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mercoledì 9 maggio 2012

"Pagare le tasse è un dovere etico, purché siano eque" di Bruno Forte

Stringere la cinghia quando le cose vanno male è giusto: lo sa ogni famiglia responsabile. Lo sanno in generale gli italiani, popolo di lavoratori e di risparmiatori, la cui notevole capacità produttiva è basata sulla qualità del lavoro, sull'affidabilità delle competenze, sulla capacità di pensare al futuro misurando l'oggi sul domani. Dunque, è comprensibile come la terapia d'urto del Governo salva-Italia non abbia di per sé provocato quel rigetto immediato e generalizzato, che alcune frange estreme avrebbero voluto e sperato.
È comunque in atto una ricerca della misura legata al principio di equità, ampiamente richiesta dai più: ne sono prova i disagi di queste settimane intorno alle proposte avanzate per uscire dalla crisi e promuovere la crescita, riscontrabili fra le stesse forze politiche che sostengono il premier. È questo senso della misura fra rigore, equità e sviluppo che vale la pena di esplorare brevemente, soprattutto nel suo profilo etico.
Perché l'incontro di economia ed etica - proposto in maniera articolata e convincente dall'Enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate - trova proprio qui un "caso serio" di verifica tutt'altro che teorica o senza conseguenze. Sono tre i principi cui vorrei accennare: il dovere morale di pagare le tasse; l'esigenza etico-sociale che esse siano eque; l'affidabilità delle garanzie offerte da chi governa e dal quadro economico-politico generale circa il buon uso del denaro pubblico.