L’idea di scrivere, a cinquant’anni dal Concilio (1963-65), una Lettera aperta a tutta la Chiesa (laici, presbiteri, religiosi e vescovi) che è in Italia, è nata all’interno dei Gruppi aderenti alla Rete dei Viandanti [1] alla fine del 2011.
La ricorrenza è parsa significativa per fare un bilancio dell’impegno dei vari gruppi e per esprimersi sui problemi aperti; la formula della lettera aperta è parsa un buon strumento di comunicazione per rivolgersi a tutti e per aggiungere una voce all’esile opinione pubblica ecclesiale italiana.
La Lettera nasce da una stesura collettiva realizzata – con un lavoro di alcuni mesi – attraverso discussioni, confronti, stesura dei contributi, sintesi provvisorie, poi verificate, pazientemente emendate e riformulate, fino a giungere – con un processo che ci piace definire di tipo sinodale – ad un testo finale condiviso.
Lettera alla Chiesa che è in Italia
Questa lettera si rivolge a tutto il Popolo di Dio che è in Italia, a cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II. Essa nasce da una stesura collettiva realizzata – con un lavoro di alcuni mesi – da una rete di gruppi e realtà comunitarie (Rete dei Viandanti), attraverso un processo di tipo sinodale, caratterizzato da discussione e confronto.
Con particolare preoccupazione si rivolge ai Vescovi, nostri Pastori
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La Lettera sarà presentata il 16 marzo a Milano, presso il Centro san Fedele (P.za san Fedele, 4), con un seminario pubblico e sarà inviata a tutti i Vescovi.
L’incontro fornirà l’occasione anche per discutere i contenuti della Lettera e i problemi che essa intende porre con spirito costruttivo.
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Un’idea che parte da lontano e che le dimissioni di Benedetto XVI e l’imminente conclave rendono ancora più di attualità. Firmatari sono tutti gli aderenti ai gruppi e alle comunità che fanno capo alla rete dei Viandanti in Italia, gli stessi che avevano organizzato l’incontro del 15 settembre scorso a Roma “Chiesa di Dio, Chiesa dei poveri”. E tutto questo per fedeltà in primo luogo al Vangelo, ma anche alla metodologia conciliare del Vaticano II, in un mondo però radicalmente mutato.
Parlano di scenari epocali e contesti ambivalenti nei quali la Gaudium et spes ci chiama comunque a vivere come cattolici. E lo sguardo si apre ai “segni di novità positiva” come la più diffusa sensibilità per la libertà di coscienza e di espressione, la richiesta diffusa di equità nella ripartizione delle risorse e forme di cooperazione per il superamento del sottosviluppo, la difesa della dignità delle donne e dei bambini, la presenza di movimenti per la pace e per i diritti umani”.
Evidenziano il diffondersi di situazioni di disagio di fronte alla manifesta difficoltà della gerarchia di rispondere secondo lo spirito del Vangelo ai “segni dei tempi” e di realizzare un positivo confronto fra pastori e fedeli, proprio mentre si assiste a tutto un fiorire nel mondo di esperienze vive di comunità, di gruppi, di laici, di preti, religiosi e anche vescovi che cercano di testimoniare il Vangelo nell’oggi. “L’immagine che prevale è quella di una Chiesa più in competizione che in dialogo col mondo, chiusa più che aperta ai segni dei tempi” e col pericolo neanche troppo velato di un neo-trionfalismo liturgico.
Sono essenzialmente 3 i segni radicali più evidenti...