Enzo Bianchi
Il Patriarca d’Occidente
La Repubblica - 15 Aprile 2024
Nelle chiese cristiane e dunque anche nella chiesa cattolica succedono fatti, si compiono azioni che non sembrano interessare i lettori dei nostri giornali e perciò non trovano né spazio, né narrazione, né se ne intravvede il significato. E tuttavia qualche volta quasi in silenzio si compiono atti che sono molto importanti nel dialogo tra le chiese e nella possibile condivisione del loro stare nel mondo in mezzo all’umanità.
Il Vescovo di Roma, lo si sa, abbonda di titoli che ne vogliono celebrare la dignità. Questi appaiono nelle prime pagine dell’Annuario Pontificio (un organo informativo pubblicato ogni anno dalla Santa Sede) e di conseguenza nei documenti più solenni: Vicario di Cristo, Successore del Principe degli Apostoli, Sommo Pontefice della Chiesa Universale, Patriarca d’Occidente, Primate d’Italia, Arcivescovo e Metropolita della Provincia romana, Sovrano dello Stato della città del Vaticano...
Nell’attuale Annuario vengono detti “titoli storici” per significare che sono legati alle vicende storiche e non sono originati dal Vangelo. Risuona perciò un po’ stonato che dopo tutti questi titoli storici appaia quello vero, il più appropriato, usato da Papa Gregorio Magno, che definisce il Papa “Servo dei servi si Dio”. Ma è pur vero che nella gerarchia ecclesiastica i titoli contano, soprattutto quelli che sono riconosciuti anche da altre chiese non cattoliche. Tale il titolo di Patriarca dell’Occidente perché i canali ecumenici avevano definito il Sistema di governo della chiesa cristiana come “pentarchia”, cioè governo dei cinque patriarchi che si affacciavano sul Mediterraneo: Gerusalemme, Alessandria, Antiochia, Roma, Costantinopoli.
Purtroppo Benedetto XVI nel 2006, spinto da quanti vedevano nel titolo di Patriarca d’Occidente una riduzione nei confronti del primato universale del vescovo di Roma, fece cadere questo titolo che non apparve più nell’Annuario pontificio.
Grande fu la meraviglia delle chiese ortodosse che vissero il fatto come un ulteriore distacco di Roma dalla sinfonia del primo millennio e giudicarono questa omissione antiecumenica. Purtroppo il Pontificio Consiglio dell’unità di allora giustificò questo provvedimento cercando di spiegare agli ortodossi che questo era diventato un titolo inadeguato a causa di un Occidente oggi da intendersi nel senso di unità culturale e non più geografica.
Ma Papa Francesco, che ha ascoltato i desideri delle chiese ortodosse e di quanti lavorano veramente per l’unità della chiesa, fin dall’inizio del suo papato ha messo in evidenza il titolo di Vescovo di Roma, e ora ha reintrodotto quello di Patriarca d’Occidente, dando inizio a un processo che riconfigura la chiesa latina come Patriarcato d’Occidente, in cui il primato papale, com’è esercitato nella chiesa cattolica, potrebbe essere esercitato in forma non di giurisdizione ma di comunione con le chiese ortodosse come nel primo millennio. Con questo non si risolve il problema della divisione tra le chiese, oggi diventato tragico anche all’interno della stessa Ortodossia e delle singole chiese, ma si rimuove un ostacolo al cammino verso l’unità: la chiesa cattolica sta umilmente nella sinfonia delle altre chiese senza per questo negare il primato del Vescovo di Roma.
Papa Francesco, lo sappiamo, ha ascoltato, ha fatto discernimento, ha scelto la via evangelica delle chiese sorelle tra le quali fraternità e sororità sono necessarie come nel quotidiano della vita cristiana.
Senza clamore, eppure significativi, questi gesti mostrano un’attenzione a ciò che ferisce o porta gioia ai fratelli non cattolici: perché solo se le chiese iniziano a camminare nel futuro consultandosi, comprendendosi da vere sorelle, si cammina verso l’unità a favore di tutta l’umanità.
(fonte: blog dell'autore)