per aprire i cuori"
don Matteo Zuppi,
Arcivescovo di Bologna,
Veglia delle Palme
8 aprile 2017
Gesù entra a Gerusalemme. Egli non scappa dal confronto difficile e pericoloso con la città degli uomini. Non resta virtuale e non si rifugia in paradisi lontani. Non si chiude con i suoi amici in luoghi sicuri, dove proteggersi dal nemico. Entra a Gerusalemme per aprire i cuori. E' la città che non aveva posto per farlo nascere e che non ha posto alla fine della sua vita. Gesù affronta le avversità; l'oscurità interiore, le tante complicità del male; l'indifferenza che sconsiglia di fare qualsiasi cosa perché fa credere tutto inutile. Gesù non porta un po' di benessere a poco prezzo o qualche rimedio per allungare la vita. Non si accontenta di un ruolo a qualsiasi costo o della sicurezza personale per "vivacchiare", per stare bene ignorando però i problemi veri o sperando di potere non scegliere. Gesù entra nella complessità della vita degli uomini perché vuole che non restiamo soli e presi dalla logica inutile e inconcludente della paura. "I programmi in TV sono pieni di cosiddetti "reality show", ma non sono storie reali, sono solo minuti che scorrono davanti a una telecamera, in cui i personaggi vivono alla giornata, senza un progetto. Non fatevi fuorviare da questa falsa immagine della realtà! Siate protagonisti della vostra storia, decidete il vostro futuro!", scrive Papa Francesco nel messaggio per la GMG 2017.
Il maestro entra nella città per affrontare l'ombra di morte che accompagna sempre tutti e che in realtà fa parte della nostra stessa condizione umana. Spesso diventa un sistema di morte, che produce ingiustizia, disequilibri, povertà talmente grandi e diffuse che sono strutture. Ce ne accorgiamo in alcuni momenti, quando siamo coperti dall'ombra di morte, per esempio con la malattia, manifestazione evidente e spesso drammatica della nostra fragilità. Ma c'è anche l'ombra di morte nella violenza che arma le mani degli uomini e acceca la loro umanità, che uccide migliaia d'innocenti come nella terribile guerra in Siria che è avvolta da troppe complicità e inaccettabili disattenzioni. C'è ombra di morte nella minaccia del terrorismo che si affaccia, vigliacco e disumano, per seminare terrore, per generare a sua volta altra violenza e alzare muri. C'è ombra di morte nell'esplosione della violenza che spegne la vita a un uomo mentre lavora o che uccide tante, tantissime donne perché sfuggono al possesso e diventano prede. C'è ombra di morte nel banale bullismo contro i più deboli o nelle prese in giro di chi non può difendersi, per strada come via internet. C'è tanta ombra di morte nella solitudine degli anziani, tortura atroce alla quale molti vecchi sono condannati da una generazione che sciupa il dono della vita, tanto che non sa difenderla dall'origine alla fine. C'è ombra di morte nell'inimicizia verso chi scappa, sfidando rischi terribili, dalla guerra e dalle sue sorelle, la fame, la povertà, la malattia. C'è ombra di morte nelle vessazioni che subiscono nei viaggi di sopravvivenza, loro che chiedono solo qualcuno che protegga e che adotti la loro speranza di futuro. C'è ombra di morte nell'incapacità di sognare il futuro, nella tentazione di chiudersi, di non rischiare mai, di pensare che non vale mai la pena, del banale vivere per se stessi.
Ecco perché Gesù, sole di amore e luce che è sorto dall'alto per risplendere su "quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte", (Lc1,79) entra nella città degli uomini e nei loro cuori. Non ha paura di noi, perché ama. Affronta la vita vera. Seguiamolo, vincendo le nostre resistenze e paure. Non entra forte e non vuole diventare re. E' debole, mite e umile. E questo è possibile a tutti! E' un re che vince con l'amore, perché solo l'amore è la vera forza degli uomini. Entra perché la sua speranza è più forte della rassegnazione, intelligente, raffinata o indurita che sia. Gesù entra perché vuole che la gioia abiti il cuore, la speranza rinasca, il dolore si trasformi in pace, il timore in fiducia, le prove in offerta d'amore, la solitudine in compagnia, lo straniero in figlio, l'estraneo in prossimo, l'affamato in un uomo saziato, la peccatrice in una fonte d'acqua viva. Ha detto Papa Francesco domenica scorsa a Carpi: "Seguendo Gesù impariamo a non annodare le nostre vite attorno ai problemi che si aggrovigliano: sempre ci saranno problemi, sempre, e quando ne risolviamo uno, puntualmente ne arriva un altro. Possiamo però trovare una nuova stabilità, e questa stabilità è proprio Gesù che è la risurrezione e la vita". Seguiamolo nella sua passione per il mondo perché solo così possiamo giungere alla resurrezione, della quale tutti abbiamo tanto bisogno.
Lui ci aiuta a capire dove stiamo noi e ci aiuta, con un amore così grande, a scegliere da che parte stare. Siamo come Pietro, sicuro dei propri sentimenti e della spada che portava con sé? Siamo la folla che grida quello che vuole la mentalità comune o i potenti di turno, come i tanti che si adeguano a quello che fanno gli altri per non avere problemi? Siamo Pilato, intelligente e raffinato esecutore della migliore giustizia possibile, ma incapace di difendere un innocente? Siamo i soldati romani che si possono prendere gioco di uno straniero indifeso, che non conta nulla e si divertono a umiliarlo? Ma possiamo essere tutti come quel ladro che soffre la stessa pena e che chiede solo "ricordati di me nel tuo regno. Possiamo essere Pietro che piange e inizia di nuovo, che capisce che se cadi Gesù ti aspetta, che non c'è santo senza passato, né peccatore senza futuro, che la perla nasce da una ferita dell'ostrica, che Gesù, con il suo amore, può guarire i nostri cuori, trasformando le nostre ferite in autentiche perle. Possiamo essere noi quel centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù che dissero «Davvero costui era Figlio di Dio!». Possiamo essere Nicodemo e Giuseppe di Arimatea, che non ebbero paura di compiere un gesto umano, di pietà e andarono da Pilato per prendere il corpo di Gesù e onorarlo.
Maria resta sotto la croce del figlio. Nel suo messaggio per la GMG 2017 Papa Francesco ci parla proprio della forza di Maria, che si mise in viaggio perché crede all'adempimento della Parola. Immaginiamola anche sotto la croce affidarsi a quel figlio che vedeva straziato, non abbandonare la speranza, anche nel buio più grande. Il suo è l'atteggiamento eucaristico, ossia rendere grazie anche nel buio, non fissandosi soltanto sui problemi e sulle difficoltà. "Nella dinamica della vita, le suppliche di oggi diventeranno motivi di ringraziamento di domani" scrive Papa Francesco. Lo diventa solo per chi, per amore, dona la sua vita quando sembra inutile, senza sapere se andrà bene, credendo solo che l'amore è più forte e che il padre non abbandona il figlio. Abbiamo tra le mani un ramo di ulivo. Portiamolo ovunque e doniamolo a tutti; diventiamo noi stessi un ramo di ulivo con il nostro sorriso, con l'aiuto, con l'ascolto, con la generosità gratuita e disponibile, con l'attenzione, anche solo per dire che la vita del prossimo è importante. Vedremo tanta ombra di morte scomparire e risplendere la luce dell'amore. E' la stessa della Pasqua di Gesù.
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