'Un cuore che ascolta - lev shomea' Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino
Vangelo: Gv 11,1-45
L'uomo è l'unico essere vivente che ha coscienza della morte, vive tutta la sua esistenza sforzandosi di eliminarla o rinviarla, ma essa "ci tiene sempre in scacco che, presto o tardi, sarà matto. Salvarci dalla morte è il desiderio che detta ogni nostra mossa ma sappiamo già in anticipo che sarà frustrato" (cit.). Facciamo quotidianamente esperienza di una vita che è per la morte, ma Gesù ci rivela una morte che è per la vita. Egli non è venuto a salvarci "dalla" morte, cosa impossibile dato che siamo mortali, ma "nella" morte; non annulla la nostra finitudine, il nostro limite, la nostra "carne", ma li assume vivendoli da Figlio di Dio. Il tema principale del brano, il cuore del messaggio, è la fede nel Signore Gesù, resurrezione e vita di coloro che credono in lui, una fede che risponde al desiderio più profondo di vita eterna presente in ogni figlio di Adamo. Tutta l'esistenza di Gesù è la conferma che l'uomo non è destinato a finire nel nulla, ma ad essere partecipe, per grazia, della stessa vita del Padre. La Parola Eterna "che ha fatto il mondo e tutte le cose che in esso si trovano, che è Signore del cielo e della terra" (At 17,24) adesso, nel suo Figlio Gesù, fa udire la sua voce anche ai morti e li fa uscire dai loro sepolcri: è l'alba della nuova creazione.
La resurrezione di Lazzaro è la conferma che la morte non è l'ultima, definitiva parola sulla storia dell'uomo, la sua signoria sull'uomo è terminata perché è stata vinta e sconfitta per sempre. "La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria ? Dove, o morte, il tuo pungiglione ? "
(1Cor 15,54-55).
Il ritorno alla vita di Lazzaro è l'anticipazione di ciò che avverrà a Gesù e a quanti crederanno in Lui, aderendo alla sua persona e al suo messaggio d'amore. Costoro, anche se muoiono, già fin da adesso sono viventi e risorti perché in Gesù, il Vivente e il Risorto, partecipano della stessa vita del Padre che è Amore infinito. Infatti "noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. " Questa è la Vita Eterna, il Soffio Santo che "procede dal Padre e dal Figlio": amare Dio e i fratelli così come noi siamo da Lui amati. Se però non amiamo avremo fallito la nostra vita, rimanendo prigionieri della morte, perché "chi non ama appartiene alla morte" (1Gv 3,14). Vogliamo allora, insieme a S. Ambrogio, implorare: "Possa tu, o Signore, degnarti di venire a questa mia tomba, di lavarmi con le tue lacrime. Chiama fuori dalla tomba il tuo servo e alla tua chiamata uscirò libero e diverrò uno dei commensali nel tuo convito. E la tua casa si riempirà di prezioso profumo, se custodirai colui che ti sarai degnato di riscattare" (dal "De Poenitentia" )