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sabato 19 dicembre 2015

Due donne incinte, due promesse di Enzo Bianchi

Due donne incinte, 
due promesse 
di Enzo Bianchi





Il quarto vangelo confessa in modo dossologico, glorioso: «La Parola si è fatta carne e ha posto la sua tenda tra di noi» (Giovanni, 1,14), e anche i vangeli sinottici ci testimoniano che la Parola di Dio si è umanizzata in mezzo a noi in Gesù di Nazaret, il figlio di Maria e di Giuseppe.

Luca, in particolare, è l’evangelista che vuole precisare quando e come questa Parola, ben prima di apparire pubblicamente, ha abitato in mezzo a noi, e con audacia ci racconta il momento stesso in cui, secondo le parole del messaggero di Dio, la potenza dello Spirito santo stende la sua ombra su Maria (cfr. Luca, 1, 35), una ragazza vergine di Nazaret, e la rende madre di un figlio di Adamo che solo Dio ci poteva dare: suo Figlio! Così, nel nascondimento, nel silenzio avviene l’umanizzazione di Dio: da quel concepimento la Parola di Dio è in mezzo a noi e Maria, la madre di Gesù, è la tenda nella quale essa prende dimora.

Secondo Luca questa Parola, questo lògos toû theoû, inizia un viaggio, vive tra gli umani (cfr. Baruc, 3, 38), da Nazaret a Gerusalemme e da Gerusalemme fino agli estremi confini del mondo, fino a Roma (cfr. Luca, 2, 22.41; 9, 51; 24, 47; Atti degli apostoli, 1 ,8; 28, 30-31). Ecco «la corsa della Parola» (cfr. 2 Tessalonicesi, 3, 1), l’evangelizzazione che inizia — lo si dimentica troppo spesso — con il cammino, il viaggio di una donna, di Maria, la madre del Figlio di Dio

Sì, perché Maria appena ricevuto l’annuncio della sua gravidanza (cfr. Luca, 1, 26-38), per un impulso interiore causato dalle parole dell’angelo, che rivelandole la sua maternità le ha anche rivelato la fecondità del grembo di Elisabetta, sua cugina, si mette in viaggio in fretta, la fretta escatologica, verso la montagna della Giudea. Dalla Galilea alla Giudea, da Nazaret alla periferia di Gerusalemme, un viaggio di più giorni.
Da cosa è mossa Maria? Dalla carità verso l’anziana Elisabetta, che tutti dicono «la sterile» (cfr. Luca, 1, 36), ma anche dall’ansia di comunicare la buona notizia, il vangelo ricevuto dall’angelo, nonché dal desiderio di ascoltare la cugina come donna nella quale Dio ha compiuto meraviglie. Maria appare subito come donna di carità, donna missionaria. Ed ecco l’incontro tra le due donne: Maria entra nella casa di Zaccaria, marito di Elisabetta, sacerdote che è afono, dunque non ha potuto dare la benedizione al popolo nel tempio, dopo l’annuncio dell’angelo circa la nascita di un figlio da sua moglie (cfr. Luca, 1, 8-22)

Entrando in casa, Maria saluta Elisabetta: una donna gravida di fronte a un’altra donna gravida, entrambe in questa condizione in virtù della grazia e della potenza di Dio, che ha reso fecondo il loro grembo, uno vergine, l’altro sterile. Entrambe portatrici di un figlio voluto da Dio, tende per due embrioni sui quali dimora una straordinaria e unica vocazione da parte di Dio. Il figlio di Maria si manifesterà come Messia, Figlio del Dio Altissimo, re sul trono di David (cfr. Luca, 1, 32-33); il figlio di Elisabetta come colui che «camminerà davanti al Messia con lo spirito e la potenza di Elia» (cfr. Luca, 1, 17), profeta ripieno di Spirito santo ancor prima di nascere

Ecco dunque due donne e due promesse. E non appena il saluto di Maria raggiunge Elisabetta, comunicandole lo shalom, il bambino al sesto mese nel grembo di quest’ultima si mette a danzare, esulta, scalcia di gioia, come solo le madri sanno riconoscere. Nello stesso momento lo Spirito santo scende su Elisabetta per riempire lei e il bambino della sua presenza e della sua forza. Così, di fatto, Maria causa la prima pentecoste cristiana: lo Spirito sceso su di lei nell’ora dell’annunciazione ora, grazie alla sua presenza, percepita dal bambino Giovanni come quella della tenda, dell’arca del Signore (cfr. Esodo, 40, 34-35; 2 Samuele, 6, 9.14), scende su Elisabetta e sullo stesso Giovanni.

(Fonte: Avvenire)