«La Madonna, Maria, era più importante degli Apostoli, dei vescovi, dei diaconi e dei preti. Così la donna, nella Chiesa, è più importante dei vescovi e dei preti: come, è quello che dobbiamo cercare di esplicitare meglio» (Papa Francesco)
Con buona pace degli stereotipi che riducono le donne al ruolo di perpetue e orientano le suore al lavaggio dei calzini – e anche di chi nella Chiesa continua ad avere la stessa mentalità – Papa Francesco ha più che raddoppiato il numero di donne nella Commissione teologica internazionale, istituita da Paolo VI nel 1969 e composta da una élite di studiosi che hanno il compito di aiutare l’ex Sant’Uffizio «nell’esame delle questioni dottrinali di maggiore importanza e attualità». Nella nuova Commissione, in carica per cinque anni, le teologhe – religiose e laiche – passano da due a cinque su trenta:
sono suor Prudence Allen, delle Sisters of Mercy (Usa), suor Alenka Arko, della Comunità Loyola (Russia- Slovenia), e docenti universitarie laiche Moira Mary McQueen (Canada-Gran Bretagna), Tracey Rowland (Australia) e Marianne Schlosser (Austria-Germania).
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Che l’interesse dei media per la nomina di cinque donne nella Commissione teologica internazionale sarebbe stato alto – scrive Giulia Galeotti – lo si poteva prevedere dall’eco che ha ricevuto l’anticipazione della notizia comparsa nell’intervista di Lucetta Scaraffia al presidente della commissione, il cardinale Gerhard Müller, pubblicata su «donne chiesa mondo». L’indicazione del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cui spetta (dopo aver consultato le conferenze episcopali) di suggerire al Papa i teologi da nominare, è stata così confermata: per il quinquennio 2014-2019, infatti, nella commissione sono presenti cinque teologhe, più che raddoppiate rispetto alle due del decennio precedente. La presenza femminile, dunque, costituisce oggi il sedici per cento dei componenti totali della commissione. Tra le cinque donne, due sono religiose e tre laiche. Quasi tutte insegnano nei seminari.
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