C’è un virus tipico di ogni discepolo e ogni religione, che non è mai estinto. Si tratta del virus degli scribi e dei farisei. Oggi potremmo dire che «gli scribi e i farisei» c’erano una volta, o che il loro comportamento riguarda solo i preti di oggi; può essere visto, insomma, in chiave anticlericale. Ma c’è qualcosa di più profondo: lo scriba e il fariseo che si annida in ognuno.
Tutto il capitolo 23 del vangelo secondo Matteo è un capitolo sull'ipocrisia, il “virus” tipico della persona religiosa, ma non solo. La legge dell’apparire è in contraddizione con ciò che uno sente. Vale dappertutto: nella sinagoga, in chiesa, nell'ufficio, nella politica.
Ciò che Gesù denuncia degli scribi e dei farisei, noi possiamo facilmente applicarlo agli altri, anche ai preti eventualmente. Non dimentichiamo però che Giove ci ha dato due bisacce: i difetti che vediamo nella bisaccia sulle spalle di chi ci sta davanti, sono esattamente quelli che stanno sulle mie spalle e che non vedo. La descrizione degli scribi e dei farisei ci fa da specchio per vedere quel male radicale che si annida dentro di noi e che poi emerge ovviamente anche nei capi, o in quelli riconosciuti tali, perché tutti si rispecchiano in quelli.
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