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sabato 29 aprile 2017

La rinuncia di p. Giovanni Salonia - Il Papa resista e confermi la nomina di Rosario Giuè

La rinuncia di p. Giovanni Salonia
Il papa resista e confermi la nomina 
di Rosario Giuè 


Pubblicato su "Repubblica/Palermo", 
venerdì 28.04.2017




La notizia della decisione di padre Giovanni Salonia di rinunciare alla consacrazione episcopale come vescovo ausiliare di Palermo non è una buona notizia. E non è una buona notizia per chi spera, ancora, nella possibilità di una riforma della Chiesa cattolica che papa Francesco sta faticosamente portando avanti. La nomina di Giovanni Salonia, teologo e psicologo, era stata letta, infatti, da molti uomini e donne come “segno dei tempi”, come segno dell’urgenza di rinnovamento umano e pastorale di una “chiesa in uscita”, lontano dalle vecchie logiche clericali. Quella nomina era stata vista come segno della volontà di uscire da un cattolicesimo asfittico, ripetitivo, incapace di ascoltare le coscienze delle persone, in una realtà in continua trasformazione. Era il segno di una attenzione alle “periferie esistenziali”, di cui parla spesso papa Francesco. Era il segno di un voler uscire dal torpore delle sacrestie. Era il segno di una Chiesa che ha il coraggio necessario per entrare in dialogo con le sfide della secolarizzazione, lontano dalla logica del salvare “i nostri”: il mondo clericale con le sue attese e i suoi privilegi.
Ma non tutti amano la Chiesa disegnata e testimoniata da papa Francesco. Non tutti ne condividono il tentativo di riforma. E così nella parte più conservatrice e clericale del cattolicesimo, collegata ad altre centrali di potere, c’è chi usa tutti i mezzi leciti, a volte illeciti, per frenare l’azione riformatrice del Papa ( e di chi localmente ne segue le indicazioni), per tentare di bloccarne il processo riformatore, inclusivo e liberante, processo riformatore che passa necessariamente per le nomine episcopali. .Per questo “mondo antico” tutto deve rimanere bloccato. Il cambiamento che papa Francesco pazientemente vuole far sperimentare alla Chiesa, la sua richiesta di “conversione pastorale” nel segno della Misericordia, nel segno di un Vangelo “preso”, come egli dice, “senza calmanti” ma nella a sua “radicalità” è scomodo, perché “abbatte i troni e innalza gli scartati” (Luca 1,52)). Il cambiamento voluto da Francesco è scomodo perché mette ai margini vecchie abitudini e schemi di potere un tempo consolidati. Per questo una parte del cattolicesimo, ma anche del mondo politico e della finanza, rifiuta il cambiamento e lo ostacola apertamente, costi quel che costi! Anche usando la vecchia arma, come nel caso di Salonia, delle lettere di delegittimazione. 
Io non sono amico di padre Salonia. Ma gli attacchi contro di lui arrivati fino a Roma fin sul tavolo del Papa, attacchi dal frate cappuccino stesso definiti “infondati, calunniosi e inconsistenti” hanno avuto l’effetto di suscitare in me un moto di tenerezza e di affetto per questo prete che, a 69 anni, con dignità e sofferenza si vede costretto a scrivere una lettera di rinuncia alla consacrazione per il ministero episcopale. Si badi bene: le accuse contro di lui non sono per pedofilia, non sono per arricchimento indebito, per legami con la mafia. Sono accuse per mondanità. Ora va detto che sono solo l’ultimo segno di una Chiesa malata, di una Chiesa vecchia che stenta a morire. Di una Chiesa che, mentre rantola, cerca di assestare i suoi ultimi colpi. 
La rinuncia di padre Salonia non è una bella notizia per la Chiesa palermitana e per tutta la Chiesa: quella Chiesa che ha a cuore, non il proprio potere, ma il Vangelo nello spirito del Concilio Vaticano II. Spero proprio che, passato qualche tempo di decantamento, papa Francesco possa decidere di confermare la scelta che aveva fatto a febbraio e autorizzare la consacrazione di padre Salonia come vescovo ausiliare di Palermo.


- Chi ha paura della Chiesa voluta da Francesco di Rosario Giuè