Una testimonianza di
Papa Wojtyla
Come si sente un uomo sotto la volta della Cappella Sistina, quando le schede dell’urna dicono il suo nome, e ancora, e di nuovo quel nome è inesorabilmente ripetuto?
Sotto al gran cielo del Giudizio, come si sente un uomo, quando d’improvviso tutta la sua vita gli si svela come da sempre orientata a quell’ora, a quell’istante?
Giovanni Paolo II alla Sistina ha dedicato il suo Trittico romano, e più volte ha ricordato quel giorno, in quell’aula – quando l’antico rettore del suo Seminario Maximilien de Furstenberg gli annunciò, in latino: «Magister adest, et vocat te».
Ma c’è un passo di un discorso del dicembre 1999 in cui il Pontefice polacco descrive il San Pietro del Perugino, nel ciclo parietale della Sistina, e pare quasi un parlare autobiografico. L’apostolo riceve la grande chiave da Cristo, ma, disse Papa Wojtyla, «è delineata sul volto di Pietro la toccante espressione di umiltà con cui egli riceve l’insegna del suo ministero, stando in ginocchio e quasi indietreggiando davanti al Maestro. Si direbbe un Pietro rannicchiato nella sua pochezza, trepidante, sorpreso da così immensa fiducia e desideroso, per così dire, di scomparire, perché solo il Maestro resti visibile nella sua persona». Stando in ginocchio e quasi indietreggiando, «rannicchiato nella sua pochezza». Così si sente un uomo ancora oggi, nella magnificenza della Sistina, quando è il suo nome che viene pronunciato?...
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Dal momento della elezione fino ai tre gradini che scendono al balcone sopra la Basilica. E non ci può essere cammino più lungo, più vertiginoso né più solitario di quei pochi metri che il Papa dovrà seguire per diventare il Papa della propria Chiesa e non soltanto dei cardinali elettori.
È una strada scavata nei secoli dai sublimi scenografi di una Chiesa Cattolica che possiede, come nessun’altra confessione religiosa nel mondo, la capacità di esaltare e di intimidire contemporaneamente l’uomo che essa promette di venerare e di ubbidire. Nella sedimentazione secolare di liturgie e di luoghi che si sovrappongono e si intrecciano, si passa dalla umiltà monacale della celletta delle lacrime dietro l’altare della Sistina fino alla magniloquenza della piazza, perché l’uomo divenuto Pontefice e successore di Pietro deve conoscere tutto l’arco della esaltazione e dell’umiliazione...
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