di Massimo Toschi
Dal 28 al 30 novembre 2014 il papa era stato in visita a Istanbul, incontrando il patriarca di Costantinopoli. Le parole dette in quell’occasione risuonano ancora oggi nel viaggio al Cairo
A Istanbul il papa, intervenendo alla liturgia nella parrocchia patriarcale di san Giorgio chiese che fossero ascoltate tre voci: dei poveri, delle vittime e dei giovani. Ecco, nasce qui l’ecumenismo delle vittime: le vittime delle guerre e dei conflitti in tante parti del mondo. Disse il papa: «Questa voce la sentiamo risuonare molto bene da qui, perché alcune nazioni vicine sono segnate da una guerra atroce e disumana. Penso con profondo dolore alle tante vittime del disumano e insensato attentato che in questi giorni hanno colpito i fedeli musulmani che pregavano nella moschea di Kano in Nigeria (…). La voce delle vittime dei conflitti ci spinge a procedere speditamente nel cammino di riconciliazione e di comunione tra cattolici e ortodossi. Del resto, come possiamo annunciare credibilmente il Vangelo della pace che viene dal Cristo se tra noi continuano ad esistere rivalità e contese?».
L’ecumenismo del sangue dà nuova forza all’ecumenismo tra i cristiani nel vivere il Vangelo dell’unità e della riconciliazione. Ecco nasce da qui l’ecumenismo delle vittime e l’ecumenismo del sangue, che papa Francesco assume con tutta la sua forza. Ora, proprio in queste ore, volando verso il Cairo, per visitare e accompagnare la chiesa copta e i suoi e i suoi martiri. La grazia discreta del martirio, non è esibita ma testimoniata nella condizione umiliata dei credenti che per sé non cercano il potere ma una vita vissuta e consegnata nella fede, senza domandare i primi posti, ma l’ultimo, il posto delle vittime. Non è l’ecumenismo dei centri culturali, delle dottrine, delle strategie e delle trattative ecclesiastiche. L’apocalisse è il fondamento teologico di questo viaggio e di questa prospettiva. Si legge al cap.7: «Dopo queste cose vidi, ed ecco una grande folla, che nessun uomo poteva noverare di tutte le nazioni e tribù e popoli e lingue, che stavano in piedi davanti al trono e all’agnello, vestiti di vesti bianche e con delle palme in mano». E il Signore spiega: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti e le hanno imbiancate con il sangue dell’agnello».
Oggi la storia dell’Egitto e non solo le vittime appartengono a tutti i popoli della Terra, a tutte le religioni della terra, e chiamano ogni popolo e ogni religione a trovare un nuovo ecumenismo che è l’ecumenismo delle vittime. Andando al Cairo, papa Francesco presenta questo straordinario percorso che indica il Vangelo. La strage dei cristiani copti, che si è consumata il giorno di Pasqua, si unisce e si lega alla vicenda di Giulio Regeni, vittima del potere, alle grandi stragi di musulmani in Afghanistan, in Iraq, in Africa, in Pakistan, nello stesso Egitto, stragi che preferiamo ignorare e rapidamente dimenticare.
Così papa Francesco a Istanbul ha descritto il nuovo ecumenismo, parlando con il ministro degli affari religiosi: «Adesso sembra che il dialogo interreligioso sia arrivato alla fine. Dobbiamo fare un salto di qualità, perché il dialogo interreligioso non sia solo: “cosa pensate voi di questo e noi di questo”. Dobbiamo fare un salto di qualità, dobbiamo fare un dialogo tra persone religiose di diverse appartenenze… Non si parla solo di teologie ma di esperienza religiosa. E questo sarebbe un passo avanti bellissimo, bellissimo».
L’ecumenismo delle vittime ha la misura di essere senza misura, come quella nube dei testimoni, come quella grande folla di ogni stirpe, popolo e nazione. In questo siamo chiamati a riconoscere il martirio dell’altro, senza rimanere prigionieri del confessionalismo nostro e dell’altro. È l’ecumenismo delle persone e non dei dottori e dei teologi, è l’ecumenismo della fraternità e non delle astuzie della politica ecclesiastica, sempre abile e spregiudicata a far tornare i conti a suo favore. Per questo il papa va senza paura, non per eroismo ma per fede. Oltre l’ecumenismo patinato delle liturgie e delle candele, dentro la storia sofferente e violenta dei popoli, là dove si confessa la fede nuda e disarmata di coloro che vivono la grande tribolazione.
(Fonte: Città Nuova - 28 aprile 2017)