però non credo che nemmeno il radicalismo laicista sia la soluzione al problema. La Corte europea non può legiferare su questioni del genere ma sono gli stati che autonomamente sono chiamati a disciplinare la materia.. Sono uno strenuo difensore della libertà religiosa ma sono anche convinto che per la maggior parte delle scuole italiane o tedesche la croce non sia un’offesa semmai è la mancanza di dialogo e di ascolto che è la base di molti conflitti».
(fonte: Mosaico di Pace, articolo di Francesco Comina 07/04/2021)

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Hans Küng, monsignor Forte: 
“Di grande stimolo per la Chiesa, la attaccava perché la amava”
 

Monsignor Bruno Forte, teologo arcivescovo di Chieti-Vasto
Il Teologo Arcivescovo di Chieti-Vasto: «Il suo intento profondo era costruttivo. Le sue punzecchiature erano motivate dalla volontà di realizzare lo spirito del Concilio Vaticano II»

Hans Küng, il teologo «ribelle» morto ieri a 93 anni, considerato antagonista di due papi - Ratzinger e Wojtyla - attaccava la Chiesa di Roma perché «la amava». E la voleva «come il Concilio Vaticano II aveva indicato: riferimento ed esempio, non spettatrice o dirimpettaia». Parola di monsignor Bruno Forte, teologo arcivescovo di Chieti-Vasto.

Eccellenza, quale ruolo ha avuto Küng e da che cosa nascevano le sue polemiche?

«Era di grande stimolo per la Chiesa. A modo suo la amava molto. Anche il suo spirito pungente era motivato dalla volontà di realizzare quella Chiesa che il Concilio aveva desiderato».

Ci spiega?

«La Chiesa nella storia sta non come spettatrice o controparte, ma come lievito nella massa dell’umanità. Non è dirimpettaia del mondo, o spettatrice esterna, ma partecipa alla vita della gente incoraggiando la giustizia e la pace».

Che cosa non ha condiviso nell’opera di Küng?

«A volte ci sono stati toni aspri, ma facevano parte del travaglio del post Concilio, forse necessario per dare scossoni al cammino. Küng ha esasperato alcuni suoi interventi, ma l’intento profondo era costruttivo».

Rifiutava il dogma dell’infallibilità papale…

«Ricordo una targhetta che aveva posto dietro alla scrivania a Tubinga. Vi era scritto in tedesco: “Lei vorrebbe essere Papa?”. Risposta di Küng: “No perché altrimenti non sarei più infallibile”. Questo fa capire anche che la sua contestazione era soprattutto verso un modo di interpretare staticamente l’infallibilità del Papa».

Ma la accettava?

«Sì, in pieno».

Quale posizione aveva nel dibattito sulla relativizzazione della verità?

«La verità non è qualcosa che si possiede e quindi di cui si può disporre a piacimento. È qualcuno che ci viene incontro, che ci trasforma. In questo senso ha un aspetto dinamico, che era quello su cui Küng insisteva».


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