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domenica 6 dicembre 2015

PAPA FRANCESCO VIAGGIO APOSTOLICO IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA /12 (cronaca, foto, testi e video) - Visita al campo profughi, alle Comunità Evangeliche e all'ospedale pediatrico

 29 novembre 2015 

 VISITA AL CAMPO PROFUGHI DI SAINT SAUVEUR 

Dopo la visita alle autorità del Paese, Francesco ha voluto passare a visitare uno dei campi profughi della capitale centrafricana, quello allestito nella parrocchia di St. Saveur a Bangui, che ospita quasi mille persone. Quella degli sfollati è una delle grandi emergenze che si vivono in Repubblica Centrafricana. A causa della guerra civile sono infatti oltre 440 mila gli sfollati all’interno del Paese mentre oltre 450 mila si sono rifugiati negli Stati vicini. 
E’ stata una giornata veramente memorabile per gli sfollati di questa parrocchia. Sono tutti, infatti raccolti – circa 800 persone – in un terreno che si trova intorno ad una parrocchia di Bangui, la capitale. Gli adulti avevano vestiti colorati e l’associazione delle donne sfollate ha ballato al suono dei tamburi. Soprattutto i bambini, molto sorridenti - malgrado la loro povertà e malgrado il calore - molto numerosi anche, tenevano in mano dei pezzi di tessuto bianco sui quali c’erano scritte a mano delle parole come “verità”, “pace”, “perdono”, “giustizia”, “amore”, parole che Papa Francesco ha letto attentamente.






Molto toccato da questa accoglienza grandiosa. Il Papa è stato salutato dai tre sacerdoti della parrocchia con attorno dei bambini, degli scout. Si è fermato a stringere le mani, ha accarezzato i bambini, ha salutato i portatori di handicap, e poi ha preso il microfono in mano e si è espresso in italiano, tradotto in sango, la lingua che unisce questa popolazione, formata da 80 etnie. Il Papa ha detto: 

Saluto tutti voi che siete qui.

Vi dico che ho letto quello che i bambini avevano scritto [su cartelli]: “pace”, “perdono”, “unità” e tante cose… “amore”. Noi dobbiamo lavorare e pregare e fare di tutto per la pace. Ma la pace senza amore, senza amicizia, senza tolleranza, senza perdono, non è possibile. Ognuno di noi deve fare qualcosa. Io vi auguro, a voi e a tutti i centrafricani, la pace, una grande pace fra voi. Che voi possiate vivere in pace qualunque sia l’etnia, la cultura, la religione, lo stato sociale. Ma tutti in pace! Tutti! Perché tutti siamo fratelli. Mi piacerebbe che tutti dicessimo insieme: “Tutti siamo fratelli”. [La gente ripete: “Tutti siamo fratelli”] Un’altra volta! [“Tutti siamo fratelli”]. E per questo, perché tutti siamo fratelli, vogliamo la pace.

E vi darò la benedizione del Signore. Il Signore vi benedica: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E pregate per me! Pregate per me, avete sentito? [“Sì!”]


La gioia era incredibile. Qui la gente è proprio gioiosa, malgrado i suoi problemi. Fino all’ultimo momento non credeva che il Papa sarebbe potuto venire. Pensava che all’ultimo sarebbe successo qualcosa, che avrebbe impedito il suo arrivo. Per loro, dunque, è stato un momento straordinario. Il Papa sembrava molto toccato da questa accoglienza, anche perché nel tragitto dall’aeroporto aveva già visto una folla innumerevole, uscita per le strade, malgrado le misure di sicurezza. 


Questa parrocchia accoglie questi sfollati come tante altre parrocchie della capitale. Qui sono stati fatti miracoli per pulire in pochissime ore questo luogo che simboleggia la sofferenza che ha questo Paese diseredato. Gli sfollati sono fuggiti da violenze, vessazioni di ogni genere. La maggioranza ha perso tutto, le loro case sono state incendiate e oggi vivono sotto tende offerte dall’Alto Commissariato per i Rifugiati, che resistono male al clima, alle forti piogge equatoriali e al sole. E per proteggere il Papa dal sole, intenso a questa latitudine, hanno preparato un tetto in legno, sormontato da una tenda. C’era un vaso di fiori poggiato su una piccola tavola, una decorazione molto semplice: l’immagine di questo Paese, privato di tutto, eccetto della sua fede solida. Per fare dei tappeti, dei tessuti dai colori molto vivaci sono stati poggiati sul suolo di terra battuta, che si trasforma spesso in un terreno fangoso e contribuisce alla diffusione del paludismo, che è un vero problema in questo Paese.



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 Incontro con le Comunità Evangeliche 

Dopo l'incontro con i Vescovi nel pomeriggio nella sede della FATEB (Facoltà di teologia evangelica di Bangui) l'incontro con le Comunità Evangeliche.

Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di avere l’occasione di incontrarvi in questa Facoltà di Teologia Evangelica. Ringrazio il Decano della Facoltà e il Presidente dell’Alleanza degli Evangelici in Centrafrica per le loro gentili parole di benvenuto. Saluto ciascuno di voi e attraverso di voi anche tutti i membri delle vostre comunità, in un profondo sentimento di amore fraterno. Noi siamo tutti qui al servizio del medesimo Signore risorto, che ci raduna oggi; e, per il comune Battesimo che abbiamo ricevuto, siamo inviati ad annunciare la gioia del Vangelo agli uomini e alle donne di questo caro Paese del Centrafrica.

Da troppo tempo il vostro popolo è segnato dalle prove e dalla violenza che causano tante sofferenze. Ciò rende l’annuncio evangelico ancora più necessario e urgente. Perché è la carne di Cristo stesso che soffre, che soffre nelle sue membra predilette: i poveri del suo popolo, i malati, gli anziani e gli abbandonati, i bambini che non hanno più i genitori o che sono lasciati a se stessi, senza guida e senza educazione. Sono anche tutti coloro che la violenza e l’odio hanno ferito nell’anima o nel corpo; coloro che la guerra ha privato di tutto, del lavoro, della casa, delle persone care.

Dio non fa differenze tra coloro che soffrono. Ho chiamato spesso questo l’ecumenismo del sangue. Tutte le nostre comunità soffrono indistintamente per l’ingiustizia e l’odio cieco che il demonio scatena; e vorrei in questa circostanza esprimere la mia vicinanza e la mia sollecitudine verso il Pastore Nicolas, la cui casa è stata recentemente saccheggiata e incendiata, come pure la sede della sua comunità. In questo contesto difficile, il Signore non cessa di inviarci a manifestare a tutti la sua tenerezza, la sua compassione e la sua misericordia. Tale comune sofferenza e tale comune missione sono un’occasione provvidenziale per farci progredire insieme sulla via dell’unità; e ne sono anche un mezzo spirituale indispensabile. Come il Padre rifiuterebbe la grazia dell’unità, benché ancora imperfetta, ai suoi figli che soffrono insieme e che, in diverse circostanze, si dedicano insieme al servizio dei fratelli?

Cari fratelli, la divisione dei cristiani è uno scandalo, perché è anzitutto contraria alla volontà del Signore. Essa è anche uno scandalo davanti a tanto odio e tanta violenza che lacerano l’umanità, davanti a tante contraddizioni che si innalzano di fronte al Vangelo di Cristo. Perciò, apprezzando lo spirito di mutuo rispetto e collaborazione che esiste tra i cristiani del vostro Paese, vi incoraggio a proseguire su questa via in un servizio comune della carità. E’ una testimonianza resa a Cristo, che costruisce l’unità.

Possiate, sempre più e con coraggio, aggiungere alla perseveranza e alla carità, il servizio della preghiera e della riflessione in comune, nella ricerca di una migliore conoscenza reciproca, di una maggiore fiducia e di una maggiore amicizia, in vista della piena comunione di cui conserviamo la ferma speranza.

Vi assicuro che la mia preghiera vi accompagna in questo cammino fraterno di servizio, di riconciliazione e di misericordia, un cammino lungo ma pieno di gioia e di speranza.

Chiedo al Signore Gesù che benedica tutti voi, benedica le vostre comunità, benedica anche la nostra Chiesa. E vi chiedo a voi di pregare per me. Merci beaucoup.









 Visita all'ospedale pediatrico 

Prima di arrivare nella cattedrale per l’apertura della Porta Santa del Giubileo, il Papa ha fatto una breve sosta in un ospedale pediatrico di Bangui e ha portato in dono per i piccoli malati alcuni scatoloni di medicine messe a disposizione dall'ospedale "Bambin Gesu'" di Roma. La sosta non era prevista nel programma ufficiale. Il Pontefice ha accarezzato e baciato alcuni piccoli pazienti che lo hanno accolto con grande commozione.







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