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martedì 1 maggio 2012

Messaggio di speranza per la Festa del 1° Maggio di monsignor Bregantini, presidente della Commissione episcopale per i problemi del lavoro, e intervista sull'attuale crisi

"Ho sempre seguito con interesse e passione le manifestazioni e le lotte per il primo maggio. Dico "lotte", perché con questo termine le chiama l'enciclica "Laborem Exercens" di Giovanni Paolo II. Precisando, però, che si deve trattare sempre di "una lotta pro e mai di lotta contro". Precisazione fecondissima, nella mia vita e anche in quella di tanti militanti cristiani, che seguono solidi e fondati ideali di giustizia, non dietro bandiere passeggere, ma valori che hanno sempre a che fare con il valore e la dignità della persona.
"Agire per esserci" ed "Esserci per agire". E' un motto che mi sgorga dal cuore, altrettanto utile per capire l'efficacia e l'importanza dello slancio che tutti dobbiamo avere per spingerci "oltre la stessa precarietà" di questi anni appesantiti e stremati dalla crisi economica. 

Un colloquio con il presidente della Commissione episcopale per i problemi del lavoro, per capire come affrontare e uscire dalla crisi.

“Sono solito paragonare questa crisi ad una sorta di potatura: quando si pota solo un esperto conosce quali rami vanno tagliati, ed è un po’ la fatica di questi giorni. Quando si pota non si vede il frutto, si intravede soltanto”. E’ questa la chiave di volta per leggere la storia di oggi, secondo monsignor Giancarlo Bregantini, vescovo di Campobasso-Bojano e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e membro del comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici. Classe 1948, appartenente alla congregazione degli Stimmatini, ordinato prete aCrotone, è stato vescovo di Locri-Gerace dal 1994 al 2007, come dire in prima linea per difendere la libertà delle persone dal laccio opprimente della mafia.
“E’ sempre possibile trasformare, rinnovare, rifiorire. Mai lasciarsi annientare dalla crisi, ma affrontarla con speranza e saper guardare lontano. Le foglie ingiallite possono cadere, ma le radici restano e, se sono solide, permetteranno sempre una rifioritura in primavera. Tutto è possibile, perché Dio è più grande di noi”.