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sabato 14 settembre 2013

Commenti e riflessioni sulla lettera di Papa Francesco a Eugenio Scalfari / 4 : Spadaro, Küng, Repole, Biondi

... Innanzitutto ricordiamoci che questa non è la prima comunicazione del Papa con una testata giornalistica. Si tratta di una tappa dentro un cammino che non prevede strategie rigide, appunto, ma un discernimento attento. Camminando si apre il cammino, insomma. E in questo senso credo che il Papa non intenda assestarsi su un solo modo di comunicare. Papa Francesco, in realtà, più che «comunicare» crea «eventi comunicativi», ai quali chi riceve il suo messaggio partecipa attivamente. In questo senso si ha una riconfigurazione del linguaggio che pone accenti differenti e priorità nuove. L’immediatezza del messaggio in Papa Francesco produce un paradosso: la sua autorevolezza ne risulta accresciuta e potenziata proprio perché la distanza viene abolita. Davanti a lui si avverte l’autorevolezza della figura e nello stesso tempo non si avverte alcuna distanza...

Non esorta al confronto ma lo pratica è questa la forza del messaggio
di Hans Küng
(Teologo)

Il titolo della notizia potrebbe essere “un dialogo a pari dignità”. Papa Francesco esorta non soltanto al dialogo con i non credenti, bensì lo traduce in pratica. In modo modesto e umile, senza esercitare alcun pressing, agendo con piena comprensione per le ragioni degli altri. Come la sua idea di “confraterna vigilanza”.
Molti punti di vista teologici mi sembrano importanti.
Primo: il Papa rappresenta il concetto dell’incarnazione della persona storica di Gesù. E della sua autorità estesa alla Chiesa, che lascia questioni aperte. Secondo: la natura di Gesù come figlio di Dio non deve escludere altri ma invece deve aprire a tutti gli esseri umani la vocazione a sentirsi “figli di Dio”. Terzo: nessuno dispone della Verità assoluta. La Verità della Fede, come ha manifestato in Cristo l’amore di Dio, è essenzialmente una relazione. Quarto: la Verità della Fede, che è simbolo di Luce, fu sempre, più volte, strumentalizzata da cupi superstiziosi contro la Luce della ragione. Ergo, mi sento confermato nella mia Via e Scelta, avendo sempre preso sul serio le ragioni dei non credenti. (fonte: “la Repubblica”)

“Mi pare che il Papa apra un dialogo non solo con i non credenti, ma, in modo ancora più ampio, con il mondo moderno”. Don Roberto Repole, presidente dell’Associazione teologica italiana e docente di Teologia sistematica presso la sezione di Torino della Facoltà teologia dell’Italia settentrionale, commenta la lettera del Papa a Repubblica insistendo sul fatto che “occorre richiamare questo desiderio che il Papa mette nella Chiesa di essere in continuità con quanto fatto dal Concilio Vaticano II, cioè di dialogare con il mondo della modernità, un mondo nel quale c'è anche la possibilità di non essere credenti”

La sua originalità – è stato scritto – è quella di essere un «papa dei lontani», che «desidera testimoniare Gesù Cristo a tutti, non solo ai cattolici militanti». Definizione perfetta di fronte a quella lettera firmata «Francesco», e nient’altro. Usa accenti nuovi, papa Bergoglio, adatti al mondo d’oggi, come indicato dal Concilio Vaticano II, ma senza scostarsi di un passo dalla bimillenaria Tradizione della Chiesa (con la t maiuscola). Concetti semplici, anche se stavolta – per la prima volta dall’inizio del pontificato – il papa scrive da teologo. E colpisce la facilità con cui Francesco spazza via anni di polemiche, quelle dei primi anni Duemila, tra laici e credenti. Ricordate il dibattito sui politici cattolici e l’obbedienza alle direttive della gerarchia?...
Quando si rivolge ai cristiani, Francesco è un papa “esigente”. Spesso fa riferimento alla «missione» affidata al cristiano, riprendendo temi cari alla tradizione gesuita. In Brasile ha parlato di «Chiesa missionaria». Nelle parole di ieri, rivolte ai «lontani», si legge con chiarezza che per questo papa la fede, prima che da una spinta personale alla perfezione, nasce da «una bellezza che attrae». Il papa l’ha ribadito più volte: quando Dio affida una «missione», concede anche la forza per sostenerla. Il linguaggio dell’«abbraccio» parla a tutti, vicini e lontani.

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