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martedì 9 aprile 2024

Le tre versioni dello spot di patatine che offende i cristiani e fa discutere stampa e web

Le tre versioni dello spot di patatine che offende i cristiani e fa discutere stampa e web

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L'Eucarestia e la patatina. Spot in tripla versione, una blasfema

La pubblicità di Amica chips in tv è ambigua, sui social invece sostituisce le ostie consacrate con le patatine fritte. L'Aiart chiede di bloccarne la trasmissione: offende i cristiani

Un frame dello spot di Amcia chips - Instagram

Cristo ridotto a una patatina. Svilito e vilipeso come duemila anni fa. Quantomeno sui social, in tv invece va una versione più "rispettosa". Amica chips sceglie ancora una volta la provocazione come comunicazione. Che in tv si ferma sulla soglia del sacro, mentre sui social diventa blasfemia. Ci si può girare intorno quanto si vuole - con parole come «provocazione, linguaggio ironico e trasgressivo» - ma di fatto questo è il nuovo spot delle patatine Amica chips ideato dall’agenzia Lorenzo Marini group.

In breve, la “trovata creativa” sui social è questa: un gruppo di novizie è a Messa e al momento della comunione quando la prima della fila chiude la bocca dopo aver ricevuto l’Eucarestia si ode uno scrocchio. Sguardi di sorpresa di suore e sacerdote: nella pisside, infatti, anziché le ostie ci sono le patatine. L’inquadratura successiva svela il mistero: è stata la suora più anziana che sta sgranocchiando un sacchetto di chips ad avercele messe avendo in precedenza trovato la pisside vuota. Lo slogan finale, mentre in sottofondo suonano le note dell’Ave Maria di Schubert, è: «Amica chips, il divino quotidiano».

Spot diverso invece quello andato in onda domenica sera e che verrà programmato sulle reti Mediaset, quelle del gruppo Cairo e altri canali. ...

In realtà, c'è poi una terza versione per la Rai ancora più "edulcorata" in cui si vede chiaramente che alla suora viene data propriamente un'ostia bianca. Al contrario, appunto della versione per i social, che com’era naturale attendersi ha sollevato già proteste. Di più: l’Aiart (che evidentemente ha trovato ex-post la versione online) ha chiesto «l'immediata sospensione» dello spot ...

Continua a leggere tutto il preciso e ben circostanziato articolo di Francesco Riccardi da Avvenire


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POLEMICHE PER LO SPOT AMICA CHIPS. AIART:
“I SIMBOLI DI TUTTE LE RELIGIONI NON SI TOCCANO”


L’AIART chiede l’immediata sospensione del nuovo spot di Amica Chips, l’azienda alimentare italiana che “offende la sensibilità religiosa di milioni di cattolici praticanti oltre che oltraggioso nel banalizzare l’accostamento tra la patatina e la particola consacrata”. Giovanni Baggio – presidente nazionale dell’Aiart – non usa mezzi termini e si scaglia contro uno spot che definisce “penoso. Il tentativo di risollevare un’azienda ricorrendo alla blasfemia”.

“Uno spot definito inaccettabile e segnalato dall’Aiart all’Istituto di Autodisciplina pubblicitaria in quanto «contrario agli articoli 1 e 10, lealtà della comunicazione, convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona, del codice di autodisciplina della comunicazione commerciale».

“E’ la spia di una sensibilità sociale ed indifferenza etica che non contraddistingue soltanto il comportamento di una azienda e di un pubblicitario. Ci si appella al politically correct e alla cancel colture ma solo contro la religione cristiana (ma solo quella) ci si sente autorizzati a qualsiasi obbrobrio?, continua l’associazione cittadini mediali che si fa portavoce dell’indignazione degli utenti che definiscono ‘Amica Chips blasfema’.

“Lo spot di Amica Chips è mancanza di rispetto e di creatività, oltre che spia dell’incapacità di fare marketing senza ricorrere a simboli che con il consumo e il croccante nulla hanno a che fare”: continua così il presidente dell’Aiart, l’associazione cittadini mediali con sede nazionale in uno dei poli comunicativi della Conferenza Episcopale Italiana.
“L’offesa al sentimento religioso di qualunque confessione, conclude l’associazione cittadini mediali, è la spia della mancanza di rispetto nei confronti degli utenti, della loro identità culturale e morale, della loro dignità di persona. Strappare, come fa il nuovo spot di Amica Chips , un applauso ad un pubblico compiacente con riferimenti blasfemi, è degradante per chi fa, o pretende di fare, pubblicità”. Per la serie, “Purché se ne parli”.
(fonte: Aiart 8 Aprile 2024)

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QUELLO SPOT BLASFEMO SULLE PATATINE AL POSTO DELLE OSTIE

Una marca di chips ambienta il suo grottesco trailer in un convento e finisce per ironizzare persino sulla Sacra Particola senza alcun rispetto per i credenti. Il limite della decenza è stato abbondantemente superato


«La pubblicità è una grande fabbrica di sogni per la nostra società», teorizzava anni fa il novantenne Jacques Seguela, tra i creativi pubblicitari più famosi al mondo. E Federico Fellini, uno dei più grandi maestri del nostro cinema confidava: «Per me la pubblicità è la cosa che risveglia la mia curiosità la mattina». La china presa dagli spot odierni però va in tutt’altra direzione al trasformare con l’immaginario la banalità di un acquisto quotidiano si preferisce far parlare del brand con la provocazione, la volgarità, il gergo e le allusioni scorrette, se non offensive. A ciascuno di questi spot sguaiati si spera che si sia toccato il fondo ma non è così. Lo prova quello mandato in onda per la prima volta in questi giorni di una marca di patatine (la non citazione del brand è voluta per non fare il gioco di chi l’ha ideato), già nota per aver subito nel 2006 la censura dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria per una “creazione” con pesanti allusioni sessuali snocciolate dal testimonial Rocco Siffredi e una squallida conclusione: «Fidatevi di uno che le ha provate tutte». Questa volta però alla volgarità e al pessimo gusto si unisce anche la totale mancanza di rispetto per il credo religioso della maggior parte degli italiani (secondo i dati Ipsos nel 2023 il 61% degli italiani, pari a circa 35 milioni di persone, si dichiarava cattolico).

Ebbene lo spot realizzato dall’Agenzia Lorenzo Marini Group, con tanto di sottofondo dell’Ave Maria di Schubert, è ambientato in un convento. Dal chiostro si passa all’altare della cappella in cui una suora, piuttosto in carne, si accorge che sono finite le particole. La scena successiva è il sacerdote che dà la Comunione a un’altra religiosa, snella e compunta, ma lo sguardo di quest’ultima e quello del sacerdote s’incrociano attoniti per lo scrocchiante suono emesso da quest’ultima nel masticare la “particola”. In realtà, si tratta di una patatina della solita marca e lo rivela la zoomata finale sulla pisside e poi sulla suora rubiconda che acquattata in un angolo della cappella mangia direttamente dal sacchetto, durante la Messa.

Per un credente l’Eucarestia è l’incontro col Cristo, il partecipare al sacrificio d’amore che ha voluto eternare per la salvezza dell’umanità, forse il momento più sacro e alto della fede cattolica, come si può tollerare che venga irriso e vilipeso in un canovaccio del genere? Si può certamente non aderire a un credo, ma altra cosa è lasciarsi andare al vilipendio in nome del dio denaro. Si spera vivamente in un nuovo immediato intervento dell’Istituto di Autodisciplina. Una volta per invogliare all’acquisto di pannolini o detersivi si inventavano buffi personaggi, ippopotami, calimeri, susanne, oggi si punta sulle sconcezze e persino sulle bestemmie, è ora di mettere un argine.
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Luciano Regolo 08/04/2024)