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venerdì 26 aprile 2024

25 aprile: una piazza in festa - Papa Francesco all'Azione Cattolica «Grazie per questo abbraccio così intenso e bello, che da qui vuole allargarsi a tutta l’umanità, specialmente a chi soffre.» (cronaca, foto, testo e video)

L'incontro con papa Francesco
25 aprile: una piazza in festa

foto: Alessia Giuliani/Fototeca Ac

«È molto doloroso vedere come questa guerra abbia colpito l’animo di tutti nel credere che sia ancora possibile fare qualcosa nella deriva di violenza che sembra non esaurirsi mai. È importante parlare della Terra Santa, non lasciare cadere l’attenzione su questo conflitto che sta lacerando la vita di questi popoli, ma sta anche lacerando la vita della società in tante altre parti del mondo…. La realtà è così complicata e bisogna pregare per questa realtà, essere vicini, parlarne e cercare sempre di costruire relazioni».

Invita a non dimenticare il conflitto in Medio Oriente e a pregare il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, nel videomessaggio inviato al popolo di Azione cattolica riunito in Piazza San Pietro per l’incontro con papa Francesco del 25 aprile (in basso il pdf del videomessaggio).

25 aprile: una piazza in festa

Il tema dell’impegno e l’invito a seguire Cristo è stato il file rouge che ha accompagnato l’intera mattinata di A braccia aperte. Oltre 80.000 soci e simpatizzanti provenienti da tutta Italia e di ogni età: adulti, giovani, bambini si sono radunati, in un trionfo di striscioni e bandiere, con lo sguardo e il cuore rivolto al Papa. Una piazza gremita fino all’inizio di Via della Conciliazione con tanti religiosi e amici provenienti dal volontariato, dalle parrocchie, da quella società civile che ogni giorno si dedica alla sofferenza e al bisogno dei fratelli.

Sul sagrato i presentatori Antonella Ventre e Massimiliano Ossini hanno dato il benvenuto ai presenti invitandoli a darsi un abbraccio reciproco e aperto la diretta televisiva con il Rai1. Insieme a loro il presidente nazionale Giuseppe Notarstefano e tutti vertici dell’Associazione.

Più che mai oggi in un tempo complesso da vivere e da decifrare, in cui sono tornati prepotentemente i temi della guerra, della povertà, del sopruso, c’è bisogno della “parola”. I conflitti in Israele e Ucraina, la globalizzazione senza regole, gli equilibri saltati tra gli Stati pretendono una scelta di responsabilità. Non ci si può sottrarre, non ci si può voltare dall’altra parte.

Ad aprire l’Incontro le parole di Mons. Claudio Giuliodori, assistente generale di Ac: «E’ in questo mondo e in questo tempo che siamo chiamati ad essere, in virtù del battesimo ricevuto, soggetti attivi di evangelizzazione. Siamo discepoli missionari di un Signore che per il mondo ha dato la vita. Anche la nostra non può che essere a sua volta donata.»

L’incontro poi è entrato nel vivo con l’intervento dell’attore Neri Marcorè che, imbracciando la chitarra, ha letto alcuni brani su figure della Resistenza cattolica e intonato la canzone di Fabrizio De André La guerra di Piero.

Il saluto di papa Francesco

Accolto dalle parole e musica dell’Inno A braccia aperte composto in occasione dell’incontro e dallo sventolio dei cappellini gialli e blu il Pontefice è entrato in piazza a bordo della papamobile scoperta e circondato da alcuni bambini di Ac.

Francesco ha fatto due giri di piazza salutando e regalando sorrisi soprattutto ai più piccoli. Poi è salito sul sagrato e ha pronunciato il suo discorso rivolto al popolo dell’Azione cattolica ricordando l’importanza della cultura dell’abbraccio: «Cosa sarebbe la nostra vita, e come potrebbe realizzarsi la missione della Chiesa senza questi abbracci? Perciò vorrei proporvi, come spunti di riflessione, tre tipi di abbraccio: l’abbraccio che manca, l’abbraccio che salva, l’abbraccio che cambia la vita».

Francesco ha continuato stigmatizzando i comportamenti che portano alle guerre: la diffidenza nei confronti degli altri, il rifiuto e la contrapposizione che diventano violenza. Abbracci mancati o rifiutati, pregiudizi e incomprensioni che fanno vedere l’altro come nemico.

E ha concluso con un invito: «Vedervi qui tutti insieme mi fa venire in mente il Sinodo e penso al sinodo in corso che giunge alla terza tappa quella profetica; ora si tratta di tradurre il lavoro delle fasi precedenti in scelte che diano slancio alla vita nuova e alla Chiesa del suo tempo. Vi invito a essere atleti e portabandiera di sinodalità nelle diocesi e nelle parrocchie.»

La cura

La festa è proseguita con la band di 60 elementi Rulli Frulli con i suoi strumenti riciclati e la sua verve instancabile. Si è poi esibito in un monologo sulla cura del creato il cantante Giovanni Caccamo che, accompagnato da appalusi scroscianti, ha intonato il brano La cura di Franco Battiato, un inno a prendersi cura del vicino e dell’altro. Intanto dalla piazza, al microfono, i giovani di Ac hanno reso testimonianza della loro esperienza associativa.

La mattinata si è conclusa con canti di ringraziamento, e tanti, tantissimi abbracci.

(fonte: Azione Cattolica Italiana)

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INCONTRO CON L'AZIONE CATTOLICA ITALIANA "A BRACCIA APERTE"

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 

Piazza San Pietro
Giovedì, 25 aprile 2024


Cari amiche e amici dell’Azione Cattolica, buongiorno e benvenuti!

Grazie per la vostra presenza. Vi saluto con affetto, in particolare il Presidente nazionale e l’Assistente generale. Poco fa, passando in mezzo a voi, ho incrociato sguardi pieni di gioia, pieni di speranza. Grazie per questo abbraccio così intenso e bello, che da qui vuole allargarsi a tutta l’umanità, specialmente a chi soffre. Mai dobbiamo dimenticare le persone che soffrono.

Il titolo che avete scelto per il vostro incontro è infatti “A braccia aperte”. L’abbraccio è una delle espressioni più spontanee dell’esperienza umana. La vita dell’uomo si apre con un abbraccio, quello dei genitori, primo gesto di accoglienza, a cui ne seguono tanti altri, che danno senso e valore ai giorni e agli anni, fino all’ultimo, quello del congedo dal cammino terreno. E soprattutto è avvolta dal grande abbraccio di Dio, che ci ama, ci ama per primo e non smette mai di stringerci a sé, specialmente quando ritorniamo dopo esserci perduti, come ci mostra la parabola del Padre misericordioso (cfr Lc 15,1-3.11-32). Cosa sarebbe la nostra vita, e come potrebbe realizzarsi la missione della Chiesa senza questi abbracci? Perciò vorrei proporvi, come spunti di riflessione, tre tipi di abbraccio: l’abbraccio che manca, l’abbraccio che salva e l’abbraccio che cambia la vita.

Primo: l’abbraccio che manca. Lo slancio che oggi esprimete in modo così festoso non è sempre accolto con favore nel nostro mondo: a volte incontra chiusure , a volte incontra resistenze, per cui le braccia si irrigidiscono e le mani si serrano minacciose, divenendo non più veicoli di fraternità, ma di rifiuto, di contrapposizione, anche violenta a volte, un segno di diffidenza nei confronti degli altri, vicini e lontani, fino a portare al conflitto. Quando l’abbraccio si trasfroma in un pugno è molto pericoloso. All’origine delle guerre ci sono spesso abbracci mancati o abbracci rifiutati, a cui seguono pregiudizi, incomprensioni, sospetti, fino a vedere l’altro un nemico. E tutto ciò purtroppo, in questi giorni, è sotto i nostri occhi, in troppe parti del mondo! Con la vostra presenza e con il vostro lavoro, invece, voi potete testimoniare a tutti che la via dell’abbraccio è la via della vita.

Il che ci porta al secondo passaggio. Il primo era l’abbraccio che manca, adesso vediamo l’abbraccio che salva. Già umanamente abbracciarsi significa esprimere valori positivi e fondamentali come l’affetto, la stima, la fiducia, l’incoraggiamento, la riconciliazione. Ma diventa ancora più vitale quando lo si vive nella dimensione della fede. Al centro della nostra esistenza, infatti, c’è proprio l’abbraccio misericordioso di Dio che salva, l’abbraccio del Padre buono che si è rivelato in Cristo, e il cui volto è riflesso in ogni suo gesto – di perdono, di guarigione, di liberazione, di servizio (cfr Gv 13,1-15) – e il cui svelarsi raggiunge il suo culmine nell’Eucaristia e sulla Croce, quando Cristo offre la sua vita per la salvezza del mondo, per il bene di chiunque lo accolga con cuore sincero, perdonando anche ai suoi crocifissori (cfr Lc 23,34). E tutto questo ci è mostrato perché anche noi impariamo a fare lo stesso. Perciò, non perdiamo mai di vista l’abbraccio del Padre che salva, paradigma della vita e cuore del Vangelo, modello di radicalità dell’amore, che si nutre e si ispira al dono gratuito e sempre sovrabbondante di Dio (cfr Mt 5,44-48). Fratelli e sorelle, lasciamoci abbracciare da Lui, come bambini (cfr Mt 18,2-3; Mc 10,13-16), lasciamoci abbracciare da Lui come bambini. Ognuno di noi ha nel cuore qualcosa di bambino che ha bisogno di un abbraccio. Lasciamoci abbracciare dal Signore. Così, nell’abbraccio del Signore impariamo ad abbracciare gli altri.

Andiamo al terzo passo. Primo, l’abbraccio che manca; secondo, l’abbraccio che salva; terzo, l’abbraccio che cambia la vita. Un abbraccio può cambiare la vita, mostrare strade nuove, strade di speranza. Sono molti i santi nella cui esistenza un abbraccio ha segnato una svolta decisiva, come San Francesco, che lasciò tutto per seguire il Signore dopo aver stretto a sé un lebbroso, come lui stesso ricorda nel suo testamento (cfr FF 110, 1407-1408). E se questo è stato valido per loro, lo è anche per noi. Ad esempio per la vostra vita associativa, che è multiforme e trova il denominatore comune proprio nell’abbraccio della carità (cfr Col 3,14; Rm 13,10), unico contrassegno essenziale dei discepoli di Cristo (cfr Lumen gentium, 42), regola, forma e fine di ogni mezzo di santificazione e di apostolato. Lasciate che sia essa a plasmare ogni vostro sforzo e servizio, perché possiate vivere fedeli alla vostra vocazione e alla vostra storia (cfr Discorso all’Azione Cattolica, 30 aprile 2017).

Amici, voi sarete tanto più presenza di Cristo quanto più saprete stringere a voi e sorreggere ogni fratello bisognoso con braccia misericordiose e compassionevoli, da laici impegnati nelle vicende del mondo e della storia, ricchi di una grande tradizione, formati e competenti in ciò che riguarda le vostre responsabilità, e al tempo stesso umili e ferventi nella vita dello spirito. Così potrete porre segni concreti di cambiamento secondo il Vangelo a livello sociale, culturale, politico ed economico nei contesti in cui operate.

Allora, fratelli e sorelle, la “cultura dell’abbraccio”, attraverso i vostri cammini personali e comunitari, crescerà nella Chiesa e nella società, rinnovando le relazioni familiari ed educative, rinnovando i processi di riconciliazione e di giustizia, rinnovando gli sforzi di comunione e di corresponsabilità, costruendo legami per un futuro di pace (cfr Discorso al Consiglio Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, 30 aprile 2021).

E in proposito vorrei aggiungere un ultimo pensiero. Vedervi qui tutti insieme – ragazzi, famiglie, uomini e donne, studenti, lavoratori, giovani, adulti e “adultissimi” (come chiamate quelli della mia generazione) – mi fa venire in mente il Sinodo. E penso al Sinodo in corso, che giunge alla sua terza tappa, la più impegnativa e importante, quella profetica. Ora si tratta di tradurre il lavoro delle fasi precedenti in scelte che diano slancio e vita nuova alla missione della Chiesa nel nostro tempo. Ma la cosa più importante di questo Sinodo è la sinodalità. Gli argomenti, i temi, sono per portare avanti questa espressione della Chiesa, che è sinodalità. Per questo c’è bisogno di uomini e donne sinodali, che sappiano dialogare, interloquire, cercare insieme. C’è bisogno di gente forgiata dallo Spirito, di “pellegrini di speranza”, come dice il tema del Giubileo ormai vicino, uomini e donne capaci di tracciare e percorrere sentieri nuovi e impegnativi. Vi invito dunque ad essere “atleti e portabandiera di sinodalità” (cfr ibid.), nelle diocesi e nelle parrocchie di cui fate parte, per una piena attuazione del cammino fatto fino ad oggi.

Nei mesi scorsi avete vissuto, nelle vostre comunità, momenti di intensa esperienza associativa, con il rinnovo dei responsabili a livello diocesano e parrocchiale, e questa sera inizierà la XVIII Assemblea nazionale. Vi auguro di vivere anche queste esperienze non come adempimenti formali, no, ma come momenti di comunione, momenti di corresponsabilità, momenti ecclesiali, in cui contagiarsi a vicenda con abbracci di affetto e di stima fraterna (cfr Rm 12,10).

Carissimi, grazie per quello che siete, grazie per quello che fate! La Madonna vi accompagni sempre. Prego per voi. E vi raccomando, non dimenticatevi di pregare per me, a favore, non contro! Grazie.

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