don Carmelo Torcivia
Tratto da "Pastorale Palermo" - Febbraio 2017.
Supplemento alla rivista della Chiesa Palermitana
La pastorale della Chiesa tende per sua natura ad andare verso tutti e a creare vicinanza con ogni uomo e con ogni donna. Questa prossimità è voluta e ricercata perché la pastorale possa realizzare incontri veri con tutti gli uomini del nostro tempo. Il Papa Francesco sa perfettamente che nel mondo sono presenti alcune impostazioni di pastorale, che allontanano le persone. Egli così afferma:
Esistono in America Latina e nei Caraibi pastorali «lontane», pastorali disciplinari, che privilegiano i principi, le condotte, i procedimenti organizzativi… ovviamente senza vicinanza, senza tenerezza, senza carezza. Si ignora la «rivoluzione della tenerezza» che provocò l’incarnazione del Verbo. Vi sono pastorali impostate con una tale dose di distanza che sono incapaci di raggiungere l’incontro: incontro con Gesù Cristo, incontro con i fratelli. Da questo tipo di pastorali ci si può attendere al massimo una dimensione di proselitismo, ma mai portano a raggiungere né l’inserimento ecclesiale né l’appartenenza ecclesiale. La vicinanza crea comunione e appartenenza, rende possibile l’incontro. La vicinanza acquisisce forma di dialogo e crea una cultura dell’incontro. (2)
La disamina che ci offre papa Francesco è molto chiara. Se si vuole capire qual è la differenza tra una pastorale vicina alle persone, una pastorale di prossimità, e una pastorale lontana, distante dalla gente, bisogna mettere a fuoco la distinzione-opposizione tra una mentalità legalistica e una mentalità permeata dalla misericordia. La pastorale non è quindi una sorta di mediazione più o meno deduttiva e normativa dei principi dogmatici e dei valori morali professati dalla Chiesa. Essa è invece l’esercizio della maternità della Chiesa, che in quanto tale agisce sempre con misericordia, tanto più oggi in cui il mondo è ovunque un mondo di “feriti”. Qui papa Francesco raggiunge una vetta nella concezione di pastorale e per questo conviene ascoltarlo direttamente.
Sulla conversione pastorale vorrei ricordare che “pastorale” non è altra cosa che l’esercizio della maternità della Chiesa. Essa genera, allatta, fa crescere, corregge, alimenta, conduce per mano… Serve allora, una Chiesa capace di riscoprire le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia c’è poco da fare oggi per inserirsi in un mondo di “feriti”, che hanno bisogno di comprensione, di perdono e di amore.(3)
Questa bella citazione del papa Francesco è molto importante perché collega direttamente la pastorale a Dio e alle sue viscere di misericordia. Ciò che allora fonda la pastorale è la rivelazione e il posto centrale che la misericordia assume all’interno della stessa rivelazione.(4 )
La pastorale è epifania dell’agire di Dio nella storia. E per questo essa è l’esercizio della misericordia, di una Chiesa che non può che esprimere con misericordia il suo essere madre. Se allora la Chiesa agisce sempre e ovunque con misericordia, il motivo è da rintracciare nella sua fedeltà alla rivelazione di Dio e non come semplice risposta ai bisogni degli uomini.
La Chiesa, comunità dei discepoli missionari, impara dalla sua intimità con il Signore, itinerante sulle strade polverose del mondo, il senso della misericordia. Da Dio, quindi, impara soprattutto il nucleo centrale della misericordia: la tenerezza. C’è un brano di un discorso che Francesco ha rivolto ai vescovi del Messico che esprime in maniera assolutamente chiara la dimensione teologico-spirituale della tenerezza- misericordia di Dio.
Anzitutto, la Vergine Morenita ci insegna che l’unica forza capace di conquistare il cuore degli uomini è la tenerezza di Dio. Ciò che incanta e attrae, ciò che piega e vince, ciò che apre e scioglie dalle catene non è la forza degli strumenti o la durezza della legge, bensì la debolezza onnipotente dell’amore divino, che è la forza irresistibile della sua dolcezza e la promessa irreversibile della sua misericordia. (5)
Né la forza degli strumenti posti in atto (efficientismo pelagiano) né la durezza della legge possono essere i luoghi del cammino di liberazione dell’uomo. Solo la tenerezzamisericordia porta in sé la capacità di attrazione, di convinzione e di effettiva liberazione verso ogni uomo ed ogni donna. Tutto questo ha un fondamento nell’ambito teologico. Infatti, è Dio che è tenerezza-misericordia. Per questo bisogna parlare della “debolezza onnipotente dell’amore divino”.
(1) Questo brano è tratto da C. Torcivia, La misericordia: criterio teologico-pastorale dello stile della Chiesa. Il pensiero di Papa Francesco, in G. Alcamo (a cura di), Con il cuore del Padre. Rivelazione di Dio e stile pastorale della Chiesa, Paoline, Milano 2016, 248-249.250-253.
(2) Francesco, Decifrare la fuga di tanti fratelli, in «Regno/documenti» LVIII(2013/15), 467. Si tratta di un discorso importante perché il papa svolge la sua personale ermeneutica del documento di Aparecida.
(3) Francesco, Decifrare la fuga di tanti fratelli, o.c., 467.
(4) Per una chiara giustificazione della centralità della misericordia nell’ambito della teologia cf. Walter Kasper, Misericordia. Concetto fondamentale del vangelo – Chiave della vita cristiana, GDT 361, Queriniana, Brescia 2013.
(5) Francesco, Con coraggio profetico. Discorso ai Vescovi del Messico, Città del Messico 13/02/2016, in «L’Osservatore Romano» 15-16 febbraio 2016, 4.