GUERRA.
DISIMPARARE
L’ARTE DELLA MORTE
di Enrico Peyretti
Continuo a stupirmi che persone realistiche, oneste, anche colte, pensino la guerra come unica difesa dalla guerra. La difesa, nell’apposito ministero, è intesa solo armata. La politica, arte di vivere bene insieme tra differenti, è l’opposto della guerra, arte della morte. Il soldato è istruito per uccidere, o morire. Lo Stato che uccide è assassino come il privato che uccide. Dopo il 1945, la nostra Costituzione e la Carta dell’Onu volevano liberare la politica dalla guerra. Poi, le mire economiche e geopolitiche, i nazionalismi, l’industria militare, hanno impedito la gestione dei conflitti della vita con mezzi umani, senza usare la morte. Il mondo ha bisogno di un nuovo ripudio culturale e politico della guerra, una costituzione planetaria, non imperiale. I cristiani, se sperano nella salvezza dal male, di cui la guerra è regina, hanno questo impegno.
L’unica difesa dell’Ucraina aggredita è sembrata ai governanti il grande afflusso di armi. Ma chi è d’accordo? Molti sì, fermi nella paralisi mentale, che fa dipendere il diritto di vivere dal potere di uccidere. Ma molti no: sia per il valore della nonviolenza, sia per il rischio di suicidio nucleare universale. Il suicidio è difesa? La guerra non è naturale: è l’errore disperato di voler vincere la violenza con più violenza, fermare il terrorismo straziando l’intero popolo di Gaza. Ciò è anche nell’istinto umano, è vero, ma abbiamo pure intelligenza, prudenza, arte del dialogo, per evitare l’iperviolenza. Contare sulla sicurezza armata e minacciosa (deterrenza, spaventare), su relazioni imperiali, ci precipita nell’illusione: toglierci la paura col fare paura agli altri, indotti ad uguale stoltezza, ci chiude nella violenza non solo reattiva, ma sistemica, che uccide vite umane e distrugge i mezzi di vita. Ma la vita, pur mortale, vuole vivere, e ha ragione. È ottusa la politica che non studia né prepara i mezzi reali, popolari, storicamente efficaci e documentati, che i popoli consapevoli hanno, per difendersi dalla guerra senza obbedire alla logica di guerra dell’aggressore.
I potenti vogliono mantenere la guerra. L’Italia si accoda vergognosamente alle potenze che non firmano neppure la proibizione totale delle armi nucleari, votata dall’Onu il 7 luglio 2017, in vigore dal 22 gennaio 2021. La guerra offende il diritto anche di chi non è colpito, anche del colpevole, e oggi degrada e minaccia tutta l’umanità. Colpire una sola vita è colpire il significato dell’intera umanità. Non c’è un pezzo di territorio, né un titolo di sovranità, che valga una vita umana.
Un politico italiano di sinistra, al governo nel 1999, avrebbe detto: «Per dimostrare di saper governare bisogna dimostrare di saper fare la guerra». È vero il perfetto contrario.
Ormai la politica va rifondata fuori dalle armi. Tutti i saggi, i sapienti, i giusti, i profeti di umanità, i poveri, hanno sempre voluto che la guerra sia sradicata dalla storia umana. Lo gridano le vittime. Intelligenza non è vedere la realtà com’è, ma vedere avanti, vedere le migliori potenzialità, volere il giusto, e costruirlo. La rassegnazione alla guerra tradisce tutti. Ci siamo liberati da alcune altre barbarie. La liberazione della vita dalla guerra, massima ingiustizia, è oggi la vera politica.