Dio, dove sei? Quella domanda antica davanti alle tragedie
di Alberto Maggi
Puntuale a ogni tragedia, credenti e non, si chiedono dove fosse Dio nel momento della disgrazia, quando questa piomba inaspettata e repentina seminando lutti e mietendo vittime.
“Dio, dove sei?” È una domanda antica, che risale ai primordi dell’umanità e della religione, una domanda che non attende risposta, perché non è volta a conoscere, ma solo a rimproverare Dio per la sua assenza, per il suo silenzio. Come fece Marta con Gesù, che pur sapendo della gravità della malattia di suo fratello Lazzaro, non si era mosso: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!” (Gv 11,21).
“Se tu fossi stato qui…” invece il Signore non c’era. Dio è sempre lontano e assente nel momento della necessità, e bisogna invocarlo, supplicarlo, implorarlo perché si degni di guardare su questa terra e la salvi dal male: “Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c’è tregua per me” (Sal 22,2).
“Dove sei?” Chiede l’uomo a Dio. Ma, nella Bibbia, la prima volta che Dio parla all’uomo, è lui che gli chiede: “Dove sei?” (Gen 3,9). Non è l’uomo che deve chiedere a Dio dove è, ma egli che deve interrogarsi dove è, a che cosa è stato chiamato. Il Creatore lo aveva destinato a coltivare e custodire il giardino di Eden (Gen 2,15). Ma gli uomini lo devastano e distruggono, per poi rimproverare a Dio quello che è soltanto opera dell’insensatezza e dell’insaziabile ingordigia umana, radice di ogni ingiustizia e di ogni male.
Si rimprovera a Dio anche il suo silenzio. Eppure Dio ha parlato e parla, il guaio è che non trova chi lo ascolti. Tutta la Scrittura è attraversata dal rimprovero del Signore a quanti “hanno orecchi per udire e non odono” (Ez 12,2; Ger 5,21; Mc 8,18), ma gli uomini imperterriti, continuano a disapprovare il Signore per il suo silenzio. La Bibbia insegna che per saper ascoltare questo Dio occorre avere coscienza di chi è il Signore, altrimenti lui parla e le persone non se ne accorgono. Chi crede in un Dio potente lo cerca nella potenza, e non riesce a scorgerlo nell’amore, unica espressione di questo Dio.
Nel Primo Libro dei Re, si descrive a questo proposito l’esperienza fondamentale del profeta Elia che, in un momento drammatico della sua vita e del popolo, che ha abbandonato l’alleanza e ucciso i profeti, attende un segno della presenza divina, che crede di percepire nelle manifestazioni di forza, di violenza, quali un vento tempestoso, un terremoto, e nel fuoco. Ma, scrive l’autore sacro, “Il Signore non era nel vento, non era nel terremoto, non era nel fuoco”. Poi, “dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera…” (1 Re 19, 9-13).
E questo tenue sussurro, sottile, come una brezza leggera, era la presenza del Signore (“Sentì una voce che gli diceva: Che fai qui Elia?”,1 Re 19,13). Similmente nel vangelo di Giovanni quando “venne una voce dal cielo”(Gv 12,28), i presenti pensarono fosse stato un tuono, o un angelo, e comunque ritenevano che fosse solo Gesù il destinatario e non loro (“Questa voce non è venuta per me, ma per voi”, Gv 12,30). Quanti pensano a un Dio potente (Tuono, Es 19,16), o distante (Angelo) non riusciranno mai a scoprire la presenza del Dio Amore che dimora tra gli uomini, la sua Parola fatta carne.
“Dio dove sei?” Dio si manifesta nell’amore e non nella potenza. Quando l’uomo entra in questa dimensione, innalzando la soglia della propria capacità d’amare e la mette in sintonia con l’Amore, che è Dio, si accorge stupefatto della sua presenza, come lo sbalordito Giacobbe che esclama: “Certo il Signore è in questo luogo ed io non lo sapevo!”(Gen 28,16).
(fonte: Il Libraio)